Cecilia Sala è libera: l’arresto e la liberazione della giornalista

Cecilia Sala

I viaggi, i podcast e i reportage di Cecilia Sala per raccontare L’incendio tra Iran, Ucraina e Afghanistan

La giornalista italiana Cecilia Sala è stata arrestata il 19 dicembre e reclusa nel carcere di Evin, a Teheran, per “violazione della legge islamica”. L’8 gennaio è tornata in Italia grazie alle trattative diplomatiche del Governo. Ripercorriamo l’arresto e la liberazione, ma soprattutto i viaggi e il lavoro giornalistico che l’hanno portata in Iran per raccontare il regime.

#FreeCecilia

Lo scorso 19 dicembre non è stata pubblicata la puntata di Stories, podcast quotidiano di Cecilia Sala. Come hanno raccontato i suoi colleghi nella puntata speciale dedicata al suo arresto[1], hanno aspettato a preoccuparsi, dal momento che nei giorni precedenti c’erano stati problemi di rete.

Il giorno seguente, però, hanno avuto la conferma che qualcosa non andava, quando si sono accorti che Sala non aveva preso l’aereo di ritorno. Oggi sappiamo che l’arresto è avvenuto in albergo, senza alcuna accusa formale se non quella generica di “violazione della legge islamica”. La notizia è stata resa pubblica solo il 27 dicembre, per favorire le trattative diplomatiche. Nel frattempo le erano state concesse tre telefonate alla famiglia e al compagno, il 20 e il 26 dicembre, in cui aveva comunicato di essere imprigionata ma non aveva potuto dare ulteriori dettagli.

Il primo gennaio Cecilia Sala aveva telefonato nuovamente alla famiglia, raccontando le dure condizioni di reclusione. Dormiva per terra, con due coperte, una per coprirsi e una per proteggersi dal pavimento. Era in isolamento completo e non le avevano recapitato il pacco dell’ambasciatrice Paola Amadei, l’unica persona che aveva potuto incontrare durante la detenzione.

Dopo quella telefonata, le attività governative per la sua liberazione, condotte dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dai ministri Nordio (Giustizia) e Tajani (Affari esteri) e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, si sono intensificate. La premier ha anche incontrato la madre di Sala, Elisabetta Vernoni, che il 3 gennaio, assieme al marito, ha richiesto il silenzio stampa sul caso per agevolare l’operato dell’esecutivo.

Il caso Sala: le trattative e la liberazione

Attorno alle 16:15 Cecilia Sala è atterrata all’aeroporto di Roma Ciampino. Appena scesa dall’aereo, ha riabbracciato il suo compagno, il giornalista del Post Daniele Raineri, e i suoi genitori. Successivamente ha incontrato la Presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, presenti ad accoglierla. Il Governo aveva iniziato a negoziare per la sua liberazione già dai primi giorni dall’arresto.

Da inizio gennaio era chiaro che al centro delle trattative ci fosse il caso di Mohammed Abedini Najafabadi, uomo iraniano arrestato in Italia il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti. L’uomo era accusato di trafficare tecnologia bellica, per questo il governo americano ne chiedeva l’estradizione. L’ambasciatore iraniano in Italia il 2 gennaio aveva dichiarato con un post che le condizioni dei due erano «legate in modo reciproco».

Tra il 4 e il 5 gennaio Meloni è andata negli Stati Uniti proprio per trattare sull’estradizione di Abedini. Il viaggio aveva l’obiettivo di ottenere l’appoggio sia del Presidente in carica, Joe Biden, sia di quello eletto, Donald Trump, con l’impegno di quest’ultimo a non polemizzare con l’amministrazione Biden. I primi risultati sono arrivati martedì 7, con il miglioramento delle condizioni di Sala: era stata spostata in una cella con un’altra carcerata e le era stato concesso di leggere un libro. Fonti governative e di intelligence informano il Post[2] che l’accordo raggiunto prevede la non estradizione dell’uomo negli Stati Uniti per il momento.

Alcuni punti rimangono da chiarire: innanzitutto quale sia stato il ruolo di Elon Musk, ringraziato tramite un portavoce italiano dalla madre di Sala, Elisabetta Vernoni. In secondo luogo non si sa precisamente che cosa il Governo italiano abbia garantito a quello iraniano e agli Stati Uniti in cambio della non estradizione. Ma l’obiettivo è stato raggiunto: Cecilia Sala è tornata a casa.

La prima foto di Cecilia Sala dopo l’atterraggio a Ciampino: l’incontro con la premier Meloni, il ministro degli Affari Esteri Tajani e il Sindaco di Roma Gualtieri

Un regime illiberale contro i giornalisti

Sala è una giornalista professionista che da anni scrive dell’Iran. Il direttore di Chora Media, Mario Calabresi, il 30 dicembre ha dichiarato che

Cecilia Sala è una giornalista professionista, era in Iran con un regolare visto giornalistico: aveva concordato una serie di incontri e interviste e la sua trasferta era stata pianificata e studiata nei dettagli. Non è stata sprovveduta e non ha sottovalutato i rischi tanto che oggi è nel carcere di Evin a Teheran senza un’accusa formale.[3]

Calabresi aggiunge che Sala conosce bene l’Iran, paese da cui è affascinata e in cui ha moltissime fonti. È consapevole dei rischi del suo lavoro, avendo svolto per Chora Media 15 trasferte in Iran, Ucraina e nel Medio Oriente.

Anche Claudio Cerasa, direttore del Foglio, per cui la giornalista lavora dal 2019, ha scritto un editoriale intitolato «Il giornalismo non è un crimine. Riportiamo a casa Cecilia». Cerasa sottolinea che l’arresto di Sala è frutto della dura repressione attuata dal regime iraniano nei confronti del giornalismo. In un altro articolo del Foglio, il 30 dicembre viene intervistata Azar Nafisi, celebre scrittrice iraniana autrice di Leggere Lolita a Teheran. Nafisi sostiene che l’Iran sia diventato più debole e dunque più violento dal 2022, dalle proteste di Donna, Vita, Libertà, scatenate dal caso di Mahsa Amini. La violenza contro giornalisti come Sala ne è la prova:

«I giornalisti […] hanno solo la verità, sono pericolosi perché rivelano i fatti: i fatti non sono favorevoli agli autoritarismi».

l’Iran è al 176º posto nella classifica di Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa, in calo rispetto al 2023. La repressione sta colpendo soprattutto i giornalisti e gli scrittori: è il secondo paese più preoccupante da questo punto di vista dopo la Cina[4], con 25 giornalisti reclusi al momento[5]. Cecilia Sala è stata la ventiseiesima vittima del regime illiberale.

Il metodo di Cecilia Sala: Stories

Azar Nafisi parla anche del lavoro della giornalista italiana, che dà speranza alle persone solo per il fatto di raccontare le loro storie:

«il suo modo di registrare la realtà che vede e documenta ha il crisma dell’affinità e della sensibilità prima che quello dell’opposizione e dell’ideologia»[6].

Attraverso il suo podcast, Cecilia Sala cerca l’appiglio umano per raccontarne il contesto. Il suo collega Simone Pieranni la definisce puntigliosa nel suo lavoro, basato su

«verifica, ricerca e ascolto delle fonti, dote principale di un giornalista»[7].

Il metodo di Sala emerge dal suo stesso racconto. In un’intervista[8] parla del potere dell’audio, che le permette di portare sul posto l’ascoltatore. Non vuole mostrargli solo la guerra e la devastazione, bensì la vita della persone, che continua anche sotto alle bombe e ai regimi più oppressivi. Racconta come sopravvivono, i dettagli della quotidianità. Le ultime puntate uscite sull’Iran prima del suo arresto sono esemplificative.

Nella prima racconta di Diba, ragazza di 21 anni che vive da sola per affermare la propria autonomia. Diba lavora come barista e riesce a stento a mantenersi, rimanendo fedele ai propri principi. La sua storia mostra i problemi e i cambiamenti dell’Iran. L’ultima puntata racconta di Zeinab Musavi, comica iraniana che è stata imprigionata proprio a Evin, che ride sempre, di tutto, e che passava le giornate in isolamento a scrivere sketch comici.

Dal suo lavoro emerge l’abilità di illustrare il contesto attraverso l’ascolto di queste storie, possibile solo grazie all’instaurazione di rapporti umani. Questo è accaduto soprattutto in Iran, definito da lei stessa

«il Paese in cui più c’è stata la conversione da fonte in amicizia»[9].

Infatti la puntata di Stories del 16 dicembre inizia dicendo

«Sono tornata in Iran, il posto che più mi è mancato, con le persone che più mi sono mancate».

I viaggi di Cecilia Sala

La giornalista ha raccontato i suoi viaggi in un’intervista a Pietro del Soldà, uscita in cinque puntate nel podcast di Internazionale, “Il Mondo”. Il suo primo viaggio da reporter in un luogo pericoloso è stato in Venezuela, a Caracas. Qui cambia il suo rapporto con la violenza: da quel momento dopo ogni viaggio cerca di fare un bilancio della violenza a cui assiste. Tuttavia, parlando dell’assuefazione a questa, afferma che la preoccupano di più le immagini che vede sugli schermi, che non vengono elaborate, non creano empatia con chi prova quella sofferenza.

La svolta nella sua carriera avviene nell’agosto del 2021, quando, da freelance, è una delle poche giornaliste presenti all’evacuazione delle truppe americane dall’Afghanistan. Lì testimonia quello che vede attraverso il burqa, che le permette di passare inosservata come un fantasma. Riesce così a raccontare la storia della donna che la ospita, il cui figlio è stato ucciso dai talebani. Ma anche quella di una magistrata che aveva lottato contro i talebani, che si sente più sicura in piazza a manifestare contro di loro che a casa sua.

Il 24 febbraio 2022 è il giorno in cui doveva andarsene da Kiev, ma quando capisce che sta iniziando l’invasione russa, decide di restare. Era lì durante l’accerchiamento della capitale, quando non si sapeva se sarebbe stata distrutta o no. Sala afferma che le migliori conversazioni le ha avute proprio in quei momenti, grazie all’intensità dei rapporti umani che si creano in quel contesto.

Negli ultimi viaggi in Ucraina ha però raccontato anche un altro lato della capitale: a Kiev nel 2023 sono state aperte 100 nuove librerie, segno della voglia delle persone di tornare alla normalità.

L’Incendio

Nel 2023 Cecilia Sala pubblica per Mondadori “L’Incendio“, un reportage su tre luoghi “caldi” del  mondo: Iran, Ucraina e Afghanistan. L’obiettivo di Sala è soprattutto raccontare la generazione dei ventenni e dei trentenni che in questi paesi sta vivendo guerre, proteste e rivoluzioni. In Iran le giovani donne danno vita alla protesta Jin, Jian, Azadi, “Donna, Vita, Libertà”.; in Ucraina i giovani combattono e resistono contro l’invasione russa.; mentre in Afghanistan i ventenni si ritrovano a pagare il prezzo più alto del ritorno dei talebani: nati attorno al 2001, quando erano stati cacciati, sul punto di iniziare la loro vita adulta nel 2021, quando tornano.

Cecilia Sala è stata testimone di tutti questi avvenimenti storici. Ha conosciuto le persone che li hanno vissuti in prima persona e gli ha dato voce in questo reportage. Era presente durante le proteste di Donna, Vita e Libertà, iniziate nel settembre 2022. È tornata in Iran a dicembre 2024 per vedere come stava cambiando il Paese dopo le proteste e dopo lo scoppio della guerra in Medio Oriente.

Lo spiega nei primi minuti di Stories del 16 dicembre: molte donne girano per strada senza il velo, Teheran è stata bombardata da Israele per la prima volta e adesso al Governo c’è il primo presidente riformista in vent’anni.

Arianna Gurreri per Questione Civile

Bibliografia

Cecilia Sala, L’Incendio, Mondadori, Milano, 2023.

Claudio Cerasa, Il giornalismo non è un crimine. Riportiamo a casa Cecilia Sala, «Il Foglio», 27/12/2024.

Livia Chiaratti, Cecilia Sala ha dato speranza agli italiani, ci dice Azar Nafisi, «Il Foglio», 30/12/2024.

Sitografia

Freedom to write Index 2023 su www.pen.org

www.rsf.org

www.ilpost.it

Puntata di Stories del 30/12/2024 Aspettando Cecilia- In carcere senza un’accusa formale.

Puntata di Stories del 16/12/2024 Una conversazione sul patriarcato a Teheran.

Intervista con Piero del Soldà,  I viaggi di Cecilia Sala, nel podcast di Internazionale Il Mondo, pubblicata dal 29/7/2024 al 2/8/2024.


[1]Puntata di Stories del 30/12/2024 Aspettando Cecilia-In carcere senza un’accusa formale.

[2]La liberazione di Cecilia Sala, articolo sul Post dell’8/01/2025.

[3]Ibidem.

[4]Dati del Free to write Index.

[5]Dato di Reporter senza frontiere.

[6]Cecilia Sala ha dato speranza agli iraniani ci dice Azar Nafisi, articolo del 30/12/2024 su Il Foglio.

[7]Puntata di Stories del 30/12/2024 Aspettando Cecilia-In carcere senza un’accusa formale.

[8]Intervista con Piero del Soldà, raccolta nelle cinque puntate del Mondo, podcast di Internazionale I viaggi di Cecilia Sala.

[9]Ibidem.

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