La mostra Il Canova mai visto: la riscoperta di una celebre urna lacrimata, opera dello scultore di Possagno
La mostra Il Canova mai visto, curata da Andrea Nante (Museo Diocesano di Padova), Elena Catra (Accademia di Belle Arti di Venezia) e Vittorio Pajusco (Università Ca’ Foscari Venezia) è in corso presso il Museo Diocesano di Padova (8 marzo – 8 giugno 2025). L’esposizione permette di apprezzare e approfondire un unicum della produzione canoviana di ambito funerario: il monumento sepolcrale di Louise von Callenberg (1752-1803), nobildonna di origine tedesca, celebre clavicembalista, pianista e compositrice.
L’ambizione della mostra Il Canova mai visto: dar nuovamente luce ad un’opera canoviana
Il vaso cinerario della contessa Louise von Callenberg fu realizzato in marmo da Canova per l’amica tedesca fra il 1803-1807. In origine fu collocato nel cimitero-giardino della chiesa degli Eremitani a Padova e l’opera fu data per distrutta a seguito dei bombardamenti del marzo 1944. Probabilmente riposta in maniera frettolosa nei concitati giorni seguenti, è stata di recente ritrovata nello stesso complesso degli Eremitani tramite l’inventario dei beni culturali ecclesiastici padovani.
L’opera era stata richiesta a Canova dopo la morte della contessa, avvenuta il 29 agosto 1803 a Bassano del Grappa presso la villa dell’amico Abbondio Rezzonico. Ella fu poi sepolta il 1° settembre del 1803 presso la chiesa degli Eremitani a Padova.
Louise von Callenberg: protagonista del panorama artistico, culturale e musicale tra XVIII e XIX secolo
Ursula Margarethe Konstantia Louise von Callenberg era considerata una figura di spicco nel panorama artistico e musicale tedesco e italiano della seconda metà del Settecento. Figlia del conte Johann Alexander von Callenberg (1697-1776), signore di Muskau in Sassonia, nel 1772 sposò Wilhelm Christoph Diede zum Fürstenstein (1732-1807), diplomatico del Regno di Danimarca, erede di una antica famiglia dell’Assia settentrionale. Louise von Callenberg visse per un periodo a Londra, ma viaggiò per tutta Europa dove si fece notare per le sue doti soprattutto musicali.
Com’era uso della nobiltà dell’epoca, tra il 1782 e il 1784 Louise von Callenberg assieme al marito prese parte al Grand tour che li portò dapprima a Vienna, per giungere, nella primavera del 1783, a Roma. Qui conobbero il senatore Abbondio Rezzonico, che li introdusse nel panorama culturale tedesco stanziato nella Città Eterna. Così entrarono in contatto con Angelica Kauffmann e Johann Heinrich Wilhelm Tischbein. Nel 1778 Louise von Callenberg tenne un concerto in Campidoglio, allora abitazione del senatore Rezzonico, che incantò gli ospiti presenti, tra cui Johann Wolfgang von Goethe, grande amico dei coniugi Diede, che ne lasciò memoria nel suo Viaggio in Italia (1813-1817).
Il nobile veneziano rimase in contatto con la coppia Diede e la loro amicizia gli fu fondamentale nei numerosi viaggi in terra tedesca, tanto che nel 1798, quando si mise in viaggio con Antonio Canova, Rezzonico non mancò di fare visita anche ai coniugi Diede. Nell’estate del 1803 Louise von Callenberg, in compagnia del marito e della figlia, fu ospite di Abbondio Rezzonico a Bassano del Grappa per riposarsi e riprendersi da una lieve malattia, dove la contessa improvvisamente si aggravò e morì. La salma venne trasportata il 1° settembre a Padova, per essere tumulata presso il cimitero degli Eremitani.

Il monumento in ricordo della nobildonna: il progetto
Quasi certamente a garantire degne esequie per la nobildonna fu lo stesso senatore Rezzonico, incentivato dallo stretto rapporto di amicizia che legava i due. Pertanto, il corpo fu traslato nella vicina Padova. Il luogo prescelto erano gli Eremitani, luogo deputato già dal Seicento ad ospitare i defunti di origine tedesca.
Per la realizzazione del monumento funebre furono coinvolti alcuni tra i più celebri artisti di area veneta di fine XVIII secolo. L’ideazione fu affidata a Giannatonio Selva, il quale si avvalse dell’opera degli scultori Giovanni Fadiga e Antonio d’Este e dell’amico Antonio Canova. Nel 1821 Isabella Teotochi Albrizzi, letterata, biografa e saggista, descrisse il monumento dedicato alla nobildonna. Esso era composto da colonna e soprastante urna cineraria, lastra di marmo con incise in latino le «amabili virtù» della contessa, oltre agli stemmi dei casati Callenberg e Diede zum Fürstenstein, i sette candelabri con i nomi degli amici e il cipresso sul quale la Albrizzi si dilunga in una commovente descrizione:
«[…] Que’ due puttini piangenti, che le stan presso, con infinita grazia e morbidezza scolpiti, incrocicchiate tengono le loro gambe, ed allungano con amorevole fratellanza l’una il destro, e l’altro il manco braccio sopra il medaglione, così che la mano dell’uno viene a porsi sopra quella dell’altro; e la face rovesciata, che l’uno tiene in mano, l’altro ha allora abbandonata al suo fianco, mi ricordano e il gran Padre de’ vati, di cui si mostra ognora sì ben nutrita la mente, e l’anima di Canova, e i valorosi Artisti Greci, che con inquisito affetto il passeggero, e l’eternale sonno raffigurano sotto le belle sembianze di due fanciulletti […]».
Il Canova mai visto: l’urna e il monumento
Il pezzo più pregiato del monumento è certamente il vaso cinerario, uscito dalla bottega di Canova e sorretto da una colonna su cui è incisa «in lingua tedesca onorevole iscrizione».
Dopo il bombardamento del 1944 la colonna e l’urna cineraria vennero sfregiate e custodite all’interno della canonica della chiesa degli Eremitani. Da qui, nel 2022, furono prelevate dalla direzione del Museo Diocesano e inviate al laboratorio per il restauro, oggi visibile in mostra. Dell’urna esiste anche un calco in gesso che si può ammirare nella Gipsoteca di Possagno.
L’urna venne terminata solo nel 1806 a causa delle molteplici commissioni che impegnavano lo scultore. Probabilmente l’unica lavorazione effettivamente eseguita da Canova è il medaglione contenente l’immagine del profilo della contessa. Ai lati spiccano due amorini (o genii) piangenti che si tengono per mano, allungando le loro braccia in un gesto teatrale volto a commuovere lo spettatore.

Il Canova mai visto: il ruolo del fratello Giovanni Battista Sartori Canova per il Seminario di Padova
Una sezione della mostra è dedicata anche a una serie di documenti, lettere e scritti del fratello monsignor Giovanni Battista Sartori Canova. Egli fu in gioventù alunno del Seminario vescovile di Padova, e gli scritti attestano il legame dell’erede del fratello scultore con il seminario. Tra i lasciti è possibile notare la passione numismatica di Sartori Canova, con una collezione di ben 3.600 monete dell’antica Roma, frutto di «tanti anni di cure, direi quasi appassionate».
Il lavoro di ricerca alla base di questa mostra ha riportato alla luce un’opera ritenuta dispersa di Antonio Canova. Essa è stata restituita al pubblico a seguito di un accurato restauro ed esponendola attraverso una sapiente ricostruzione di come doveva apparire all’epoca l’intero monumento. È così possibile ammirare l’urna cineraria che, una volta inaugurata, divenne ben presto meta di ammirazione, come è testimoniato in una veduta realizzata da Marino Urbani (1764-1853), a dimostrazione dell’importanza rivolta non solo al monumento, ma anche al crogiolo di intellettuali e artisti che contribuì alla sua realizzazione.
Matteo Mazzonetto per Questione Civile
Bibliografia
I. Teotochi Albrizzi, Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova, vol. I, Pisa 1821, pp. 23-27.
G. Pavanello, L’opera completa del Canova, Rizzoli Editore, Milano 1976.
E. Catra, V. Pajusco, Antonio Canova nel Veneto. Itinerari, Marsilio Editori, Venezia 2022, p. 74.
Il Canova mai visto, catalogo della mostra (Padova, Museo Diocesano, 8 marzo – 8 giugno 2025), a cura di A. Nante, E. Catra, V. Pajusco, Scripta Edizioni, Verona 2025.
E. Catra, V. Pajusco, Un unicum di Antonio Canova. Il ritrovato vaso cinerario di Louise Diede zum Fürstenstein, in Antonio Canova e Padova, Atti della giornata di Studi (Padova, Museo degli Eremitani, 24 novembre 2022) a cura di E. Gastaldi, F. Veronese, Roma-Bristol, c.s.