Il regno di Alessandro Magno: un nuovo sovrano

Il regno di Alessandro Magno

Capitolo III: Alessandro Magno rivendica il trono

Nel precedente articolo, abbiamo visto l’assassinio di Filippo II di Macedonia. Ci siamo lasciati con l’imminente incontro degli alti dignitari con l’alto comando militare macedone, che dovevano dunque eleggere il nuovo Re. Ovviamente, la scelta ricadde su Alessandro. Nella terza tappa del nostro viaggio vedremo l’inizio della sua ascesa e le imprese che consegnarono alla leggenda il regno di Alessandro Magno.

“Alessandro Magno: ascesa e caduta dell’Astro Macedone

-N.3

Questo è il terzo numero della Rubrica di Area dal titolo “Alessandro Magno: ascesa e caduta dell’Astro Macedone”, appartenente all’Area di Storia Moderna e Contemporanea

“Il Figlio del Sogno” sul trono di Macedonia: un nuovo regno

Il regno di Alessandro Magno iniziò con un notevole spargimento di sangue. Salito al trono nel 336 a.C., Alessandro ordinò che tutti i possibili rivali al trono fossero uccisi. Morirono suo cugino Aminta IV, due principi macedoni della Lincestide (regione a ovest della Bottia, vicino alla Macedonia) e suo zio Attalo. Nel frattempo, Olimpiade fece uccidere in maniera brutale Cleopatra Euridice (la giovane neo-vedova di Filippo). La recente sposa del defunto sovrano venne arsa viva.

Risolte le questioni dinastiche, Alessandro si occupò delle rivolte interne. Si recò a Tebe, ad Atene ed in Tessaglia. Il giovane sovrano era consapevole che le poleis greche avrebbero approfittato della morte di Filippo. Quindi si mosse al comando di un grande esercito.

Arrivato alle Termopili, venne immediatamente riconosciuto quale Comandante Supremo della Lega Anfizionica. Arrivato a Corinto, ebbe l’occasione di incontrare il filosofo cinico (nel senso filosofico del termine) Diogene.

Plutarco, nella sua “Vita di Alessandro” all’interno dell’opera magna “Vite Parallele”, riporta un celebre scambio di battute avvenuto tra i due. Alessandro avrebbe chiesto: <<Cosa può fare per te il sovrano di Macedonia?>> e Diogene avrebbe risposto <<Sportarsi dal Sole, giacchè lo copre>>. Il regno di Alessandro Magno fu costellato anche di questi “incontri particolari”.

Sembra che il giovane Re venne colpito a tal punto da dire <<Davvero, se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene>>. Terminato questo singolare incontro, Alessandro assunse la carica di Comandante Supremo della Lega Ellenica, carica che era stata precedentemente affidata a suo padre. Con questa carica nelle sue mani, la Grecia aveva ora una speranza di sconfiggere l’Impero Persiano.

Il regno di Alessandro Magno: la lancia in pugno ed il pugnale alla gola

Prima di partire per la spedizione contro la Persia, Alessandro ritenne opportuno mettere al sicuro la frontiera settentrionale del suo regno. Spazzò via i Triballi di Re Sirmo sul Danubio (in una zona corrispondente all’odierna Bulgaria) e, poco dopo, anche i Geti.

Tuttavia, nonostante le lance macedoni avessero sterminato ogni minaccia sul confine a Nord, un pugnale venne puntato da Est alla gola della Macedonia. In Illiria, infatti, i Dardani di Re Clito e i Taulanti di Re Glicia si erano posti a capo di un’insurrezione. Alessandro spazzò via entrambi i Re in poco tempo, con i relativi popoli al seguito.

Poco dopo, insorsero anche Tebe ed Atene, convinte (da una fake news architettata ad arte dai Persiani) che Alessandro fosse morto sui Balcani. I Macedoni arrivarono in fretta e travolsero Tebe come una marea impetuosa (vennero risparmiati i templi e la casa del poeta Pindaro). Atene venne risparmiata in cambio della consegna dei capi della coalizione antimacedone.

Alessandro esiliò il generale Caridemo, che si sarebbe poi alleato con i Persiani. Soffocata ogni rivolta, Alessandro era pronto a partire per la spedizione in Persia, alla testa di 48.000 uomini, 6.000 cavalieri e 120 triremi.

Tuttavia, il giovane macedone aveva bisogno di un vaticinio favorevole prima di fare il grande passo. Costrinse con la forza l’Oracolo di Delfi (potete trovare un approfondimento sull’Oracolo di Delfi in questo articolo) ad effettuare un vaticinio, che recitava “Alessandro sarà invincibile”. Convinto del suo status divino dalle parole della Pizia, Alessandro partì alla volta della Persia, lasciando la reggenza del regno al suo fidato generale Antipatro.

Il regno di Alessandro Magno: il Leone e la Serpe

Sbarcato sulle coste dell’Asia Minore, Alessandro rese subito omaggio alla tomba di Protesilao che, secondo la leggenda, sarebbe stato il primo eroe acheo a sbarcare sulle spiagge di Troia. Dopo aver reso omaggio alla tomba dell’eroe e dopo aver compiuto un sacrificio, Alessandro compì un gesto che sarebbe passato alla storia: lanciò la sua sarissa, conficcandola nel terreno. Con quel gesto, Alessandro volle lanciare un messaggio ben preciso a tutta la Persia: il Leone di Macedonia era pronto a conquistarla.

I Macedoni combatterono la prima battaglia sul fiume Granico. I nemici erano ovviamente i Persiani al comando di Memnone, stratega greco che aveva tradito la sua patria. Inizialmente, Memnone voleva fare terra bruciata intorno ad Alessandro. Tuttavia, i dignitari persiani lo fecero desistere dal suo intento preferendo lo scontro diretto. Di lì a poco, si sarebbe rivelato essere un errore gravissimo. Alessandro, infatti, lanciò la sua fanteria a sfondare le linee nemiche, aprendo un varco per la cavalleria. I cavalieri macedoni caricarono l’esercito macedone, travolgendolo senza pietà.

I Persiani persero quasi tutti gli uomini, i Macedoni solo 100. Si era dunque compiuto l’ennesimo capolavoro militare di Alessandro. Il sovrano macedone venne ferito in battaglia, ma stravinse il confronto con Memnone, che fuggì ad Alicarnasso.

Il regno di Alessandro Magno: l’inarrestabile marcia macedone

Con la successiva conquista delle città di Mileto, di Sardi e di Efeso (la quale entrò nella Lega di Corinto come città democratica che aveva abbattuto l’oligarchia), l’avanzata macedone sembrava essere inarrestabile, e il regno di Alessandro Magno si espandeva sempre di più.

Successivamente, caddero sotto il controllo macedone anche la Lidia, la Licia, la Panfilia, la Pisidia e la Frigia. Alessandro si diresse quindi alla volta di Alicarnasso, roccaforte in cui si era rifugiato Memnone. Dopo diversi giorni di assedio e dopo diversi (vani) tentativi di resistenza, i Persiani diedero alle fiamme la città, non volendola lasciare in mano macedone.

Alessandro entrò ad Alicarnasso mentre la città ardeva ed ordinò di uccidere tutti i responsabili dell’incendio. Dopo due giorni, di Alicarnasso restò poco. Approfittando della situazione, Memnone scappò sull’isola di Cos. Conquistò Lesbo e Mitilene nel tentativo di costruire una flotta per fuggire lontano, ma si ammalò e morì.

Alessandro contro Dario III: la battaglia di Isso

L’avanzata macedone proseguì con un altro trionfo (nonché capolavoro tattico), stavolta nella battaglia di Isso. Alessandro, dopo le conquiste di Soli, Mallo e Tarso travolse un esercito tre volte superiore al suo (Arriano e Plutarco stimano che Re Dario III avesse schierato 600.000 uomini), registrando solo 150 perdite a fronte delle oltre 150.000 perdite persiane.

Alessandro riuscì a raggiungere Dario III, mancando il colpo ferale con la sua lancia di pochi centimetri. Il sovrano persiano fuggì a cavallo, ferito nel corpo e nell’onore, avendo perso anche la moglie ed i figli (presi in ostaggio da Alessandro).

Poco dopo, il persiano tentò la via diplomatica con il Figlio del Sogno, che invece scelse la via della conquista, imponendo al persiano di chiamarlo “Signore di tutta l’Asia” e di recarsi da lui di persona se voleva rivedere la sua famiglia. Alessandro conquistò le restanti città costiere della Persia per impedire l’utilizzo della flotta a Re Dario III. I Macedoni conquistarono anche la città di Tiro, caduta dopo un’eroica resistenza.

Poco prima di completarne la conquista, Alessandro e Parmenione ebbero una celebre conversazione. Il generale disse, in seguito ad una lettera contenente una proposta di pace ricevuta da Re Dario:

“Se io fossi Alessandro, accetterei la tregua e concluderei la guerra senza più correre altri rischi”.

Alessandro rispose deciso:

“Lo farei se fossi Parmenione; ma io sono Alessandro, e come il cielo non contiene due soli, l’Asia non conterrà due Re”.

Dunque, caduta Tiro, capitolarono anche Gaza e, soprattutto, Gerusalemme, che aprì le porte arrendendosi.

Conclusioni

È il 332 e l’armata macedone avanza inarrestabile al comando del suo Re, Alessandro. Queste grandissime vittorie potrebbero sembrare un punto di arrivo per il giovanissimo sovrano macedone, che in quell’anno aveva appena 24 anni.

E invece Alessandro aveva ancora tanto da dare, ancora tante battaglie da vincere e tanti altri territori da conquistare. Altri capolavori militari dovevano essere compiuti, ed altri regni militari sarebbero caduti sotto i colpi delle sarisse macedoni.

Di lì a poco, una delle più grandi civiltà della Storia sarebbe caduta sotto i colpi della marea macedone. Presto, molto presto, la nuova luce del Figlio del Sogno avrebbe illuminato le sabbie di Amon e persino Ra, dio egizio del Sole, si sarebbe inchinato a lui. Il Regno di Alessandro Magno era cominciato.

Francesco Ummarino per Questione Civile

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