Origine ed evoluzione della crisi economica greca del 2009
Più di dieci anni fa la Grecia ha affrontato una pesante crisi economica. Nonostante la moltitudine di informazioni circolanti al riguardo, quello che si conosce non sempre coincide con la verità dei fatti. Con questo articolo andrò ad analizzare la crisi greca e cercherò di far luce su alcuni preconcetti comuni.
Origine della crisi economica greca
La crisi economica in Grecia prese avvio nell’autunno del 2009 quando il neo-primo ministro George Papandreou rivelò pubblicamente che i governi precedenti avevano falsificato i dati di bilancio dei conti pubblici trasmessi all’Unione Europea per consentire alla Grecia di entrare a far parte dell’Eurozona. Nel 2009 il rapporto deficit/Pil era al 12,7 per cento, ossia più del doppio rispetto alle stime precedenti. Nel giro di poche settimane, le previsioni sul deficit per il 2009 iniziarono ad aumentare inesorabilmente mentre le agenzie di rating declassavano sempre di più il debito greco. Fu così che ebbe ufficialmente inizio la crisi economica greca.
Con un debito di 350 miliardi di euro, il Paese chiese immediatamente un piano di aiuti internazionali. Nella storia della crisi greca, la Troika – costituita dai rappresentanti della Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale – ha sbloccato ben tre piani di aiuti alla Grecia, per un totale di 326 miliardi. Questa rappresenta la più grande operazione di salvataggio di sempre.
Tuttavia, i piani di aiuto sono stati subordinati a un pesantissimo programma di austerità che ha consistito in forti tagli a pensioni e salari, aumenti delle tasse e riforme strutturali. Tale austerità era difatti necessaria per stabilizzare il rapporto debito/Pil. Ciò ha causato forti tensioni nella popolazione, sfociando in molteplici atti di protesta e sciopero fino a una vera e propria guerriglia.
Fine della crisi economica greca
Dopo anni di ininterrotta recessione, nel terzo trimestre del 2014 l’economia greca tornò per la prima volta a mostrare una crescita, pari allo 0,7 per cento sul Pil.
A fine giugno 2015, l’allora primo ministro Tsipras indisse un referendum consultivo. Gli elettori vennero chiamati ad accettare o rifiutare le proposte di ristrutturazione del debito dettate dai creditori. Nonostante il 62 per cento di voti fosse a favore del “NO”, Tsipras riuscì comunque a raggiungere un accordo con i creditori evitando un possibile ritorno alla dracma greca.
Da luglio 2017, il Paese è tornato sui mercati finanziari, con 3 miliardi di euro di bond a scadenza quinquennale. Due mesi dopo, i ministri delle Finanza dell’Unione Europea hanno accertato la stabilizzazione del rapporto deficit/Pil. Ciò ha consentito di dichiarare l’uscita della Grecia dalla procedura per deficit eccessivo. Purtroppo, il miglioramento del quadro economico del Paese non ha corrisposto ad un altrettanto miglioramento delle condizioni di vita della popolazione che sono rimaste oltremodo durissime.
Il 22 giugno 2018, l’Eurogruppo ha raggiunto un accordo di principio sull’uscita della Grecia dal programma di aiuti. Inoltre, ha sancito un alleggerimento del debito greco con la concessione di rimborsarlo a partire dal 2032, anziché dal 2022. La fine ufficiale del commissariamento della Troika e dunque l’uscita della Grecia dall’era di aiuti internazionali ha avuto luogo il 20 agosto 2018. Ciò ha sancito un nuovo inizio per il Paese.
Fake news: il debito greco
Innanzitutto, è importante inquadrare la situazione economica della Grecia pre-crisi. Difatti, la Grecia era in una situazione estremamente difficile prima che cominciasse il programma di aggiustamento nel 2010. Diversamente da quanto ritenuto da molti, il problema di fondo non era legato solamente al debito greco molto alto. In assenza di tale debito, ci sarebbe comunque stato un buco nei conti pubblici greci. Nello specifico, il bilancio “primario” – ossia, senza gli interessi – della Grecia era in deficit di più di dieci punti percentuali di Pil. Dunque, diversamente da ciò che viene pensato da molti, se anche il debito greco fosse stato cancellato immediatamente, il Paese avrebbe dovuto comunque aggiustare i conti pubblici e ciò avrebbe inevitabilmente comportato un piano di austerità.
Fake news: la fine della crisi economica greca
L’uscita di scena della Troika il 20 Agosto 2018 viene fatta comunemente coincidere con la fine della crisi economica greca. Tale conclusione rimane, però, solo sulla carta. Andando infatti ad analizzare qualche numero si potrà notare facilmente come la crisi fosse tutt’altro che conclusa nel 2018. Nel 2010, quando iniziarono i piani di salvataggio, il debito della Grecia era di 262 miliardi di euro. A distanza di otto anni il debito è aumentato fino a 323 miliardi (pari al 179 per cento del Pil). Oltretutto, i vari tagli alle pensioni e agli stipendi dei lavoratori, nonché gli inasprimenti fiscali e tariffari hanno notevolmente innalzato la soglia di povertà del Paese rendendo ancor più difficile una ripresa rapida.
Secondo quanto riportato dal Washington Post, il Fondo Monetario ha previsto (dati pre-covid) che nel 2023 la Grecia sarà del 12% più povera di quanto lo fosse nel 2007. Di conseguenza, una piena ripresa ai livelli pre-recessione non sarà possibile prima del 2030 o anche dopo data l’attuale emergenza sanitaria da COVID-19.
Fake news: i lavoratori greci
Nel corso degli anni, dicerie varie hanno creato un comune stereotipo del cittadino greco medio quale uomo corrotto, spendaccione e baby pensionato. Per avere una visione più chiara e veritiera della situazione in Grecia basta dare un’occhiata ai dati ufficiali pre-crisi.
Un primo preconcetto è che i cittadini greci non lavorino. Secondo i dati Eurostat, prima della crisi i cittadini greci lavoravano in media 44,3 ore a settimana. Questo dato risulta in linea, anzi leggermente maggiore, alla media europea di 41,7 ore settimanali. Inoltre, l’OCSE ha riportato che nel periodo pre-crisi, tra il 2001 e il 2007, la Grecia era tra i paesi a più forte crescita della produttività media del lavoro. Di conseguenza, un elevato numero di ore lavorative ha corrisposto ad un’alta qualità ed efficienza da parte dei lavoratori.
La Grecia è conosciuta quale Paese europeo con la più bassa età pensionistica. Secondo i dati del 2014 della Commissione Europea, l’età di pensionamento della Grecia nel 2010 era perfettamente in linea con quella degli altri paesi europei, mentre attualmente risulta tra i paesi con l’età di pensionamento più alta.
Questi dati sono semplici esempi che dovrebbero servire quali spunti di riflessione su come spesso le notizie vengano manipolate e distorte. È dunque importante non fermarsi a ciò che si sente in televisione o si legge sui giornali, ma ricercare sempre i dati quantitativi alla base di ogni affermazione.
Giulia Venuti per Questione Civile