Herbert Simon: La teoria della razionalità limitata

Herbert Simon

Herbert Simon: il processo di apprendimento nelle organizzazioni

Probabilmente ci si domanda in che modo si possa ricollegare il concetto di razionalità limitata al mondo dell’economia, quando potrebbe risultare più attinente al mondo della psicologia. Per avere un quadro più chiaro occorre dunque analizzare il contributo dell’economista Herbert Simon.

Chi è Herbert Simon

Innanzitutto, è importante capire chi è Herbert Simon e cosa ha rappresentato per il mondo dell’economia. Herbert Alexander Simon (1916, Milwaukee – 2001, Pittsburgh) è stato un economista, psicologo e informatico statunitense.

Uomo eclettico, con interessi che hanno spaziato dalla sociologia dell’organizzazione industriale alla teoria delle decisioni, dalle problematiche dell’intelligenza artificiale all’informatica, dalla psicologia all’economia d’impresa.

Le idee di Simon sono state applicate frequentemente nel settore delle organizzazioni. Egli è considerato tra i padri fondatori di alcune tra le più importanti discipline scientifiche. Tra le più note vi sono la teoria dell’organizzazione, il problem solving, l’intelligenza artificiale, i sistemi complessi e la simulazione al computer della scoperta scientifica.

Vincitore del premio Nobel per le scienze economiche nel ‘78, tra le sue opere maggiori spiccano Administrative behavior (‘47), Organization (‘58), sulla sociologia dell’organizzazione industriale e teoria delle decisioni, e The sciences of the artificial (‘69), sull’intelligenza artificiale.

L’uomo quale ente razionale

Per capire il contributo che Herbert Simon ha apportato nell’economia grazie alla sua teoria sulla razionalità limitata, bisogna innanzitutto analizzare la teoria dell’utilità attesa a cui egli stesso fa riferimento.

L’economia è descritta come la scienza che celebra la razionalità umana. Difatti, la teoria economica classica presuppone che l’uomo economico sia razionale. Egli è dunque in grado di scegliere l’alternativa migliore fra quelle possibili, secondo la logica di massimizzazione dei risultati e di ottimizzazione dei costi/benefici.

Tale rappresentazione della ragione umana non considera, però, l’imperfezione che caratterizza l’individuo.

La teoria dell’utilità attesa

La teoria dell’utilità attesa di John von Neumann e Oskar Morgestern si rifà proprio a questo principio cardine della teoria economica classica. Questa rappresenta il modello più completo e soddisfacente nell’ambito della teoria della scelta umana in condizioni di incertezza.

Secondo il teorema dell’utilità von Neumann-Morgenstern (VNM) (1947), qualsiasi individuo le cui preferenze soddisfino quattro assiomi ha una funzione di utilità. Essendo possibile ordinare queste preferenze in base alle caratteristiche individuali, il soggetto agente razionale, preferirà sempre azioni in grado di massimizzare la propria utilità attesa.

Il teorema dimostra, dunque, che un individuo è razionale se e solo se esiste una funzione di utilità definita da possibili esiti, tale che ogni preferenza dell’individuo corrisponda ad una massimizzazione della sua utilità attesa.

Secondo questa teoria, la razionalità può essere quindi intesa come la massimizzazione di un valore atteso.

Nonostante la fama, tale modello risulta avere un limite intrinseco legato all’assunto fondamentale a cui fa riferimento, cioè che il comportamento umano sia totalmente razionale. Ciò implica che gli individui siano sempre capaci di scegliere, fra le varie alternative, quella in grado di offrire loro il massimo grado di soddisfazione.

Tuttavia, come traspare da varie osservazioni empiriche, difficilmente gli individui si comportano in modo totalmente razionale a causa della loro intrinseca limitatezza cognitiva nei confronti della complessità che li circonda.

A partire da tale critica, vari studiosi hanno proposto alternative e soluzioni, di cui quella complessivamente più convincente è stata finora la teoria della razionalità limitata di Herbert Simon.

Herbert Simon: la teoria della razionalità limitata

Herbert Simon ha condotto durante la sua vita vari studi sul comportamento umano da un punto di vista prettamente scientifico. Egli infatti tentò di modellizzare artificialmente quello che avviene nella mente umana e di applicare i suoi studi sulla razionalità umana nel campo delle organizzazioni.

L’uomo economico descritto da Simon è più limitato e imprevedibile nel suo agire rispetto a quello presentato dalla teoria economica classica.

Ciò è dovuto al fatto che l’elaborazione di informazioni e dati da parte dell’individuo è limitata in quanto dipendente dalla sua conoscenza, memoria, abitudine ed esperienza pregressa.

Per agire razionalmente, l’individuo dovrebbe poter scegliere l’alternativa migliore tra tutte quelle possibili, ma alla mente umana limitata se ne presentano solo alcune. Inoltre, avendo l’individuo un’esigua capacità predittiva, tenderà ad utilizzare l’immaginazione per colmare l’assenza di esperienza nel processo decisionale.

Il processo decisionale

Dati i limiti cognitivi del soggetto decisionale (nella conoscenza e capacità di calcolo), quando una questione è molto complessa, la raccolta delle informazioni necessarie può diventare troppo costosa.

Di conseguenza, Simon propose un modello decisionale per la risoluzione dei problemi basato sul criterio satisficing. Tale procedimento si basa sull’individuazione di un’alternativa soddisfacente anziché ottimale avvalendosi dell’uso delle euristiche o scorciatoie mentali.

Le euristiche sono delle regole generali e semplici che permettono più velocemente ai soggetti di elaborare giudizi, formulare inferenze e analogie e prendere decisioni a fronte di problemi complessi o di informazioni incomplete in vista del raggiungimento di determinati obiettivi.

Le euristiche agevolano l’elaborazione quasi istantanea dei dati permettendo di risparmiare energia cognitiva. D’altra parte, è probabile che producano pregiudizi cognitivi, cioè deviazioni sistematiche nel ragionamento. Ciò implica errori grossolani di valutazione che possono portare a prendere decisioni sbagliate.

La ricerca cessa quando l’agente decisionale trova un’alternativa che lo soddisfi, la cosiddetta regola dell’arresto.

Per risolvere un problema, l’individuo elabora innanzitutto un giudizio – basato sulla propria esperienza pregressa e bagaglio cognitivo – sulla qualità della soluzione che si aspetta di raggiungere.

Questo giudizio determina il livello di aspirazione e definisce quando cesserà la ricerca. Il livello di aspirazione sarà poi confrontato con il livello reale dell’esperienza: se l’esperienza supera il livello di aspirazione, l’individuo proverà soddisfazione; se il livello di aspirazione è più alto, insoddisfazione.

La teoria di Herbert Simon applicata al processo di apprendimento nelle organizzazioni

Il criterio della razionalità limitata viene posto da Simon alla base dei processi decisionali interni alle organizzazioni. Simon ha una visione scientifica dell’organizzazione: la specializzazione delle strutture organizzative consente un’elaborazione semplificata della complessità dei problemi che va incontro ai limiti della razionalità.

Ogni organizzazione predispone un processo di apprendimento, il cosiddetto learning process, imparando dalle esperienze passate e instaurando delle procedure che possano ridurre l’incertezza dell’agente decisionale.

In Bounded Rationality and Organizational Learning (1991), Herbert Simon cerca di spiegare il processo di apprendimento utilizzato dalle organizzazioni. Il discorso si incentra sul tema della razionalità limitata, però questa volta con riferimento non più ad un singolo agente ma ad una molteplicità di agenti.

Egli sostiene che un’organizzazione apprenda in due modi differenti: attraverso l’apprendimento dei suoi membri e attraverso l’integrazione di nuovi membri che apportano conoscenze non possedute dall’organizzazione in precedenza.

Diventa quindi fondamentale nel processo di apprendimento dell’organizzazione la trasmissione di informazioni da un membro o un gruppo di membri ad un altro. Ciò implica che l’apprendimento dell’individuo all’interno dell’organizzazione non possa essere considerato un fenomeno solitario, bensì sociale.

Verso un processo decisionale ottimale

L’utilizzo dei Big Data e di evoluti sistemi informativi, l’acquisizione di dati rilevanti ai diversi processi di business e l’implementazione di sistemi di Business Intelligence sono solo alcuni dei metodi adoperati dalle aziende per migliorare i processi decisionali.

La velocità e la potenza di calcolo di tali tecnologie stanno evolvendo insieme alla crescente sofisticatezza dei modelli di analisi. Tutto ciò consentirà in futuro di arrivare a scelte sempre più vicine all’ottimo.

Inoltre, tutto questo permetterà di accrescere il valore delle aspirazioni adattabili avvicinandole sempre più al valore di utilità attesa della teoria economica classica.

Giulia Venuti per Questione Civile

+ posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *