L’Archè: il principio del mondo e della filosofia

L'Archè

L’Archè: dove inizia ogni cosa

L’Archè (dal greco “ἀρχή”, cioè “principio”, “origine”) è il più importante oggetto di indagine della filosofia degli inizi, quella che chiamiamo filosofia naturale. In effetti, si potrebbe affermare che proprio discutendo in merito all’origine delle cose abbia avuto origine la filosofia stessa.

Essa, infatti, affiorò per la prima volta in Grecia, e nel mondo occidentale, tentando di risolvere uno degli enigmi più affascinanti della storia umana. Un interrogativo che ancora oggi, forse, è in grado di turbare le menti più riflessive, di sorprenderci in talune notti insonni. Da dove veniamo? Cosa ha dato origine all’universo?

Queste domande sorsero nell’indagine, mossa dai primi pensatori d’occidente, in merito alla natura, la cosiddetta “physis” (dal greco φύσις). Presso gli antichi, il termine aveva una sfumatura per certi versi differente rispetto a quella corrente. Oggi con il termine natura identifichiamo il mondo esterno a noi, in gran parte costituito da enti percepiti come statici e inanimati. Anche per i Greci questo termine designava la totalità degli esseri e delle cose che esistono. Ma questo tutto era visto come dinamico, quasi animato di una vita propria.

AllArchèi primi filosofi ricondussero l’origine della natura. Ma in cosa consistesse, essi discordarono. Oggi ricordiamo i loro nomi, in primo luogo, per la peculiare visioneche ciascuno di loro offrì in merito a questo tema.

I caratteri dell’Archè

Il termine corrente più efficacemente accostabile al concetto di archè è quello di principio, anche se la parola greca possiede una notevole ampiezza semantica.

L’archè, infatti, racchiude in sé diverse particolari accezioni. In primo luogo, esprime il senso cronologico di principio di tutte le cose, ossia di elemento originario di partenza, da cui tutti gli enti, in seguito, sono derivati. In secondo luogo, esprime una causalità. L’archè è, infatti, causa delle cose che esistono, nel senso che ne ha causato l’esistenza. Nulla, secondo gli antichi, potrebbe esistere, se non ad opera dell’archè.

L’archè è spesso inteso anche come elemento fondamentale della realtà, in quanto in genere concepito come materialmente presente in tutte le cose e posto al loro fondamento.L’archè è anche principio ordinatore del cosmo, da cui promanano le leggi naturali cui obbediscono gli enti. Infine, il termine può indicare anche quello che per gli antichi era l’elemento divino presente in tutte le cose.

Occorre, comunque, puntualizzare che non in tutti gli autori ricorrono queste differenti valenze, spesso poste in dipendenza della peculiare visione proposta dai singoli pensatori.

Talete: il principio umido

Ammantato dalle nebbie della leggenda è la figura del primo filosofo che il mondo occidentale abbia conosciuto: Talete di Mileto. Vissuto tra il VII e il VI secolo a.C., secondo la tradizione, fu anche astronomo e matematico, nonché annoverato, secondo Platone, fra i Sette Savi dell’antica Grecia.

Fu la sua indagine naturalistica disinteressata, distaccata dal mito e dalla superstizione, a valergli il primato di primo pensatore greco dotato di un metodo proto-scientifico. La sua indagine si basava sull’osservazione e sulla deduzione logica.  

Attraverso Aristotele, sappiamo che Talete individuò l’archè nell’acqua o, per meglio dire, nell’elemento umido (dal greco υδωρ). Costui osservò che è da questo elemento che nascono tutti gli esseri viventi, e che tutte le cose rimangono fondamentalmente costituite da esso. Ogni ente, infatti, si nutre e si alimenta dall’acqua, o dall’umidità, che ne resta parte integrante, nonostante le mutazioni che possano interessarlo.

Aristotele ci riporta anche una particolare convinzione del filosofo, secondo cui la terra, piatta e di forma circolare, galleggiasse su di un vasto oceano. Dalle sue profondità è probabile che Talete ritenesse fossero state generate tutte le cose.

Anassimandro: l’àpeiron

Discepolo di Talete, secondo la tradizione, fu Anassimandro di Mileto. Pare che sia stato anche il primo cartografo, realizzando una prima rappresentazione dell’ecumene, cioè il mondo allora conosciuto. Anassimandro, inoltre, con una straordinaria intuizione, fu il primo a teorizzare che la terra fosse sospesa nel vuoto, in perfetto equilibrio senza alcun sostegno. Inoltre, fu anche il primo ad abbozzare un’embrionale ipotesi evoluzionistica, affermando che gli uomini sarebbero derivati dai pesci.

Dal punto di vista filosofico, Anassimandro si discostò dal sentiero tracciato dal suo maestro, circa l’origine di tutte le cose. Questi, infatti, ritenne sbagliato ricercare l’archè in un elemento specifico, poiché ciò non avrebbe potuto spiegare l’incredibile varietà di determinazioni che gli enti assumono in natura.

Per questo motivo, Anassimandro identificò l’archè nell’àpeiron (dal greco ἄπειρον), che significa infinito, indeterminato. Secondo il filosofo, in origine tutto era unito, compatto, e costituiva un’unica materia infinita e indistinta. Dall’àpeiron presero poi a distaccarsi gli elementi a coppie di contrari:Il caldo e il gelo, la notte e il giorno, la vita e la morte.

Così gli elementi, inizialmente indistinti, si separarono, distinguendosi in forme determinate e riconoscibili. Al termine di ogni ciclo cosmico, tuttavia, all’àpeiron fanno ritorno, passando nuovamente all’indefinito, in una genesi senza fine.

Anassimene: il principio aeriforme

Con Anassimene di Mileto, un altro discente di Talete, abbiamo quasi l’impressione di fare un passo indietro. Da questo primo tentativo di astrazione, operato da Anassimandro, l’archè torna ad essere rintracciato in un elemento naturale specifico: l’aria. O, per meglio dire, l’elemento aeriforme.

Eppure, si tratta di un’argomentazione che muove da una constatazione scientifica: la materia può cambiare il proprio stato. Secondo il filosofo, infatti, tutte le cose si generano e si disgregano mediante processi di rarefazione e condensazione.

Tra le ragioni che potrebbero aver guidato Anassimene in questa scelta, sicuramente vi è l’importanza della respirazione. L’immissione e l’estromissione di gas dall’organismo dei viventi è, infatti, un processo fondamentale alla vita. Inoltre, bisogna considerare che lo stato gassoso della materia è quello più mobile, più dinamico e anche quello più facilmente soggetto a trasformazioni.

I Pitagorici: il numero

Benché la qualifica di “filosofi dell’archè venga solitamente attribuita ai primi tre filosofi della scuola di Mileto, molti altri, successivamente, proseguirono l’indagine da loro avviata. Una menzione speciale merita, soprattutto, il Pitagorismo. Sul fondatore di questa corrente filosofica, Pitagora, non si hanno, purtroppo, notizie certe, poiché la sua figura si perde nella leggenda. Quel che sappiamo è che i Pitagorici posero l’archè nel numero.

Il numero, solitamente concepito di per sé come un elemento astratto, per i Pitagorici possedeva anche una valenza materiale. Era loro opinione, infatti, che i numeri costituissero delle caratteristiche proprie degli enti, a seconda che essi fossero pari o dispari. Da questa dicotomia scaturivano, per i Pitagorici, i contrari. Il concetto di limitato, per esempio, era legato ai numeri pari, mentre quello di illimitato, ai numeri dispari.

All’origine di questa dicotomia stava il numero archetipo, l’uno, detto parimpari. Questo perché, se sommato a un numero pari lo muta in dispari, e viceversa. Inoltre, se in ogni cosa risiedono i numeri, pari o dispari che siano, alla loro base vi è sempre l’unità, che forma ogni numero. Con i Pitagorici, la ricerca dell’archè si pose ad un livello più intelligibile rispetto alle indagini dei Milesi.

L’Archè nelle filosofie successive

Un altro accenno merita Eraclito, che in apparenza elesse il fuoco quale elemento archetipo. Ma ad uno sguardo più accurato, egli scorgeva in questo elemento il riflesso dell’incessante divenire delle cose, della coesistenza, in equilibrio, di forze in conflitto. Il fuoco, infatti, per sua natura è in costante mutamento, le sue fiamme vorticano di continuo, eppure rimane sempre fuoco.

Così, per Eraclito, è la realtà. Tutto è uno, sebbene mai con lo stesso aspetto. Questo perché la realtà e tutto ciò che esiste cambiano incessantemente nel tempo, in un divenire eterno, senza inizio e senza fine.

Ancora, si cimentarono in tale ricerca anche i filosofi detti pluralisti. Essi teorizzarono l’esistenza di minuscole particelle costitutive degli enti. Fra di essi spicca Democrito, il quale per primo intuì l’esistenza degli atomi. Infine, Platone individuò nell’iperuranio e nelle idee gli archetipi del nostro mondo.

Eppure, dopo così tanti secoli, nonostante una conoscenza indubbiamente più ampia e chiara di quanto ci circonda, ancora non abbiamo una risposta. Talvolta, volgendo lo sguardo alle stelle, ancora riaffiorano distrattamente in noi quelle domande. Da dove veniamo? Cosa ha dato origine all’universo? E la filosofia torna a rinascere.

Gabriele Todaro per Questione Civile

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