Émile Durkheim: il padre della Sociologia moderna

Émile Durkheim

Émile Durkheim: un’analisi delle teorie che cambiarono la sociologia

Ogni branca della conoscenza riporta i nomi di grandi menti che ne hanno cambiato gli aspetti in maniera radicale, da Einstein a Newton, da Maria Montessori sino a Alexander Fleming. Questi sono solo alcuni di molteplici volti che hanno cambiato, in un certo senso, il mondo. Per la sociologia, invece, abbiamo proprio Émile Durkheim e le sue innovative teorie che in questo articolo saranno esaminate in maniera egualmente approfondita e semplificata, in modo da essere facilmente fruibile.

Breve biografia di Émile Durkheim

Émile Durkheim nacque in una famiglia modesta, ma erudita, di ebrei praticanti. Anche a causa delle responsabilità derivategli dalla morte del padre, rabbino, avvenuta quando lui non era ancora ventenne, sviluppò un carattere impegnato e severo, così come sviluppò la convinzione che gli sforzi e le sofferenze contribuissero al progresso intellettuale più delle situazioni piacevoli. L’esperienza di vita di Durkheim fu fortemente condizionata dalla sconfitta della Francia contro la Prussia e gli altri Stati tedeschi (nella guerra franco-prussiana del 1870-71). A seguito di questa l’Alsazia, terra di origine dei Durkheim, fu assegnata alla Germania. Di conseguenza il padre di Émile, per non divenire suddito germanico, si trasferì a Parigi: fu qui che il futuro sociologo iniziò i suoi studi.

In questo periodo conobbe Jean Jaurès, futuro leader del Partito Socialista Francese, come lui mosso da principi etici rivolti ai problemi della società. Nel 1882 conseguì l’Agrégation de philosophie e fino al 1887 insegnò in scuole secondarie di Sens, San Quintino e Troyes. Ottenne quindi un insegnamento all’Università di Bordeaux dove diventò professore di filosofia sociale e vi rimase fino al 1902. Successivamente passò alla Sorbona, dove diventò ordinario nel 1906 e si occupò con grande impegno ad iniziative volte al miglioramento degli insegnamenti. Lo scoppio della Prima guerra mondiale, la morte del suo unico figlio sul fronte balcanico e le accuse dei nazionalisti, che gli rinfacciavano di essere di estrazione tedesca e di insegnare una disciplina straniera, prostrarono il sociologo e lo gettarono in un grave stato emotivo, preludio di un ictus che ne causò la morte nel 1917.

“Il fatto sociale” di Durkheim

Ciò che risalta all’occhio leggendo la biografia di Durkheim è che quest’ultimo fosse un uomo estremamente pragmatico nella vita. La sua pragmaticità può risultare quasi un ossimoro con i suoi studi, basati principalmente su teorie filosofiche e sociali. In realtà questa sua caratteristica fu proprio il motore portante di una delle sue più importanti teorie, ovvero il concetto di fatto sociale:

«qualsiasi maniera di fare, fissata o meno, suscettibile di esercitare sull’individuo una costrizione esteriore; o anche (un modo di fare) che è generale nell’estensione di una data società pur possedendo una esistenza propria, indipendente dalle sue manifestazioni individuali.» [Le regole del metodo sociologico, 1895]

In questa breve definizione Durkheim racchiude un elemento estremamente importante della sociologia, ovvero secondo la sua teoria qualsiasi nostra azione o comportamento sono stati estremamente condizionati dalla società in cui viviamo. Questo concetto, apparentemente banale, mette sotto i riflettori elementi mai considerati sino ad allora per lo studio del comportamento umano. In breve, è la società in cui viviamo a determinare i nostri comportamenti in maniera preponderante.

Da ciò Durkheim esprime la necessità che ha la sociologia di mutare in una condizione tale da poterla avvicinare al metodo scientifico. Tuttavia, il metodo pensato da Durkheim non è un metodo matematico, ma una capacità del sociologo di poter fuoriuscire dallo schema delle “recinzioni sociali” [Le regole del metodo sociologico, 1895] per poter osservare gli eventi con occhi nuovi e distaccati.

Gli occhi del Sociologo e lo studio sul suicidio

Ciò che quindi un sociologo dovrebbe fare, secondo le teorie di Durkheim, è di osservare ogni evento sociale cercando di separare l’influenza che la società ha avuto su di esso, da ciò che effettivamente viene preso in esame. Il tutto allo scopo di poter comprendere appieno gli eventi presi in esame. Ancora oggi questa teoria viene applicata da tutti i ricercatori in ambito umanistico, quindi non solo sociologi, ma da chiunque si occupi di ricerca empirica in ambito umanistico.

Uno degli studi più rinomati di Durkheim, in cui possiamo vedere in atto gli occhi del sociologo, è proprio lo studio sul suicidio e la definizione che fece il ricercatore sul concetto di anomia [Il suicidio. Studio di sociologia – 1897]. Innanzitutto, l’autore esclude il fattore psicologico dal suicidio, indicandone solo una possibile predisposizione, ma non il fattore scatenante. Piuttosto concentra la sua attenzione sull’influenza che la società ha sull’individuo, arrivando a definire il concetto di anomia; ma cos’è l’anomia?

Secondo Durkheim l’anomia è uno stato di cambiamento tra le aspettative normative e la realtà vissuta. Può essere di due tipi: acuta o cronica. La prima segue di solito ad un improvviso cambiamento come la morte di un parente, mentre la seconda è dovuta ad un continuo mutamento sociale. Da ciò l’autore individua quattro tipologie di suicidio: Egoistico ovvero causato da una carenza d’integrazione sociale, Altruistico si ha quando la persona è troppo inserita nel tessuto sociale, al punto da suicidarsi per soddisfare l’imperativo sociale, il Suicidio Anomico tipico delle società moderne che sembra collegare il tasso dei suicidi con il ciclo economico, ed infine Fatalista che è tipico di un eccesso di regolamentazione, di una sorta di dispotismo morale esercitato dalle regole sociali.

Émile Durkheim: un avanguardista della sociologia

Numerose sarebbero le ulteriori teorie, su altrettanti vari argomenti, che Durkheim espresse nel corso della sua vita. Teorie che ancora oggi vengono applicate non solo nella sociologia, ma anche nella ricerca in generale. È fuori da ogni dubbio che Durkheim abbia fatto nel suo tempo la storia della sociologia, permettendo a quest’ultima di potersi ritagliare un posto come vera e propria scienza basata sulla ricerca, con un metodo scientifico valido. Oggi quel metodo si è sempre più perfezionato. Ma se la sociologia può essere definita una vera scienza lo dobbiamo anche a studiosi come Durkheim e non solo.

Mauro Costa per Questione Civile

Bibliografia/Sitografia

  • Émile Durkheim, Le regole del metodo sociologico, 1895;
  • Émile Durkheim, Il suicidio. Studio di sociologia – 1897;

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