Brigate Rosse, da prima di Piazza Fontana al ‘74

brigate rosse

Dalle fabbriche alle armi: breve storia delle Brigate Rosse

È facile pensare alle Brigate Rosse e associarle subito ad Aldo Moro. Eppure nel 1978 il gruppo terroristico esisteva già da quasi un decennio, e per arrivare a Moro bisogna comprendere radici e sviluppo di un’organizzazione ben più complessa.

” Ombre repubblicane”

– N.9

Questo è il nono numero della Rubrica di Rivista dal titolo “Ombre repubblicane” , finalizzata ad analizzare il periodo del terrorismo politico e dei tanti scandali avvenuti tra gli anni ’70 e ’80. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Affari Esteri e Storia Moderna e Contemporanea

L’eredità del ‘68 e le basi delle Brigate Rosse

Quando le Brigate Rosse nascono, alla fine degli anni ’60, il terreno della rivolta giovanile è già estremamente fertile.
La Repubblica Italiana esiste da appena un paio di decenni, ma le basi sociali su cui si regge sono fragili e pronte a sgretolarsi..
C’è stato il ’68 con tutte le sue battaglie, le contestazioni più o meno violente in tutto l’occidente, e c’è la strategia della tensione alle porte.
Anche se Piazza Fontana avverrà dopo quella che si considera la data di nascita delle Brigate Rosse, alla fine del novembre 1969, la tensione sociale e politica era già alle stelle.

Per analizzare il fenomeno bisogna però fare un passo indietro e guardare alle diverse esperienze che sono poi convolate nelle Brigate Rosse.
Prima di tutto il gruppo proveniente dalla facoltà di Sociologia di Trento, del quale facevano parte Renato Curcio e Mara Cagol. Era l’esperienza forse più intellettuale e più vicina anche al mondo cattolico, influenzata dalle contestazioni giovanili e dal clima del movimento universitario.
A questi vanno aggiunti i ragazzi di Reggio Emilia, a cominciare da Alberto Franceschini. Il gruppo emiliano era legato alla giovanile del PCI, alle storie di genitori e nonni partigiani. Per questo, davanti a un’Italia in cui l’avanzata politica comunista era osteggiata, era nato il mito della resistenza tradita. L’idea che l’operato dei partigiani fosse stato messo da parte in favore del centrismo democristiano, a cui anche i comunisti si piegavano.
In fine c’era una componente nata tra le fabbriche e le organizzazioni sindacali che raccoglieva in sé un altro movimento importante di fine anni ’60, quello degli operai. Sono gli anni dell’autunno caldo e della lotta per lo Statuto dei Lavoratori. Tra di loro possiamo annoverare Mario Moretti, futuro capo dell’organizzazione.

Dal Collettivo Politico Metropolitano alle Brigate Rosse

Le diverse esperienze alla base delle future Brigate Rosse non rimasero a lungo staccate le une dalle altre.
Anzi, in breve si unirono dando vita al Collettivo Politico Metropolitano, anche conosciuto con l’acronimo CPM.
Il CPM non nacque con lo scopo della lotta armata, inizialmente era solo un momento di confronto politico tra esperienze affini.
Tuttavia l’inizio degli anni ’70, segnati dalla bomba di Piazza Fontana e dal pesante clima nazionale che questa aveva portato con sé, fecero mutare rapidamente gli animi e le convinzioni interne al gruppo.
Il nome Brigate Rosse nacque alla fine del 1969, probabilmente durante il convegno di Chiavari, in Liguria, e la teorizzazione della lotta armata risale ai mesi successivi.
Anche in assenza di una vera data di nascita si può considerare il 1970 come l’anno in cui le Brigate Rosse divennero una fazione armata.

Non siamo ancora in un contesto di globalizzazione, è vero, tuttavia le Brigate Rosse non sono chiuse ermeticamente nel mondo italiano.
Al di là dei contatti internazionali, veri o presunti, la storia della più grande organizzazione terroristica italiana ha forti legami con esperienze straniere.
Intanto l’ideologia, che non si lega solo al Marxismo-Leninismo classico ma anche al Maoismo, siamo poco dopo l’inizio della rivoluzione culturale cinese.
Anche nell’agire le Brigate Rosse non inventano nulla ex novo, mutando elementi dalle rivolte dei Tupamaros dell’Uruguay, dai guerriglieri vietnamiti e dagli stessi partigiani italiani.
Il nome Brigate richiama le Brigate partigiane, come la nota Brigata Garibaldi.
C’è un modello umano che è quello di Che Guevara, il guerrigliero per eccellenza a cui si rifanno.
Importante è sottolineare che non esiste l’idea di terrorismo in senso stretto.
Le Brigate Rosse, soprattutto all’inizio della loro storia, si sentono nuovi partigiani, in lotta con un nuovo “regime”.
Il fine della lotta armata è la rivoluzione proletaria.

Le prime azioni delle Brigate Rosse

Anche se le Brigate Rosse impiegano pochi mesi a decidere di passare alla lotta armata non è subito verso le persone che si indirizza il fuoco dei terroristi.
Le prime azioni, infatti, hanno lo scopo di creare problemi alle fabbriche e ai padroni andando a colpire i mezzi di produzione e di proprietà di quest’ultimi.
Oltre a Milano, dove possono dirsi nate, le Brigate Rosse iniziarono presto a diffondersi tra Torino e Genova. Il triangolo industriale era indubbiamente terreno fertile per un’organizzazione che guardava prima di tutto agli operai e ai problemi delle fabbriche e dei lavoratori.
Il metodo di comunicazione era quello dei volantini, che verrà usato pressoché per tutta la storia delle Brigate Rosse.
I temi erano forti, le parole usate verso i “padroni” pesanti, ma inizialmente, nel clima generale, fu facile per tutti sottovalutare il pericolo della nuova fazione.
Rapidamente però si passò dalle parole ai fatti, con le prime azioni dimostrative dei Brigatisti.

L’autunno del 1970 fu segnato da incendi ed esplosioni nei dintorni delle fabbriche.
Gli obiettivi erano tanto di proprietà delle aziende, ad esempio furgoni, quanto dei singoli dirigenti.
È l’anno successivo a Piazza Fontana, è anche l’anno del tentato Golpe Borghese, e inizialmente la parola “Rosse” non viene presa sul serio.
L’idea che molti si fanno è che sia tutto uno sviare i sospetti, chiamare Brigate Rosse un’organizzazione in realtà di matrice fascista. Un altro tentativo di screditare la sinistra, in particolare quella comunista, insomma.
La narrazione delle Brigate Rosse come formazione neofascista non fece bene né alla lotta contro il terrorismo né alla sinistra parlamentare, che troppo a lungo sottovalutò un problema a suo modo interno.
Il passaggio agli obiettivi fisici, prima tramite i rapimenti e poi anche con l’uccisione, avviene nel corso dei pochi anni successivi.

Dai primi sequestri alle prime vittime delle Brigate Rosse

Per vedere le Brigate Rosse colpire un obiettivo umano bisogna arrivare al 1972, precisamente al 3 di Marzo, giorno del sequestro-lampo di Idalgo Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens di Milano.
Il sequestro così svolto è un misto di ciò che le Brigate Rosse hanno appreso dalle esperienze a cui si ispirano: c’è la foto tipo gogna, c’è il cartello con, tra le altre, la scritta “colpirne uno per educarne cento”, ripresa dalla Cina di Mao.
Lo scopo non è solo dimostrativo, questa volta. Rapire una persona significa parlarci, sottoporla a una sorta di interrogatorio, nello specifico sui temi dei processi di ristrutturazione nella fabbrica.
Tuttavia non si dimostra sufficiente ad attirare l’attenzione sulla vera matrice comunista dell’organizzazione. Anzi, dai giornali e dai partiti di sinistra si ricalca l’idea delle “Brigate Rosse in realtà nere”.

Passano altri due anni.
Tra la primavera e l’estate del 1974 il “salto di qualità” delle Brigate Rosse si fa più forte.
Il 18 aprile a Genova viene rapito il giudice Mario Sossi.
Si tratta del primo sequestro duraturo effettuato dalle BR, durerà oltre un mese, ed è anche la prima occasione di tentata trattativa.
I terroristi chiedevano la scarcerazione di alcuni detenuti in cambio della vita del magistrato, ma non riuscirono a ottenerla. Nonostante ciò, alla fine, optarono per il rilascio di Sossi.
Il primo delitto delle Brigate Rosse avvenne poche settimane più tardi, il 17 Giugno 1974 a Padova.
Durante un’azione in una sede del Movimento Sociale Italiano – che  immaginavano vuota- sorpresero in realtà due militanti Missini, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola.
I due uomini rimasero uccisi e gli omicidi rivendicati come atti di antifascismo, nonostante inizialmente si pensò a un regolamento di conti interno al partito di Almirante.

8 Settembre 1974, l’arresto che cambiò le BR

Alcune date hanno un significato più che simbolico.
Per le Brigate Rosse, che si ispiravano alla storia dei Partigiani, sicuramente poteva esserlo l’otto settembre, il giorno dell’armistizio.
L’otto settembre 1974, oltre trent’anni dopo, può essere definita una data simbolo per l’organizzazione. È infatti il giorno dell’arresto di due dei fondatori, Renato Curcio e Alberto Franceschini, avvenuto nei pressi di Pinerolo, in provincia di Torino.
Non fu un caso né un colpo di fortuna degli inquirenti; dietro all’arresto c’era il lavoro di informatore di Silvano Girotto, scomparso di recente. Si trattava di un ex religioso che aveva precedentemente partecipato ad alcuni episodi di guerriglia in Sudamerica.
La collaborazione di Girotto con il reparto guidato dal Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, appositamente creato per la minaccia terrorismo, fu fondamentale.
All’arresto sfuggì Mario Moretti, anche egli tra i fondatori dell’organizzazione.

Renato Curcio tornerà in libertà per un breve periodo tra il 1975 e il 1976 dopo un’evasione quasi da film, ma l’era delle prime Brigate Rosse a quel punto sarà già finita.
Quella che oggi chiameremmo “escalation di violenza” sarà rapida e terribile.
Gli omicidi delle Brigate Rosse dopo il 1975 andranno avanti con una preoccupante frequenza, arrivando ad essere più di uno a settimana.
Che l’arresto di Curcio e Franceschini possa dirsi uno snodo cruciale nella storia dell’organizzazione – e dell’Italia tutta- è ormai assodato.
Tuttavia, a distanza di oltre quarant’anni, non è ancora possibile dire come sarebbero andate le cose se quell’otto settembre non fosse successo nulla.
La figura di Mario Moretti appare tutt’oggi controversa, soprattutto quando si parla del Sequestro Moro, il crimine per eccellenza compiuto dalle Brigate Rosse.

Francesca Romana Moretti per Questione Civile

Bibliografia

Brigate rosse. Una storia italiana – Intervista di Carla Mosca e Rossana Rossanda a Mario Moretti, Mondadori.
Figli della notte – Giovanni Bianconi, Dalai editore

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