L’accordo sul nucleare iraniano

Che cos’è l’accordo sul nucleare iraniano

Il “Piano d’azione congiunto globale”, anche chiamato “L’Accordo sul nucleare iraniano”, fu un accordo internazionale raggiunto a Vienna il 14 luglio 2015.

I Paesi firmatari furono Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e l’Unione europea.
Le condizioni di tale accordo tendenzialmente erano le seguenti:
– L’accettazione dell’Iran di eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento;
– Tagliare del 98% le sue riserve di uranio a basso arricchimento;
– Ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas per tredici anni. Per i successivi quindici anni l’Iran avrebbe potuto arricchire l’uranio solo al 3,67%;
– Divieto di costruire un nuovo reattore nucleare ad acqua pesante, affinché le attività di arricchimento dell’uranio fossero eseguite su un singolo impianto utilizzando centrifughe di prima generazione per dieci anni.

Altri impianti sarebbero stati convertiti per evitare il rischio di proliferazione nucleare.
Per assicurarsi il rispetto dell’accordo da parte dell’Iran, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) avrebbe avuto regolare accesso a tutti gli impianti nucleari iraniani.

L’accordo, inoltre, prevedeva che in cambio del rispetto dei suoi impegni l’Iran avrebbe ottenuto la cessazione delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite emanate a causa del suo programma nucleare.

L’accordo sul nucleare iraniano: l’America decide di uscire

Tuttavia, l’8 maggio 2018 gli Stati Uniti annunciano l’uscita dall’accordo e la reimposizione delle sanzioni economiche all’Iran, con l’intenzione, a detta del presidente Donald Trump, di <<indurre il brutale regime iraniano a cessare la propria attività destabilizzante>>.

Precisamente, il monito americano è quello di indurre l’Iran a ritirarsi dal territorio siriano in cui il “Corpo delle guardie della rivoluzione islamica”, noto anche con il nome “Pasdaran”, è a sostegno del governo di Bashar al-Assad.

Di risposta, appaiono molto dure le parole del portavoce del ministero degli Esteri iraniano Abbas Mousavi:

“Le inutili sanzioni americane rappresentano la chiusura definitiva del canale diplomatico. L’amministrazione disperata di Trump distrugge i meccanismi internazionali in vigore per preservare la pace e la sicurezza mondiali”.


Anche l’ambasciatore iraniano all’Onu, Majid Takht-e Ravanchi, si è duramente espresso di fronte all’imposizione delle sanzioni a danno dell’Iran:

“La decisione degli Stati Uniti è un altro segnale di come l’America non abbia alcun rispetto per il diritto internazionale. Non possiamo accettare intimidazioni o minacce da nessuno, come possiamo avviare una qualsiasi forma di dialogo con chi ha come priorità l’imporre ulteriori sanzioni contro l’Iran?”.

La risposta iraniana

L’Iran non rimane fermo di fronte all’azione dura degli Stati Uniti:

infatti, il 12 maggio 2019 vicino allo stretto di Hormuz vengono attaccate due petroliere dalle forze iraniane. L’attacco a danno degli Stati Uniti viene definito “attacco di sabotaggio” dal Ministero dell’Energia dell’Arabia Saudita, e viene indicato come l’evento iniziale della crisi del Golfo Persico che scatenerà una serie di attacchi ripetuti a catena, sia da parte degli USA che da parte dell’Iran.

Seguono, tra giugno e luglio 2019:

l’attacco a due petroliere sul Golfo dell’Oman e il sequestro di una petroliera diretta verso l’Inghilterra sullo stretto di Gibilterra da parte dei Pasdaran, anche stavolta a danno dell’America.

Nel frattempo, l’Iran ufficializza la sua ritirata dagli accordi sul nucleare contestando ai Paesi dell’Unione Europea l’inesistenza di una ferma reazione di fronte all’unilateralismo americano di rompere gli accordi, minacciando di portare il livello di arricchimento dell’uranio dal 3,67% al 5%.

La preoccupazione internazionale per le tensioni tra USA e Iran

Gli esponenti europei si mostrano preoccupati:

dapprima il presidente Macron incontra il presidente iraniano Hassan Rouhani assicurandogli l’impegno della Francia di trovare una soluzione con i partner europei entro il 15 luglio 2019;

la portavoce dell’Alta rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, esprime la sua preoccupazione e critica l’eccessiva arbitrarietà mostrata dal presidente Trump nel rompere gli accordi.

Come sappiamo, un ulteriore accordo non è ancora stato trovato: nei mesi successivi le tensioni tra Stati Uniti ed Iran non diminuiscono. Anzi, eventi più che recenti ci mostrano la complessità e la criticità degli avvenimenti e dei loro risvolti sulla politica internazionale.

L’accordo sul nucleare iraniano: promessa di una vendetta?

L’Archivio di Storia delle Relazioni Internazionali, dopo aver fornito un quadro introduttivo sulla problematica dei rapporti diplomatici odierni tra USA e Iran, si impegna a trattare nel prossimo articolo dell’evento apice delle continue e progressive tensioni iniziate nel 2018 che avrà in futuro risvolti indiscutibilmente problematici:

partendo dall’attacco all’ambasciata americana a Baghdad il 31 dicembre 2019, l’uccisione di Qasem Soleimani, generale iraniano capo della Forza Quds.

Martina Ratta per Questione Civile

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