Kim Jong-un: il profilo del leader nordcoreano

Chi è Kim Jong-un?

L’Archivio di Storia delle Relazioni Internazionali intende tracciare il profilo di uno dei Capi di Stato più giovani al mondo, figura-chiave nel complesso panorama geopolitico mondiale e guida di uno dei Paesi più dinamici d’Oriente: il leader coreano Kim Jong-un.

Kim Jong-un nasce a Pyongyang, capitale della Corea del Nord l’8 gennaio 1982. Della sua infanzia non si hanno notizie certe: secondo alcune fonti, Kim Jong-un avrebbe studiato in Svizzera, vicino Berna, dal 1993 al 1998; fino al 2000, avrebbe soggiornato a Köniz, nella scuola Liebefeld Steinhölzli, con il nome di “Pak-un” e l’identità del figlio di un impiegato all’ambasciata nordcoreana di Berna.

Figlio erede di Kim Jong-il ma non primogenito, Kim è designato legittimo erede dopo la morte del fratello Kim Jong-nam, avvelenato nel 2017 da due donne vietnamita e indonesiana, probabilmente dei sicari ma non si hanno ancora notizie certe a riguardo.

Kim Jong-un entra ufficialmente nella politica coreana nel 2009, anno in cui è candidato all’Assemblea suprema del popolo, ovvero il parlamento coreano. Il 27 settembre 2010, alla vigilia della conferenza nazionale del Partito del Lavoro, Kim Jong-un viene nominato “daejang” (generale) dell’esercito e il giorno dopo viene eletto membro del comitato centrale del Partito del Lavoro e vicepresidente della relativa commissione militare.

Dopo la morte del padre, Kim Jong-un viene acclamato dai media nordcoreani come il “grande successore della causa rivoluzionaria Juche”, un “eccezionale leader del partito, dell’esercito e del popolo“.

Kim Jong-un alla guida di una dittatura senza fine

Nonostante sul fronte pubblico ufficiale il leader nordcoreano sia acclamato e onorificato, come se la sua persona sia circondata da un alone di rispetto e timore, la realtà appare ben altra: quella di Kim Jong-un è una dittatura socialista, rafforzata dall’appoggio silente del popolo e dell’opinione pubblica, la quale non concede modo di rivolta e opposizione.

Sono, infatti, ben noti nel panorama diplomatico internazionale i casi di violazione dei diritti umani dei quali la Corea del Nord è diretta responsabile: assassini, purghe ed esecuzioni non lasciano scampo agli oppositori politici, tanto è vero che alcuni stessi membri della “famiglia reale”, che hanno un legame di sangue diretto con Kim, hanno trovato la morte a causa del loro tentativo di sovversione.

Kim ha condannato a morte lo zio Chang Sung-taek nel dicembre del 2013 per alto tradimento e per il tentativo di un golpe che egli avrebbe cercato di organizzare. Secondo lo Yonhap News Agency diverse fonti anonime avrebbero testimoniato anche l’esecuzione di tutti i membri della sua famiglia (figli, nipoti e parenti) per eliminare qualsiasi traccia che avesse potuto rimandare a lui. Tali presunte morti comprenderebbero sua sorella Jang Kye-sun, il marito di sua sorella Jon Yong-jin (ambasciatore nordcoreano a Cuba), suo nipote Jang Yong-chol (ambasciatore in Malaysia) e, probabilmente, anche i due figli del nipote.

Le affermazioni dei media nordcoreani

In occasione della rimozione dal potere di Chang Sung-taek, i media nordcoreani affermano che la scoperta e la purga del suo gruppo “contribuiscono a rendere più puri il partito e i ranghi rivoluzionari del paese“. Il 12 dicembre 2013, viene ufficialmente annunciato che l’esercito non avrebbe mai perdonato “coloro che disobbediscono agli ordini del comandante supremo“. Tutto ciò non lascia scampo all’interpretazione e non trova uno spiraglio di speranza in un possibile cambiamento: la Corea del Nord è una dittatura e così rimarrà, a causa dell’impossibilità di ribellione del popolo e degli inefficaci tentativi diplomatici adottati.

Il dialogo tra Corea del Nord e Corea del Sud

Sul piano delle relazioni internazionali, Kim Jong-un è fautore di una politica più aperta e collaborativa con la Corea del Sud, dal 1950 caratterizzata da tensioni e conflitti: infatti, con la guerra di Corea, iniziata nel 1950 con l’invasione della Corea del Nord nella Corea del Sud, i rapporti tra le due nazioni sembravano non trovare mai pace nonostante i numerosi, ma vani, tentativi di pacificazione anche con l’aiuto degli altri paesi mondiali quali gli Stati Uniti.

Uno “scongelamento” dei rapporti arriva nel 2018, con l’intenzione di Kim Jong-un ed il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in di riaprire i rapporti diplomatici in occasione dei Giochi olimpici invernali. Per l’occasione, la Corea del Nord e del Sud hanno marciato insieme nella cerimonia di apertura e hanno schierato una squadra di hockey su ghiaccio femminile unita.

Oltre agli atleti, la Corea del Nord ha inviato una delegazione di alto livello senza precedenti, guidata da Kim Yo-jong, sorella di Kim Jong-un, e dal presidente Kim Yong-nam. La delegazione, inoltre, ha trasmesso un invito al presidente Moon per visitare la Corea del Nord. Dopo le Olimpiadi, le autorità dei due paesi hanno sollevato la possibilità di ospitare insieme i Giochi invernali asiatici del 2021.

Il summit nella Joint Security Area

Il 27 aprile si è poi svolto un summit tra Moon e Kim nella zona sudcoreana della Joint Security Area. Era la prima volta dalla guerra di Corea che un capo nordcoreano entrasse nel territorio sudcoreano. Il capo nordcoreano Kim Jong-un e il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in si sono incontrati sulla linea che divide la Corea.

Il vertice si è concluso con la promessa di impegno da entrambi i paesi per lavorare verso la completa denuclearizzazione della penisola coreana e dichiarare la fine ufficiale della guerra di Corea entro un anno. Nell’ambito della Dichiarazione di Panmunjom, firmata dai capi di entrambi i paesi, entrambe le parti hanno anche chiesto la fine delle attività militari di lunga data nella regione del confine coreano e una riunificazione della Corea. Inoltre, i capi hanno concordato di lavorare insieme per collegare e modernizzare le loro ferrovie.

Il rischio di una guerra nucleare

Sul fronte intercontinentale, i rapporti tra Corea del Nord e Stati Uniti si inaspriscono nel 2002, con la dichiarazione dell’allora presidente americano G. W. Bush secondo cui la Corea del Nord sarebbe uno dei paesi del cosiddetto “asse del Male” a causa dell’impegno coreano nella produzione di armi nucleari già avviata durante la Guerra Fredda, che la renderebbe una possibile fautrice di fenomeni terroristici.

La presidenza Obama, al contrario, non si caratterizza per le minacce mediatiche e rincorsa alla conferenza stampa, ma per sanzioni economiche e presidi militari coordinati da Corea del Sud e Giappone. L’attuale presidente D. J. Trump, invece, si mostra da subito disponibile al dialogo ed al confronto, ma stavolta è la Corea del Nord a non mostrare alcun tipo di apertura diplomatica.

La Corea del Nord, infatti, continua gli esperimenti sul nucleare, arrivando a lanciare, nel luglio 2017, il suo primo missile balistico intercontinentale, lo Hwasong-14. La risposta di Trump è molto dura, dichiarando che, continuando in questo modo, Kim avrebbe dovuto affrontare “fuoco e fiamme come il mondo non ha mai visto“; a queste dichiarazioni, la Nord Corea annuncia che il prossimo test missilistico si sarebbe tenuto vicino al territorio americano di Guam.

Lo storico incontro con il presidente americano D. J. Trump

Il 3 settembre la Nord Corea testa la sua prima bomba a idrogeno, incorrendo in nuove sanzioni e tornando, dopo nove anni, nella lista di Stati “promotori” del terrorismo. Il 28 novembre viene lanciato un nuovo missile, capace di raggiungere gli Stati Uniti, presentato da Kim Jong-un come l’arma che avrebbe posto la sua nazione in una condizione di forza; l’ONU a questo punto reagisce con ulteriori sanzioni.

Ad inizio 2018, Kim Jong-un in un suo discorso annuncia che il programma nucleare è concluso, affermando: “Il pulsante nucleare è sulla mia scrivania“; la risposta di Trump è tempestiva e fulminante: “Anch’io ho un pulsante nucleare sulla mia scrivania, ma il mio è più grande e funziona“.

Nel frattempo, però, i rapporti con la Corea del Sud migliorano sensibilmente, come descritto precedentemente, ed è in questo clima di distensione, ad un soffio dallo scoppio di una guerra nucleare senza precedenti, che arriva il fatidico incontro tra Kim e Trump, il 12 giugno 2018 a Singapore.

L’incontro si conclude con la firma di una Dichiarazione congiunta che impegna entrambi gli Stati su molti ed importanti fronti: stabilire nuove relazioni diplomatiche con l’obiettivo di ottenere pace e prosperità, costruire una situazione di pace stabile e duratura nella penisola coreana, denuclearizzare tutta la penisola coreana, rimpatriare tutti i prigionieri di guerra e i dispersi, oltre che l’impegno americano a proteggere la Corea del Nord in caso di minacce militari.

Kim Jong-un oggi

Le ultime notizie riguardanti il presidente nordcoreano riguardano una certa precarietà delle sue condizioni di salute. Infatti, durante la pandemia mondiale di COVID-19, Kim non appare in pubblico per ben 21 giorni, dall’11 aprile al 1º maggio, mancando anche, per la prima volta, alla commemorazione del nonno presso il Palazzo del Sole di Kumsusan.

Durante questo lasso di tempo sui media viene diffusa una notizia, successivamente smentita, secondo cui sarebbe morto o in fin di vita in seguito ad un intervento d’urgenza al cuore mal riuscito. L’erede al potere più prossima, in caso di morte del leader, sarebbe sua sorella, Kim Yo-jong, primo vicedirettore del dipartimento del Comitato centrale del Partito dei Lavoratori.

Martina Ratta per Questione Civile

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