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I comunisti

I comunisti mangiano i bambini: una leggenda alla base della lotta antisovietica

Da dove nasce la leggenda secondo cui i comunisti mangerebbero i bambini? Soprattutto, perché le popolazioni occidentali durante gli anni della Guerra Fredda ci hanno creduto?

Come hanno fatto gli Stati occidentali, primo tra tutti gli Stati Uniti, a trasformare un mito in un motto di guerra spietata per la liberazione dei popoli dall’ideologia comunista?

L’Archivio di Storia delle Relazioni Internazionali, nell’ottica di riportare alla luce una delle tante fake news adottate in termini di propaganda e slogan politici nel mondo, cercherà di rispondere a tutte queste domande.

 
“Pesce d’Aprile”
-N. 2
Questo è il secondo numero della Rubrica di Rivista dal titolo “Pesce d’Aprile“, che parlerà del concetto di “fake news” in vari ambiti. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Storia Antica e Medievale, Economia, Affari Esteri, Lettere, Scienze Umane, Storia Moderna e Contemporanea, Arte e Cinema

Le origini del mito: l’Affare Nazino

Uno slogan che ha avuto un grandissimo successo, quello dei comunisti che mangiano i bambini. Uno slogan che, però, ha un fondo di verità risalente all’ex Unione Sovietica degli anni ’20 e ’30. In effetti, episodi di cannibalismo nell’ex URSS ci sono stati.

L’isola di Nazino è una piccola striscia di terra situata a circa 800 km a nord dalla città di Tomsk: qui, a partire dal 1933, migliaia di individui definiti “elementi declassati e socialmente nocivi” da parte delle autorità sovietiche vengono deportati con l’obiettivo di verificarne l’attendibilità nei rapporti sociali e, allo stesso tempo, stimolare il popolamento delle aree disabitate della Siberia e del Kazakistan.

Un vero e proprio esperimento sociale, quello architettato dai sovietici, che però non porta ai risultati sperati: a causa dell’assenza di cibo e dei mezzi di sussistenza, si verificano episodi di cannibalismo tra i deportati che vengono lasciati soli dalle autorità dal giorno stesso dello sbarco.

Insomma, l’isola di Nazino (o “isola dei cannibali”, come verrà definita dalla stampa dopo la scoperta di quanto accaduto) diviene un cimitero a cielo aperto, palcoscenico della depravazione umana e dell’assenza totale di civiltà.

I comunisti mangiano i bambini, i bambini mangiano i comunisti

A spingere al cannibalismo, in realtà, non è il comunismo, ma la fame e la disperazione di quegli anni: negli anni delle due guerre mondiali, non sono solo i russi ad essere protagonisti di episodi di cannibalismo, ma anche gli italiani, i tedeschi.

Tuttavia, la propaganda anticomunista, a partire dagli anni ’50, cioè agli inizi della Guerra Fredda, opera un vero e proprio riadattamento di senso delle vicende (non soltanto, però, sull’episodio del cannibalismo nell’URSS), così da rendere quello del cannibalismo uno slogan politico per la lotta e la distruzione del regime comunista.

I comunisti mangiano i bambini, e dunque sono delle bestie che l’occidente deve combattere e sconfiggere ai fini della pace e della giustizia universale.

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I bambini siciliani furono rapiti dai sovietici?

Comunista diventa sinonimo di cannibale attraverso molteplici false notizie trasmesse ai popoli come vere.

Una delle fake news riguarda proprio il modo in cui la notizia del cannibalismo comunista arriva in Italia: il 24 dicembre 1943, a poche settimane dallo sbarco degli alleati in Sicilia, la stampa della Repubblica Sociale afferma che i russi abbiano iniziato a deportare i bambini italiani in Unione Sovietica, per educarli all’ideologia comunista e, alla fine, renderli delle cavie.

«Sta per partire dal porto di Siracusa il primo scaglione di bimbi italiani dai 4 ai 15 anni, prelevati dalle terre invase e destinati ai cosiddetti istituti di educazione della Russia senza Dio».

Come possiamo ben comprendere con gli occhi dell’oggi, la notizia è assolutamente falsa, una vera fake news dell’epoca, perché i russi non hanno mai messo piede sul suolo italiano durante la guerra, eppure all’epoca gli italiani ci credono.

Molti personaggi di spicco, dal panorama filosofico e politico, mostrano indignazione per l’accaduto, tra cui Giovanni Gentile che scrive un articolo sulla deportazione dei bambini in Russia, “Il ratto dei bambini siciliani”.

i comunisti

La scelta del giorno per l’uscita della notizia non è affatto casuale: il 24 dicembre è la vigilia di Natale, a poche ore dalla nascita del figlio della Vergine Maria.

In un paese cattolico come l’Italia, leggere una notizia come quella dei bambini siciliani deportati per essere uccisi fa sì che si inneschino nei lettori forte turbamento ed emozioni forti, soprattutto in tutti quei padri soldati che sono lontani dai propri figli e leggono il giornale dal fronte.

Insomma, la notizia serve a creare terrore, disgusto, paura, un incubo da tenere il più possibile lontano. Ed in effetti, la notizia sortisce proprio questo effetto.

Il silenzio dei comunisti

Il successo dello slogan “i comunisti mangiano i bambini” è dovuto, paradossalmente, alla sua possibile veridicità.

Gli anni ’30 e ’40 sono per l’URSS gli anni di Stalin, dei gulag, della deportazione, della guerra, dei lavori forzati, della fame e della dittatura.

Per questo motivo, non è affatto difficile per l’opinione pubblica del tempo assimilare la notizia del cannibalismo comunista come vera, credere che davvero i comunisti mangino i bambini e siano capaci di tali atrocità.

Inoltre, la veridicità del caso è stata possibile anche dalla scelta del silenzio dei partiti comunisti e dei propri leader, dalla mancanza di smentita da parte dei comunisti stessi.

Qualcuno era democristiano perché i comunisti mangiavano i bambini” (Giorgio Gaber)

L’uso politico del mito

Fin dove si può arrivare alla storpiatura e strumentalizzazione politica di eventi realmente accaduti?

La strategia retorica, quella dell’orco comunista che mangia il suo popolo, in particolare i soggetti più deboli ed innocenti, rende l’Unione Sovietica agli occhi del mondo un mostro abominevole che, se lasciato libero di agire e di espandersi, arriverebbe ad essere un pericolo per le case di tutti, indistintamente.

E l’America, il paese “portatore di pace” per eccellenza (nel senso più satirico possibile della frase), non lo può permettere.

C’è chi definisce la Guerra Fredda “la massima fiction dell’epoca”. Il luogo comune la fa da padrona.

Gli slogan politici nella cultura popolare

In estrema sintesi, l’obiettivo propagandistico è quello di presentare un’immagine positiva ed edulcorata del proprio Paese e mettere in cattiva luce il diretto avversario agli occhi del mondo.

Dalla fine della seconda guerra mondiale, la musica, i film, i libri e i media offrono moltissimi esempi di luoghi comuni, in cui il popolo è chiamato ad identificarsi.

Ripercorrendo i fatti, però, l’obiettivo di sporcare, agli occhi dell’opinione pubblica, l’immagine dell’Unione Sovietica ha solo un obiettivo: giustificare le azioni militari contro l’URSS ed ottenere consenso ed approvazione da parte della popolazione occidentale.

Si fa la guerra in nome della pace, si uccide in nome dei diritti e della democrazia. E per farlo, anche le fake news ricoprono un importante ruolo nel controllo dell’opinione pubblica di massa.

I comunisti mangiano i bambini: il mito oggi

Sebbene il mito secondo cui i comunisti mangiano i bambini sia del tutto falso, basato su una ricostruzione infondata di fatti storici, esso esiste ancora nella cultura popolare di oggi.

Sono molti gli episodi in cui uomini politici scherzano sui comunisti che mangiano i bambini, durante interviste o comizi in pubblica piazza.

È proprio questo il paradosso della fake news: essa resiste alla verità, alla smentita, grazie alla sua straordinaria capacità di aggrapparsi al mito e al luogo comune.

Nel mondo di oggi, per di più, ritrovarsi a contatto con le fake news è un rischio all’ordine del giorno, proprio perché basta un click ed è possibile accedere ai contenuti di qualsiasi piattaforma di informazione, anche se non ufficiale.

Non solo: molte volte, sono i canali ufficiali stessi a decidere di pubblicare in rete notizie false, con l’unico obiettivo di manipolare i lettori, le proprie opinioni e le proprie scelte.

Non è un caso che ciò avvenga a ridosso di importanti eventi, come le elezioni, le campagne politiche, ovvero eventi in cui è importante l’opinione (o il voto) del cittadino consapevole ed informato.

Ma allora, siamo realmente liberi quando esercitiamo i nostri diritti?

Martina Ratta per Questione Civile

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