Olimpiadi: la storia delle prime in epoca moderna

Olimpiadi

Le prime Olimpiadi dell’epoca moderna: Atene 1896

Con questo articolo, l’Archivio di Sport e Salute inaugura la sua prima Rubrica Archivistica, partendo dalla storia delle prime Olimpiadi dell’epoca moderna

“Storia delle Olimpiadi moderne”

-N. 1

Questo è il primo numero della Rubrica di Area dal titolo “Storia delle Olimpiadi moderne”, appartenente alla Macroarea di Salute e Gastronomia

La prima Olimpiade: l’idea di Pierre de Coubertin

Era il 25 novembre 1892 e da pochi anni si era conclusa la guerra Franco-Prussiana quando Pierre de Frédy, barone di Coubertin (1863-1937), avanzò la proposta di organizzare un evento su scala internazionale.

Atleti provenienti da ogni parte del mondo avrebbero avuto la possibilità di dimostrare la supremazia della propria patria sfidandosi in una serie di competizioni sportive. Con questa idea, de Coubertin perseguì con successo il rilancio dei Giochi olimpici, rimasti indisputati per oltre 15 secoli, ovvero da quando l’imperatore Teodosio (347-395) li proibì nel 393 d.C.

Nel giugno del 1894 si tenne così il primo congresso olimpico e venne istituito il CIO (Comitato Olimpico Internazionale), la cui presidenza fu affidata al greco Demétrios Vikélas (1835-1908).

Lo scopo del comitato olimpico fu quello di organizzare e regolamentare la messa in atto dell’evento sportivo.

La decisione del CIO per le Olimpiadi

Il CIO scelse per le Olimpiadi moderne un simbolo che per più di 100 anni è rimasto invariato: 5 anelli di colori diversi concatenati fra loro che rappresentano i continenti uniti dall’olimpismo.

Nella stesura del regolamento, il CIO decise che soltanto gli sportivi dilettanti avrebbero potuto prendere parte ai giochi. La partecipazione venne in ogni caso preclusa alle donne, che dovettero attendere le Olimpiadi del 1936 per vedersi riconosciuto il diritto di partecipare alle gare sportive in qualità di atlete.

Nonostante l’idea originale di de Coubertin fosse quella di disputare i giochi nel 1900 a Parigi (il barone sperava di far coincidere l’evento con l’”Exposition Universelle”), il neoformato comitato olimpico ritenne opportuno anticipare la data al 1896. Esso, inoltre, scelse di riservare ad Atene l’onore di ospitare i primi giochi olimpici dell’era moderna. Nello specifico, la maggior parte delle gare furono disputate all’interno dello stadio Panathinaiko, restaurato per l’occasione da un ricco benefattore che accolse con entusiasmo l’iniziativa.

Per sottolineare la natura internazionale dell’evento, il CIO deliberò che ogni quattro anni i giochi si sarebbero tenuti in una nazione diversa.

Accoglienza dei giochi e controversie

Nonostante a rispondere alla chiamata dei giochi olimpici ci furono 285 atleti provenienti da 14 nazioni diverse, le rappresentanze straniere furono una stretta minoranza.

Dei quasi 300 atleti che raccolsero il guanto di sfida, circa 200 erano greci. Un’ulteriore controversia riguardò il principio del dilettantismo imposto dal CIO, per il quale molte delle nazioni ospiti non poterono fare affidamento sui propri atleti migliori.

Le prime Olimpiadi

«Dichiaro aperti i primi Giochi olimpici internazionali di Atene. Lunga vita alla Nazione, lunga vita al popolo greco.»

Re Giorgio I di Grecia

Il 6 aprile 1896 venne fatta la storia: 80.000 persone si raccolsero allo stadio Panathinaiko, dove re Giorgio I di Grecia (1845-1913) tenne la cerimonia di inaugurazione delle prime Olimpiadi della storia moderna, dando inizio a una tradizione che dura ancora oggi.

Nel corso di 9 giornate, atleti giunti da tutto il mondo si sfidarono in 43 competizioni attinenti a 9 diverse discipline sportive: atletica, nuoto, ciclismo, tennis, lotta, sollevamento pesi, ginnastica, tiro a segno e scherma.

Nel programma originale erano in realtà previsti anche altri sport, che però, per una serie di motivi non vennero inclusi nel prospetto delle gare.
Il canottaggio e la vela, per esempio, facevano inizialmente parte del calendario olimpico, ma a causa del mal tempo si ritenne inopportuno lo svolgimento di qualsiasi competizione in mare.

Diversi sport di squadra, tra cui il calcio e il rugby, non furono invece presi in considerazione. Questo perché nella maggior parte dei casi questi erano praticati a livello professionistico, dimostrandosi quindi incompatibili con il principio di dilettantismo imposto dal regolamento.

Venne fatta un’eccezione per il cricket, che non riuscì però a cogliere la palla al balzo. Esso perse per sempre l’onore di diventare una disciplina olimpica: l’assenza di partecipanti ne decretò infatti l’inevitabile esclusione dai giochi.

La grande novità dei giochi olimpici: la maratona

Pierre de Coubertin decise di dedicare alla patria degli antichi giochi olimpici un ulteriore omaggio. Su consiglio dell’amico Michel Bréal (1832-1915), filologo della Sorbona, propose di includere nel programma delle competizioni una gara che ricordasse la leggendaria impresa del greco Filippide (VI secolo a.C. – 490 a.C.) che morì di stenti dopo aver corso ininterrottamente 225 km per annunciare la vittoria dei greci sui persiani.

Fu così che, il 10 aprile 1896, 17 atleti (per la maggior parte greci) lasciarono Maratona e si diressero verso lo stadio Panathinaiko di Atene.

I pochi stranieri che parteciparono alla competizione ebbero decisamente la peggio. Al contrario dei greci, essi non ebbero mai modo di allenarsi su distanze così lunghe, e pagarono lo scotto per la loro inesperienza. Dopo 20 km pare infatti che la maggior parte degli atleti (tra cui anche molti greci) si fosse già ritirata.

A trionfare fu il greco Spiridon Louis, che al suo arrivo allo stadio Panathinaiko fu accolto dal travolgente entusiasmo dei suoi connazionali. Le cronache raccontano che gli stessi membri della famiglia reale scesero in pista per accompagnarlo al traguardo.

Questa vittoria fece di Louis un eroe nazionale, il cui nome resterà per sempre inciso nella storia delle olimpiadi.

I campioni di Atene

Com’era prevedibile, in virtù della netta maggioranza numerica, gli atleti che si aggiudicarono il maggior numero di medaglie furono i greci.

L’atleta ellenico più acclamato fu Spiridon Louis, il vincitore della prima moderna maratona.

Gli americani, a dispetto del loro secondo posto in classifica in quanto a numero di medaglie ottenute, sbaragliarono la concorrenza in termini di ori conquistati. Questo fatto risulta ancora più clamoroso se pensiamo che gli Stati Uniti si presentarono alle Olimpiadi essenzialmente con un gruppo di studenti e non con una vera e propria delegazione di atleti.

Gli statunitensi dominarono in gran parte delle specialità dell’atletica leggera:

Thomas Burke, James Connolly, Robert Garrett, William Hoyt e Thomas Curtis prevalserorispettivamente nei 100 e 400m, nel salto in lungo, nel lancio del disco, nel salto con l’asta e infine nei 110 m a ostacoli.

Al terzo posto della classifica troviamo la Germania con il mitico Carl Schuhmann, l’atleta che vinse il maggior numero di ori in tutta questa prima edizione delle olimpiadi moderne.

Schuhmann si dimostrò inarrestabile nella ginnastica (in particolare nella trave e nelle parallele) e nella lotta greco romana.  

I francesi Paul Masson e Leon Flameng furono le stelle del ciclismo, conquistando complessivamente 4 ori su 5. Mentre l’ungherese Alfred Hios, soprannominato “Il delfino d’Ungheria”, ottenne ottimi risultati nel nuoto.

L’Italia ad Atene: la storia di Carlo Airoldi

Carlo Airoldi nacque nel 1869 a Origgio in una famiglia di contadini.

Nonostante il suo fisico tarchiato ricordasse quello dei sollevatori di pesi (1.60 m di altezza per quasi 80 kg di peso), Airoldi si innamorò della corsa a piedi e partecipò a numerosi eventi sportivi, alcuni dei quali a livello internazionale, guadagnandosi una certa fama come podista.

Un interessante aneddoto riguardante la sua carriera sportiva allude alla “Milano-Barcellona” a cui partecipò nel 1895.

30 corridori presero parte alla sfida, ma solo 2 di questi arrivarono alle porte di Barcellona. Airoldi e il marsigliese Louis Ortègue, il quale, stremato, si accasciò a terra in preda ai crampi a un chilometro dall’arrivo.

Airoldi, che non voleva vincere per l’infortunio del suo avversario, raggiunse il marsigliese, se lo caricò sulle spalle, e lo accompagnò a tagliare il traguardo. Come premio per la vittoria, Airoldi ricevette un modesto compenso in denaro, che usò per pagarsi il viaggio di ritorno in treno.

Fu proprio leggendo un giornale durante il viaggio che Carlo scoprì della rinascita delle Olimpiadi ad Atene previste per l’anno seguente. In particolare, lesse dell’introduzione di una nuova gara appositamente per l’occasione: la maratona. Decise che doveva parteciparvi.

Il vincitore senza medaglia

Il 28 febbraio 1896 Carlo Airoldi partì a piedi da Milano per raggiungere Atene seguendo un itinerario di 2000 km fatto di strade tortuose, condizioni climatiche sfavorevoli e innumerevoli pericoli. Il più grande ostacolo fu però rappresentato dalla mancanza di denaro. Non essendo un professionista, Airoldi non poteva contare su alcun mezzo di sostentamento, e così scese a patti con la redazione del giornale periodico “La Bicicletta”: l’atleta avrebbe documentato il suo viaggio, e in cambio il giornale lo avrebbe retribuito con quanto bastava per coprire le spese essenziali.

Con una media di circa 70 km al giorno, percorsi camminando e correndo, Carlo Airoldi giunse ad Atene il 2 aprile. Era l’unico italiano.

Quando si presentò al comitato di accoglienza con l’intento di iscriversi alla maratona, la notizia della sua incredibile impresa era sulla bocca di tutti e a detta di molti sembrava avere ottime probabilità di trionfare nella competizione.

Sfortunatamente, le speranze di Airoldi, così come quelle di tutti gli italiani che avrebbero voluto vantare la presenza di un connazionale a competere alle Olimpiadi, si spensero quando il comitato di accoglienza gli negò la possibilità di partecipare alla gara a causa del compenso in denaro ricevuto alla “Milano-Marsiglia” del 1895. Secondo i criteri decisi dal CIO, tale compenso faceva di lui un professionista.

Affranto ma inflessibile, Carlo Airoldi tornò in patria, dove si prese una silenziosa rivincita: corse una maratona in 2 ore e 44 minuti, battendo il record del campione Spirdon Louis di 2 ore e 59 minuti.

Marco Manzoni per Questione Civile

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