Fascite plantare: il dolore al piede dell’atleta

Fascite plantare

Descrizione, valutazione e ragionamento alla più frequente sindrome dolorosa la piede dell’atleta: la fascite plantare

La fascite plantare è la causa più comune di dolore e infortunio alla pianta del piede. I dati epidemiologici rivelano che il disturbo colpisce il 10% della popolazione, con un’incidenza particolarmente elevata (fino all’80%) negli sportivi di età compresa tra i 25 e i 65 anni.

Nel seguente articolo sarà spiegata l’anatomia della fascia plantare, verranno analizzati i fattori che possono portare all’insorgenza della fascite plantare e saranno proposti degli spunti di ragionamento per una corretta gestione della problematica.

Anatomia e funzioni della fascia plantare

La fascia plantare si presenta come una robusta banda di tessuto connettivo fibroso che si estende dal calcagno alla base delle falangi, ricoprendo tutta la base del piede.

Essa si suddivide in due strati: la fascia plantare superficiale e la fascia plantare profonda.

La fascia superficiale è localizzata immediatamente sotto lo strato sottocutaneo e ricopre i muscoli plantari, mentre La fascia profonda si distende sulle ossa metatarsali e sui muscoli interossei plantari.

Nel suo insieme, la fascia plantare assolve numerose funzioni, tra le quali proteggere le strutture vascolari e nervose profonde, sostenere l’arco plantare, consente di distribuire il peso corporeo in maniera adeguata e ammortizza le sollecitazioni e le tensioni che si scaricano sul piede.

La fascia plantare è molto sollecitata in attività come la deambulazione, la corsa e il salto. Una fascia sana è normalmente in grado di sopportare bene i sovraccarichi, ma quando gli sforzi oltrepassano la soglia di carico dei tessuti di cui essa è composta si può incorrere nella nota sindrome dolorosa della fascite plantare.

Fascite plantare: una condizione degenerativa

La fascite plantare si manifesta con un insieme di sintomi dolorosi localizzati sulla pianta del piede. Solitamente il dolore è unilaterale (riguarda un solo piede) e viene inizialmente riferito nella parte inferiore del tallone con la possibilità di estendersi fino all’avampiede. 

I sintomi si acutizzano dopo un periodo di inattività prolungata (tipicamente al mattino dopo il sonno notturno) o a seguito di attività fuori dall’ordinario che stressano la pianta del piede come la corsa o salti ripetuti.

 Il termine “fascite” sembra però non inquadrare correttamente la problematica dal momento che suggerisce uno starter infiammatorio della disfunzione. La letteratura scientifica non è attualmente concorde nell’accettare questa versione.

La fascite plantare manifesta piuttosto le caratteristiche di una sindrome degnererativa da sovraccarico: il dolore sostanzialmente deriva da uno squilibrio funzionale tra quanto la fascia è in grado di sopportare il carico di lavoro e quanto effettivamente viene stimolata. L’infiammazione può quindi essere una conseguenza dell’ipersollecitazione della fascia plantare, ma non è alla base del disturbo.

Eziologia della fascite plantare: fattori intriseci e fattori estrinseci

Come per molti altri disturbi muscoloscheletrici di carattere degenerativo, l’insorgenza della fascite plantare è strettamente correlata alle interazioni tra i fattori intrinseci che interessano l’atleta stesso e i fattori estrinseci, che riguardano l’ambiente che lo circonda.

Una caratteristica intrinseca dell’atleta che influenza l’insorgenza della fascite plantare è sicuramente l’elevato indice di massa corporea. Rilevazioni statistiche mostrano che il 70% dei soggetti affetti da fascite plantare sono in sovrappeso. Questo dato risulta particolarmente intuitivo se ci si sofferma a ragionare sulla funzione della fascia plantare: essa distribuisce il peso corporeo sul piede e ammortizza le sollecitazioni a cui esso viene sottoposto tanto durante l’attività sportiva quanto nel corso delle semplici attività della vita quotidiana. Un eccesso di carico causato dall’aumento ponderale sovraccarica la fascia plantare durante tutte le attività, favorendo i processi degenerativi.

Le deformazioni congenite del piede sono l’altro grande fattore intrinseco che predispone l’insorgenza della fascite plantare. Avere un piede eccessivamente pronato o supinato o un arco plantare più alto della media altera la fisiologica distribuzione dei carichi sulla pianta del piede, ponendo sotto eccessivo stress determinate strutture dalle quali può avere inizio la degenerazione.

Per quanto invece riguarda i fattori estrinseci che condizionano l’incidenza della fascite plantare, si considerano rilevanti tutte le modificazioni delle abitudini di vita che inducono il sovraccarico delle strutture della fascia: cambiare occupazione lavorativa, iniziare un nuovo sport, aumentare i carichi allenanti in maniera improvvisa senza per altro assicurarsi un efficace recupero mette a dura prova la capacità di carico dei tessuti, i quali talvolta non sono in grado di adattarsi efficacemente alle sollecitazioni. 

Valutazione dell’atleta affetto da fascite plantare

La valutazione dell’atleta che riporta sintomi sospetti localizzati sulla pianta del piede inizia con la raccolta anamnestica: informarsi sullo stile di vita e l’attività sportiva praticata, raccogliere informazioni circa infortuni pregressi e approfondire in maniera dettagliata la sintomatologia dolorosa consente al clinico di creare un collegamento tra segni evidenti e fattori causali.

Una volta registrate le informazioni anamnestiche rilevanti, si prosegue con l’esame obbiettivo:

un buon punto di partenza è l’osservazione del distretto interessato per identificare eventuali deformazioni del piede le quali, come abbiamo già definito, possono comportare una distribuzione anomala dei carichi sulla superficie plantare.

Quello che ci si aspetta dalla palpazione invece sarà l’evocazione di sintomi familiari al paziente durante la stimolazione dell’origine della fascia in prossimità del calcagno e sul margine mediale della pianta del piede.

I sintomi solitamente si accentuano durante la flessione dorsale di caviglia e la concomitante flessione dorsale delle dita: si tratta di movimenti che stirano la fascia plantare e che possono di conseguenza innescare una certa reazione tissutale. 

Gli atleti che soffrono di fascite plantare non di rado manifestano anche una retrazione dei muscoli che compongono il compartimento posteriore della gamba l’accorciamento del tricipite della sura traziona posteriormente il calcagno aumentando di conseguenza la tensione sulla fascia plantare. 

A supporto della valutazione clinica dei segni e dei sintomi, si possono prescrivere all’atleta degli esami strumentali per escludere altre condizioni patologiche che si manifestano con dolore localizzato presso la pianta del piede.

Trattamento e return to sport

Curare la fascite plantare ricorrendo a farmaci antinfiammatori, massaggi e riposo potrebbe rivelarsi una strategia scarsamente efficace. 

Abbiamo già avuto modo di analizzare come il termine “fascite” sia improprio poiché non abbiamo realmente a che fare con un’infiammazione. Assumere FANS può di conseguenza dare sollievo dal dolore, ma non cura la reale causa del problema.

l’eccessiva enfasi che invece viene attribuita a lavori di rilascio miofasciale attraverso massaggi eseguiti anche con l’ausilio di strumenti che creano pressione con la finalità di rompere le aderenze fibrose formatesi durante i processi degenerativi si rivela anch’essa una pratica scarsamente produttiva: Sembra infatti che le strutture profonde della fascia plantare siano scarsamente condizionabili dall’applicazione di forze di così bassa entità.

Bisogna avere chiaro che quella che si sta approcciando è una disfunzione da sovraccarico. Da questo punto di vista, si capisce come nemmeno il riposo totale è realmente utile all’atleta. Questo approccio, che può avere senso nelle problematiche infiammatorie acute, è scarsamente efficace nelle patologie degenerative.

La sedentarietà rischia di decondizionare ulteriormente le strutture che formano la fascia plantare, riducendone ulteriormente la capacità di carico e aumentando il rischio di recidive anche a seguito di attività banali come una semplice passeggiata.

Ciò che è realmente determinante ai fini della guarigione è innanzitutto individuare le attività che provocano dolore al piede al fine di rimodularle e somministrarle gradualmente affinché esse siano tollerabili. 

Selezionare quindi esercizi di rinforzo per la fascia plantare seguendo i principi dell’esposizione graduale allo sforzo e del sovraccarico progressivo, il tutto associato magari a esercizi propriocettivi, consente di aumentare efficacemente la capacità di carico della fascia. (Huffer et al., 2017; Kamonseki et al., 2014)

Mantenere una certa quota di attività fisica rallenta il decondizionamento al carico e favorisce un rientro precoce e più sicuro all’attività sportiva.

Marco Manzoni per Questione Civile

Bibliografia e sitografia

S.Brent Brotzman, Robert C. Manske, P. Pillastrini: “La riabilitazione in ortopedia”, Edra Masson editore, 2014;

A.Ferrario, G.B. Monti, G.P. Jelmoni: “Traumatologia dello sport. Clinica e terapia”, Edi.Ermes editore, 2005.

Huffer, D., Hing, W., Newton, R., & Clair, M. (2017). Strength training for plantar fasciitis and the intrinsic foot musculature: A systematic review. Physical Therapy in Sport : Official Journal of the Association of Chartered Physiotherapists in Sports Medicine, 24, 44–52. https://doi.org/10.1016/J.PTSP.2016.08.008

Kamonseki, D. H., Gonçalves, G. A., Yi, L. C., & Júnior, I. L. (2014). Effect of stretching with and without muscle strengthening exercises for the foot and hip in patients with plantar fasciitis: A randomized controlled single-blind clinical trial. Manual Therapy, 23, 76–82. https://doi.org/10.1016/j.math.2015.10.006

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