La Pliometria: un interessante strumento per allenare la potenza e la forza esplosiva
La pliometria, anche conosciuta come “metodo d’urto” o “allenamento shock”, è una particolare tipologia di allenamento che sfrutta le proprietà contrattili ed elastiche del muscolo scheletrico. L’allenamento pliometrico prevede l’esecuzione di gesti come balzi, scatti e slanci per migliorare la potenza e la forza esplosiva dell’atleta.
Nel seguente articolo saranno analizzate le basi fisiologiche che supportano l’allenamento pliometrico e le caratteristiche dello stesso, e verranno fornite alcune indicazioni per la programmazione di una seduta di allenamento d’urto.
Le origini della Pliometria
La metodica d’urto nacque negli anni 50’ dalla mente del preparatore russo Yuri Verkhoshansky a seguito di un ragionamento sulle proprietà meccaniche dei muscoli. Tra queste vi è in primis la contrattilità: le fibre muscolari accorciandosi avvicinano rispettivamente l’origine e l’inserzione del muscolo stesso determinando lo spostamento dei segmenti ossei nello spazio.
La disposizione delle fibre muscolari, l’orientamento dei tendini e la presenza di componenti viscose conferiscono però al muscolo scheletrico un’altra importante qualità: l’elasticità. Le componenti visco elastiche dei muscoli sono infatti in grado di tendersi durante i movimenti e di ritornare alla loro lunghezza originale grazie alla tensione elastica che si sviluppa durante lo stiramento.
Sulla base di questo principio, Verkhoshansky ideò la pliometria sfruttando le proprietà elastiche e contrattili dei muscoli per generare contrazioni muscolari più forti ed efficienti.
La fisiologia dietro la pliometria: lo “stretch shortening cycle”
Esistono tre tipi di contrazione muscolare: la contrazione concentrica, la contrazione eccentrica e la contrazione isometrica.
Le prime due prevedono lo spostamento di segmenti ossei a seguito di un cambiamento della lunghezza del ventre muscolare, il quale sviluppa tensione allungandosi nella contrazione eccentrica e accorciandosi nella concentrica.
La contrazione isometrica prevede invece l’erogazione di forza senza che vi siano alterazioni di lunghezza del muscolo.
L’allenamento pliometrico combina le diverse contrazioni muscolari attraverso lo “stretch-shortening-cycle” per massimizzare la produzione di forza in tempi brevi.
La fisiologia muscolare insegna, infatti, che le componenti viscoelastiche del muscolo sono in grado di accumulare energia elastica durante il loro allungamento. Questa energia verrà poi restituita durante la fase concentrica di accorciamento.
La pliometria fa suo questo principio e propone l’esecuzione di rapide contrazioni concentriche che si susseguono in tempi brevissimi a fasi eccentriche nelle quali si è accumulata energia elastica.
Ogni esercizio pliometrico si configura quindi in tre fasi: una prima fase eccentrica di precaricamento a cui segue una fase di ammortizzazione e infine una fase concentrica di “unloading” in cui si genera un movimento molto rapido.
La fase intermedia di ammortizzazione dovrebbe essere il più breve possibile per sfruttare al meglio gli effetti del ciclo “allungamento-accorciamento”.
Questi presupposti fanno della pliometria una metodica d’elezione per tutti gli sportivi che eseguono abitualmente attività di salto, accelerazione e cambio di direzione e in generale per tutti gli atleti che necessitano di sviluppare una buona componente esplosiva.
Depth jump e drop jump: gli esercizi pliometrici originali
L’allenamento pliometrico originale prevedeva l’esecuzione di due soli esercizi: il “depht jump” ed il “drop jump”. Entrambi i movimenti sfruttano il principio dello “stretch shortening cycle” e si configurano intorno alle fasi di allungamento, ammortizzazione e unloading.
I due esercizi hanno però finalità diverse, come si evince dall’impostazione degli stessi:
Il depht jump è il metodo shock per eccellenza: l’atleta si posiziona su un rialzo di altezza compresa tra i 75 e i 110cm, si lascia cadere verso il suolo e, dopo una breve fase di ammortizzazione, deve eseguire un salto verticale ricercando la maggiore elevazione possibile. Si assiste quindi ad un rapido ciclo di allungamento e accorciamento che coinvolge principalmente il tendine d’achille. Lo sforzo ricercato è massimale, ciò significa che tra una serie allenante e l’altra è necessario un recupero completo.
il drop jump è invece un esercizio submassimale: si utilizzano box di altezza inferiore rispetto al depht jump e i tempi di contatto al suolo sono inferiori. Il focus dell’esercizio è interamente indirizzato all’assorbimento delle forze in gioco e quindi sulla fase eccentrica.
Come approcciare l’allenamento pliometrico?
L’allenamento pliometrico è stato per molti anni accessibile unicamente agli atleti d’élite: a causa degli elevati stress che gli esercizi pliometrici generano sulle strutture osteoarticolari, l’esecuzione è sconsigliata a tutti gli atleti neofiti che non presentano prerequisiti quali: buona flessibilità, forza e resistenza del core, buon livello di coordinazione e discreta forza massimale.
Per i principianti si consiglia di ricorrere ad esercizi propedeutici come lo squat jump ed il box jump: essi consentono di allenare i muscoli ad assorbire forze sempre maggiori garantendo un rischio di infortunio ridotto.
Il focus per un principiante dovrebbe essere (oltre al rinforzo) quello di curare la qualità del gesto: per questo motivo può essere utile dedicare maggiore enfasi alla fase di stabilizzazione dopo l’atterraggio per allenare i muscoli e le articolazioni ad assorbire gli urti. Gli esercizi possono poi essere eseguiti in maniera più rapida e ripetitiva per sfruttare al meglio il ciclo di allungamento-accorciamento del muscolo ed esprimere più forza possibile.
Atleti più avanzati possono sovraccaricare gli esercizi con dei pesi o utilizzare box di altezze maggiori, oppure ancora ricorrere ad attività più complesse come i depht jumps o i drop jumps.
Essendo a tutti gli effetti una metodica d’intensità, l’allenamento pliometrico deve essere accuratamente dosato all’interno della preparazione atletica dello sportivo.
Viene proposto per massimo 2-3 volte a settimana per non più di 3-4 settimane consecutive a causa dell’elevato stress che produce sui tessuti.
Nella singola seduta si consiglia di effettuare dai 25 ai 50 contatti al suolo, facendo particolare attenzione al recupero, soprattutto quando si eseguono esercizi massimali come il depht jump.
Si consiglia inoltre di evitare lo stretching prima e dopo l’allenamento, poiché esso agisce sull’estensibilità del muscolo: un muscolo esteso e poco elastico non è in grado di restituire forza durante la fase concentrica.
Conclusioni
L’allenamento pliometrico ha effetti positivi sulla prestazione degli atleti agendo tanto sull’apparato muscoloscheletrico quanto sul sistema neuro-muscolare. È quindi sicuramente utile a tutti quegli sportivi che vogliono migliorare la propria performance sportiva.
La pliometria ha un elevato transfer nell’incrementare la qualità del movimento, lo scatto, il cambio di direzione, l’agilità, il salto in alto e lo sprint. Si tratta di qualità trasversali a discipline sportive anche molto diverse tra loro.
Allenare il muscolo ad erogare forza a seguito di cicli di allungamento e accorciamento e condizionare i tessuti ad assorbire forze elevate è utile a livello preventivo e trova terreno fertile anche nel recupero e nella riatletizazione a seguito di infortunio.
Si tratta tuttavia di una metodica avanzata, non adatta ai principianti per i quali esistono esercitazioni propedeutiche che consentono di approcciare la pliometria in modo sicuro e graduale. Un buon allenatore dovrebbe quindi essere in grado innanzitutto di valutare l’atleta che ha davanti, capire quale sia il suo livello funzionale e definire l’allenamento che meglio si adatta alle sue esigenze e alle sue finalità.
Alla luce di queste premesse, l’allenamento pliometrico si integra efficacemente alla preparazione atletica di qualsiasi sportivo.
Marco Manzoni per Questione Civile
Bibliografia e Sitografia:
- Yuri Verkhoshansky, “Supertraining” 6º edizione, 2009;
- Yuri Verkhoshansky, “shock method and plyometrics, updates and in-depht examination”,
- Davies, G., Riemann, B. L., & Manske, R. (2015). CURRENT CONCEPTS OF PLYOMETRIC EXERCISE. International Journal of Sports Physical Therapy, 10(6), 760. /pmc/articles/PMC4637913/
- Peitz, M., Behringer, M., & Granacher, U. (2018). A systematic review on the effects of resistance and plyometric training on physical fitness in youth- What do comparative studies tell us? PLoS ONE, 13(10). https://doi.org/10.1371/JOURNAL.PONE.0205525
- van Roie, E., Walker, S., van Driessche, S., Delabastita, T., Vanwanseele, B., & Delecluse, C. (2020). An age-adapted plyometric exercise program improves dynamic strength, jump performance and functional capacity in older men either similarly or more than traditional resistance training. PLoS ONE, 15(8). https://doi.org/10.1371/JOURNAL.PONE.0237921