Congiura di Catilina: si manifesta l’incubo di Roma

Congiura di Catilina

Congiura di Catilina: la Repubblica Romana trema

Pensando alla Congiura di Catilina, non si può non pensare a «Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?». È con queste parole che Marco Tullio Cicerone tuonò contro Catilina al Senato di Roma l’8 novembre del 63 a.C. Il defensor patriae si scagliò con rabbia contro Catilina poiché egli aveva tentato di rovesciare la Repubblica con un colpo di stato.

Ma come si arrivò a tutto questo? Lo scopriremo in questo breve articolo all’interno della Congiura di Catilina, che preparerà il terreno agli articoli su Marco Tullio Cicerone che usciranno nei prossimi mesi su Questione Civile – XXI.

Congiura di Catilina: le origini e gli esordi in politica di Lucius

Lucius Sergius Catilina nacque a Roma nel 108 a.C. da una famiglia (quella dei Sergii) un tempo appartenente alla nobiltà romana ma che, quando Lucius venne al mondo, era decaduta perdendo ogni rilevanza politica. Virgilio, l’autore dell’Eneide, fece risalire le origini dei Sergii ai tempi dell’arrivo di Enea in Italia, legando quindi a doppio filo la famiglia di Catilina alle origini di Roma

Silla motore del cambiamento

Nel 88 a.C., Catilina conobbe Lucio Cornelio Silla (Dittatore tra l’82 ed il 79 a.C.) che, in quell’anno, ricopriva il consolato. Partito con lui per combattere nella Prima Guerra Mitridatica (che prendeva il nome da Mitridate, Re del Ponto), Catilina rientrò a Roma profondamente cambiato. Dell’uomo che era, saldo e retto moralmente, non era rimasta traccia. Tornato a Roma nell’84 a.C., diventò il bersaglio dell’oligarchia senatoria.

Congiura di Catilina: accuse e difese

Catilina fu accusato di molti reati e barbarie, come corruzione, incesto, e violenza ai danni di una Vestale. Quest’ultimo reato era estremamente grave per due motivi: il primo motivo era che si trattava di una violenza carnale, il secondo è che la violenza era stata commessa su una Vestale, una sacerdotessa della dea Vesta nonché protettrice del Fuoco Sacro.

Le sacerdotesse erano protette dalla “Sacrosanctitas”, ovvero dall’intoccabilità e dall’immunità. Nessuno doveva e poteva far loro del male, dal momento che oltre che commettere una violenza fisica, sarebbe stata commessa una violenza contro gli dei. E questo, in una società fortemente pagana come quella romana, era inaccettabile.

Nonostante la molteplicità e la gravità dei reati, Catilina venne assolto da tutte le accuse. Tuttavia, l’obiettivo dei senatori era stato raggiunto: la carriera politica di Lucius subì un notevole rallentamento.

Congiura di Catilina: la nascita del nuovo Silla

Nel 78 a.C., a sei anni di distanza dal suo ritorno a Roma, Catilina riuscì finalmente a riprendere la sua carriera politica, arrivando a ricoprire le cariche di Questore, Edile, Pretore e Governatore (quest’ultima carica venne da lui ricoperta in Africa). Si candidò anche a console nel 66 a.C., ma l’ennesima accusa perpetrata ai suoi danni gli impedì di essere eletto.

Catilina tentò nuovamente la via della candidatura a console nel 64 a.C. ma il Senato, preoccupato alla sola idea che un personaggio fortemente negativo come lui potesse arrivare a ricoprire una magistratura così importante, decise di promuovere la candidatura del suo rivale: Marco Tullio Cicerone.

Lo scontro in Senato si accese rapidamente: Cicerone smontò la figura di Catilina pezzo per pezzo, descrivendo ogni singola accusa ricaduta su di lui con dovizia di particolari. Sallustio descriverà Catilina, nella
De Coniuratione Catilinae,
come una figura nera. Il rimando al nero non è casuale, poiché Cicerone indossava una toga bianca, a simboleggiare la sua purezza contrapposta all’oscurità incarnata da Catilina.

Congiura di Catilina: tentato colpo di Stato

Catilina, infuriato ed umiliato, tramò in segreto per un anno, organizzando una vera e propria congiura, che aveva l’intento di colpire i vertici della politica e della società romana per poi riformare la Repubblica.

Non è ben chiaro quali fossero le modalità concrete tramite le quali si sarebbe dovuto realizzare il piano, ma sappiamo per certo che il bersaglio principale di Catilina era proprio Marco Tullio Cicerone, il suo acerrimo rivale, che aveva osato umiliarlo di fronte all’intero senato. La vendetta di Catilina stava dunque per compiersi.

La rivelazione di Fulvia: il colpo di scena inaspettato

Nella notte tra il 6 ed il 7 novembre del 63 a.C., due sicari inviati da Catilina (Cicerone, nelle Catilinarie, riporta i nomi di Cetego e Vargunteio, ma non abbiamo certezze riguardo l’identità precisa dei sicari) si recarono a casa di Cicerone per ucciderlo. Tuttavia, la casa era vuota.

Cicerone, infatti, era stato avvisato dell’arrivo dei due assassini da una certa Fulvia. La donna era l’amante di uno degli alleati di Catilina (Quinto Curio, appartenente alla Gens Curia, nobile famiglia dell’aristocrazia senatoria romana), per cui la congiura venne sventata dall’intervento dell’ultima persona dalla quale ci si sarebbe aspettati un “tradimento”.

Scampato ai suoi assassini, Cicerone si recò al Campo Marzio il giorno seguente (l’8 Novembre del 63 a.C.) accompagnato da una scorta personale.

Cicerone in Senato: l’ira del Defensor Patriae

Nell’orazione tenuta al Senato, Cicerone si scagliò con veemenza contro il congiuratore, pronunciando parole che oggi risiedono di diritto nell’Olimpo dell’oratoria: <<Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?>> ovvero <<Per quanto tempo ancora, Catilina, hai intenzione di abusare della nostra pazienza?>>

Per inchiodare Catilina, Cicerone presentò poi al Senato lettere contenenti prove schiaccianti sulla congiura.

Senatus consultum ultimum: la fine dei congiurati

Cicerone ottenne poi il Senatus consultum ultimum, ovvero il potere estremo dato dal Senato ai consoli di decidere sulla vita (o sulla morte) dei condannati. Sfruttando questa prerogativa, Cicerone fece strangolare molti dei congiurati Catilinari.

Facendo questo, Cicerone calpestò però il diritto dei condannati a ricorrere alla Provocatio ad populum, ovvero la prerogativa tramite la quale il popolo poteva salvare i condannati a patto che avvenisse la confisca dei beni. Questa scelta verrà poi rimproverata a Cicerone da Giulio Cesare e causerà l’esilio di Cicerone stesso alcuni anni dopo (nel 58 a.C.).

Il 5 Gennaio del 62 a.C. si arrivò allo scontro finale. Marco Petreio, generale romano, raggiunse Catilina e i rinnegati poco fuori Pistoia, mentre Quinto Cecilio Metello (altro noto comandante della Repubblica) bloccò l’accesso agli Appennini, impedendo ai rinnegati di fuggire.

Chiuso in una morsa mortale, Catilina incoraggiò i suoi e si avviò verso la sua fine. Al calar del sole, Catilina ed i rinnegati giacevano senza vita sul terreno. La Congiura di Catilina era giunta al termine.

Conclusioni

Lucius Sergius Catilina tentò di riformare la Repubblica, e ci sarebbe anche riuscito se non fosse stato per le lettere degli Allobrogi o, se si preferisce la versione più “affascinante”, per il tradimento di Fulvia. In questo articolo si cerca di dare un inquadramento generale della vicenda; tuttavia, si inviti il lettore a riflettere su un importante punto.

Le uniche fonti a cui poter far riferimento sono le Catilinarie di Cicerone e il De Coniuratione Catilinae di Sallustio, che riporta a sua volta gran parte delle cose dette da Cicerone, acerrimo rivale di Catilina dagli esordi.

Ne consegue, dunque, che nessuno potrà mai sapere la verità oggettiva sulla vicenda. Ad ogni modo, siamo noi, oggi, a dover portare avanti l’eredità storica di questa vicenda come quella di tante altre. Perché, come disse Cicerone: <<La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi>>.

Francesco Ummarino per Questione Civile

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