Sante Bentivoglio: un improbabile signore di Bologna

Sante Bentivoglio

La vita e l’ascesa al potere di Sante Bentivoglio, l’epopea di una Cenerentola rinascimentale

L’ascesa al potere di Sante Bentivoglio; in tempi e in luoghi in cui il potere poteva cambiare con velocità impressionante, le fortune delle persone potevano cambiare con altrettanta velocità, se si possedeva il giusto cognome.

La congiura dei Canetoli

Tutto cominciò, come spesso accadde lungo il Quattrocento, con una congiura in una chiesa. Il signore di Bologna, Annibale Bentivoglio, tornato da pochi anni dopo un lungo esilio nella sua città natale, si recò ad un battesimo, il 24 giugno 1445. Il bambino era il figlio di Francesco Ghislieri, un membro della fazione opposta a quella dei Bentivoglio, quella della famiglia Canetoli. Baldassarre Canetoli, il capo della fazione, era ossessionato dalla gelosia per il favore che Annibale mostrava ai membri di un’altra importante famiglia bolognese, i Marescotti, e, per ricostituire il prestigio della sua famiglia decise di liberare Bologna dai Marescotti e dai Bentivoglio, una volta per tutte.

I congiurati, guidati da Baldassarre, si gettarono immediatamente su Annibale, uccidendolo sul colpo, e poi sui Marescotti presenti, i quattro fratelli Tideo, Antenore, Gianluigi e Galeazzo. I primi tre caddero sotto le lame dei Canetoli, ma Galeazzo riuscì a fuggire. A Bologna, intanto, la notizia si era diffusa, scatenando un’ondata di panico per le strade: tutti pensavano che la morte di Annibale avrebbe riportato la città sotto l’egida dei milanesi o del papato. Fu grazie all’azione immediata intrapresa da Galeazzo, l’unico Marescotti superstite, che la situazione non degenerò. Chiamò alle armi la parte bentivolesca, ma alla chiamata rispose anche la maggioranza della cittadinanza.

Le case dei Canetoli furono distrutte, i membri della famiglia uccisi o cacciati, lo stesso Baldassarre Canetoli fu catturato tre anni dopo nel contado, dato che era riuscito a fuggire, e giustiziato nel luogo dove aveva ucciso Annibale.

La ricerca dell’erede: le voci sulla nascita di Sante

I Bentivoglio però, anche se la loro parte era stabile al governo di Bologna, si erano ritrovati senza un capo. Il figlio di Annibale, infatti, Giovanni, era un bambino di soli due anni alla morte del padre. L’unico altro parente in vita del ramo principale a Bologna, Ludovico, era anziano e non voleva ricoprire il ruolo del defunto cugino.

In questa situazione, apparve sulla scena un personaggio che era stato fino a quel momento assente dalle scene bolognesi: Sante Bentivoglio. Sante era il figlio illegittimo di Ercole Bentivoglio, a sua volta fratello minore di Antongaleazzo Bentivoglio e quindi zio di Annibale. Sante era nato a Firenze circa vent’anni prima e aveva vissuto tutta la sua giovinezza in quella città, studiando come apprendista nell’arte della lana. Le fonti bolognesi non raccontano nulla di lui prima del suo arrivo a Bologna, ma a questa mancanza suppliscono i racconti dei suoi amici fiorentini Neri Capponi e Filippo Manetti.

Secondo la cronaca di Neri, Sante nacque nel 1424 a Poppi, oggi un rinomato borgo nel Casentino. Suo padre biologico, Ercole Bentivoglio, si trovava lì a servizio, come condottiero, del conte Francesco Guidi. La sua anonima madre sarebbe stata la moglie di un certo Agnolo da Cascese. Nessuno conosceva i suoi veri natali, al di fuori della ristretta cerchia familiare. Il piccolo Sante, dunque, crebbe con la madre e con il padre adottivo, ignorando le sue vere origini. L’unico a cui, sembra, Ercole Bentivoglio aveva confessato il segreto del bambino era stato il conte Francesco Guidi. Francesco portò con sé il piccolo Sante a Bologna, dove fu riconosciuto dai parenti Bentivoglio e dallo stesso Annibale, data la spiccata somiglianza con il padre e con gli altri membri della famiglia.

La spensierata gioventù fiorentina di Sante

Poco dopo il viaggio a Bologna, morirono sia la madre di Sante che il padre adottivo e il ragazzo fu affidato allo zio adottivo, Antonio da Cascese. Egli, un uomo ricco e dotato di amicizie influenti a Firenze, lo mandò in città come apprendista di un mercante di lana. Pose però il nipote sotto la protezione dei suoi potenti amici e in particolare sotto lo stesso Neri Capponi, che era anche amico del lontano cugino Annibale.

Sante crebbe, dunque, per la sua intera tarda infanzia e adolescenza a Firenze, un giovane come tanti altri di quella città. Amava la sua vita e la sua città, amava i suoi amici, tra i quali figurava anche uno dei figli di Cosimo de Medici, Giovanni.

L’arrivo di ser Cola da Arezzo a Firenze

Neri raccontò nei suoi commentari di aver scoperto i veri natali del suo protetto Sante solo quando era arrivato a Firenze Ser Cola da Arezzo per riportare il ragazzo a Bologna. Il racconto appare strano, soprattutto riflettendo sull’importanza che Neri Capponi ricopriva nel governo fiorentino.

Non si dubita, comunque, che al centro dei piani per far diventare Sante signore di Bologna ci fosse Ser Cola. Egli era stato stretto collaboratore di Antongaleazzo, aveva rischiato di essere ucciso, era stato salvato dall’intercessione di Annibale ed era da allora fedele servitore dei Bentivoglio. Fu segretario sia di Annibale, che di Sante, che di Giovanni II. Fu probabilmente lui a ricordare alla parentela Bentivoglio della presenza a Firenze di un figlio di Ercole.

Neri Capponi, alla prospettiva di un fiorentino e di un suo amico personale come signore di Bologna, accettò subito di buon grado. Fu lo stesso Sante però a mostrarsi reticente all’inizio. Egli conosceva bene la sorte che era toccata a tutti i suoi familiari: i suoi nonno, padre, zio e cugino erano infatti morti a causa di congiure ordite dalla nobiltà bolognese.

Fu molto probabilmente Cosimo de Medici ad intervenire, forse di persona, più probabilmente via terzi, per convincere Sante a recarsi a Bologna. Egli partì da Firenze l’11 novembre 1446 e arrivò a Bologna 2 giorni dopo, con l’appoggio della maggior parte dei cittadini illustri, compresa Donnina Visconti, la vedova di Annibale e la madre del piccolo Giovanni, del quale Sante divenne il tutore legale.

Il consolidamento della signoria di Sante e il suo matrimonio con Ginevra Sforza

Con l’arrivo di Sante, la situazione cambiò drasticamente per lui e per Bologna. Con 17 anni di governo, egli riuscì a guadagnarsi un posto di primo piano nella politica italiana e assicurò l’indipendenza di Bologna per oltre mezzo secolo. Il suo primo risultato di rilievo fu la stabilizzazione dei rapporti con il papato con gli accordi del 1447.

La congiuntura si mostrò ancora più favorevole perché il 13 agosto 1447 moriva a Milano il duca Filippo Maria. Ciò liberava la città dalla costante minaccia degli eserciti viscontei. Sante sfruttò bene la situazione, divenendo amico e confidente di Francesco Sforza appena un anno dopo la sua ascesa al ducato: lo Sforza scriveva a Sante come ad un amico intimo e usava le sue informazioni per controllare la situazione dei suoi tempestosi parenti romagnoli.

Il risultato di questa accorta politica fu il suo matrimonio con Ginevra Sforza, figlia illegittima di Alessandro Sforza. Amatissima dal padre, Ginevra era cresciuta ed era trattata, sebbene illegittima, come una vera principessa; e il matrimonio permetteva ai Bentivoglio di imparentarsi con una delle grandi famiglie italiane. Sante e Ginevra si sposarono, per interposta persona, a Pesaro nel 1452, ma la sposa, che ancora non era in età da marito, arrivò a Bologna solo due anni dopo. Il lanaiolo era ormai diventato un vero principe.

La sua morte, l’opinione dei contemporanei e degli storici

Quando Sante non aveva ancora quarant’anni, fu colpito da una malattia, un’infermità che nei momenti più acuti non gli permetteva di stare in piedi e camminare. Nonostante le cure offerte dal medico personale di Francesco Sforza, Sante morì nell’ottobre 1463.

La storia e la vita di colui che potrebbe apparire come una vera e propria Cenerentola del 1400 avevano sorpreso e colpito anche i suoi contemporanei. Pio II, il pontefice umanista Enea Silvio Piccolomini, lo annotò nei suoi Commentarii. Parlando di una visita a Bologna, si fermò a raccontare, meravigliato, di come un apprendista mercante della lana cambiò carattere e governò con successo il popolo bolognese.

Niccolò Machiavelli, cinquant’anni dopo, citò il caso nel capitolo XIX del Principe, dedicato alle congiure e al favore popolare. Il caso di Sante, “uno de Bentivogli che si teneva allora figlio di un fabbro”, è usato per dimostrare l’importanza del favore popolare per la famiglia di un principe.

Jacob Burckhardt, raccontando delle grandi famiglie italiane del Rinascimento, si sorprendeva di come, negli stati italiani, i figli illegittimi fossero inclusi nelle linee di successione. Il caso di Sante Bentivoglio è sicuramente di questo esemplificativo.

Martina Parini per Questione Civile

Bibliografia

C. M. Ady, I Bentivoglio, dall’Oglio editore, Varese, 1967.

J. Burckhardt, La civiltà del Rinascimento in Italia, a cura di Eugenio Garin, Sansoni editore, Firenze, 1955.

N. Machiavelli, Il Principe, Feltrinelli, Milano, 2013.

Sitografia

Bentivoglio, Annibale di O. Banti in Dizionario biografico degli italiani, volume 8, 1966 (online).

Bentivoglio, Sante di O. Banti in Dizionario biografico degli italiani, volume 8, 1966 (online).

Marescotti, De’ Calvi, Galeazzo di Armando Antonelli in Dizionario biografico degli italiani, volume 70, 2008 (online).

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