Il cattivo Norman Bates in “Psycho” di Hitchcock

Il cattivo

Buoni o cattivi: il cattivo Norman Bates nel capolavoro di Alfred Hitchcock

Buoni o cattivi, vittime o carnefici, innocenti o colpevoli: sono coppie sinonimiche o ci sono ragioni intrinseche che impediscono di renderle intercambiabili? Vari autori da Manzoni nei Promessi sposi a Primo Levi ne I sommersi e i salvati hanno proprio indagato queste coppie, cercando di mettere in luce come gli uomini e il mondo non si dividono in strette categorie da fiaba, che la posizione degli uomini come esseri morali si decide luogo per luogo, azione per azione.

“Buoni o cattivi”

-N. 1

Questo è il primo numero della  Rubrica di Area dal titolo “Buoni o cattivi”, appartenente alla Macroarea di Lettere e Cinema

Buoni o cattivi, buoni e cattivi

Questo è il primo articolo di una breve rubrica interna all’archivio di Storia del Cinema che si propone di indagare come queste categorie si muovono nel mondo “favoloso” della narrazione filmica, attraverso personaggi iconici e film che lo sono altrettanto. Si badi che quello che proporremo sarà solo uno spazio di partenza per una vostra persona riflessione. Vi proporremo degli strumenti, nulla di più.

Norman Bates, il cattivo

Non dovrebbe essere uno spoiler, ma se così non fosse ci dispiacerebbe dovervi rivelare la trama di un film che la storia del cinema l’ha fondata: Psycho di Alfred Hitchcock. Eppure, sarà necessario farlo per discutere del nostro argomento.

Marion ha rubato una grande quantità di contanti che il suo datore di lavoro le aveva chiesto di depositare in banca. Nella sua fuga, dato il maltempo, si ritrova a dover chiedere alloggio al fatiscente Bates Motel. Il gestore è il giovane Norman, che spiega come l’hotel è tutto (e sempre) libero da quando hanno cambiato il percorso dell’autostrada. Si badi a questo dettaglio, sarà utile poco oltre.

Marion ascolta, ma non assiste, ad un diverbio tra la burbera e gretta madre di Norman e Norman. A cena, durante una conversazione all’apparenza innocente e banale, ma che il taglio delle inquadrature e la luce non sembrano rappresentare come tale, Marion scopre che Norman è un giovane fragile, corroso da questo suo rapporto per una madre egoista e possessiva, ma che ama con tutto il suo cuore.

Si arriva alla scena centrale in cui durante la doccia di Marion, la signora Bates entra in bagno e la uccide efferatamente a coltellate.

Avanti veloce, ne nasce un’indagine in cui viene coinvolta anche la sorella di Marion che giunta al Bates Motel tenta di scoprire cosa sia successo. La scena finale, prima dell’epilogo, vede lo scioglimento decisivo: la madre di Norman, la signora Bates è in realtà morta, e il suo cadavere mummificato è tenuto vestito e ordinato seduto su una sedia nella piccola cantina dell’hotel. È stato quindi Norman ad uccidere Marion, travestendosi con gli abiti della madre.

Norman è il colpevole.

Il cattivo
Norman Bates (Anthony Perkins) inquadrato durante la cena con Marion

Marion e il male

Facciamo un passo indietro, e chiediamoci dove sia il male nel film, qual è la sua fonte.

Abbiamo detto che Marion finisce per caso al Bates Motel, data la pioggia che le fa sbagliare uscita dell’autostrada, la sua retta via.

Toniamo però ancora indietro: se Marion non avesse deciso di rubare il denaro affidatole dal suo datore di lavoro – in quanto persona di fiducia – non sarebbe finita al Bates Motel tra le braccia dell’assassino Norman. Marion si è macchiata di un furto, e il caso (Dio, forse?) ha deciso di punirla. Abbandona la via della correttezza per imboccare la strada più semplice, quella che però ha una destinazione mortale. 

Questo ragionamento parrebbe essere corretto, e il film parrebbe così un costrutto moraleggiante.

Chiediamoci però quale sia il ruolo di Norman in questa ricostruzione. Data questa lettura, egli non è più il cattivo in senso proprio, ma una macchina, uno strumento della punizione. Uno strumento del destino costruito solo con più fantasia di una semplice uscita di strada che avrebbe provocato ugualmente la provvidenziale morte di Marion, punendola.

Questa è una lettura errata, e non c’è del soggettivismo in quanto diciamo. Una lettura del genere polarizza Marion nella posizione del colpevole, ma – attenzione – non del cattivo. E la polarizza così fortemente che non dà spazio a nessun buono, se non ad una generica forza superiore che decide la sua punizione.

A dimostrare che la lettura è errata ci viene in aiuto la struttura stessa del film. La narrazione, infatti, procede oltre la morte della donna, punendo alla fine anche Norman che viene arrestato con l’aiuto e l’impegno della sorella di Marion.

La vittima e il colpevole: quanto è cattivo il cattivo

Si è spesso discusso, e alla Festa del cinema di Roma (clicca qui) lo hanno anche fatto Chiara Valerio e Teresa Ciabatti, se fosse possibile dare una lettura freudiana al male che parrebbe intrinseco in Norman: egli così sarebbe almeno in parte affrancato dalla posizione di cattivo, assegnandogli sì la categoria di colpevole, ma parallelamente quella di vittima.

Parrà ora forse più chiaro come le coppie proposte all’inizio non siano effettivamente dei sinonimi.

Insomma, si è indagato se fosse almeno in parte giustificabile l’approccio che Norman ha alla vita, in ragione dei soprusi subiti per colpa della madre. Anche oltre la morte della madre, Norman è frustrato da un peso che lo porta nella posizione di figlio-vittima di una madre-carnefice.

Un rapporto morboso che gli permette una catarsi solo in un’esplosione di violenza fisica che usa come medicina per curare la violenza mentale. E così in questo circolo edipico egli uccide le donne che vorrebbe possedere, perché un super-io materno gli impedisce di amarle.

Il male e il cattivo scelgono sé stessi

Giustificare con un complesso edipico il male di Norman non è sbagliato perché giustifica il male, cosa che in alcuni casi è pure possibile – si badi, in alcuni casi – ma è quantomeno una giustificazione semplicista.

Il discorso edipico sposta il male al di fuori di Norman. Un male che rende il cattivo tale solo e soltanto perché esso gli si avvicina come una forza esterna. Marion ci ha dimostrato al contrario che il male si cerca, si imbocca più o meno volontariamente la sua strada. Il male ti può attrarre ma non farà mai il primo passo. Per essere cattivo, devi scegliere consapevolmente.

Insomma, per usare le parole di Chiara Valerio: «il male non viene mai da fuori».

Salvo Lo Magno per Questione Civile

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