Roma nella Divina Commedia di Dante Alighieri

Roma nella Divina Commedia

Roma nella Divina Commedia: il mito che ispirò anche Dante Alighieri

Roma nella Divina Commedia? Roma e Durante degli Alighieri, da tutti conosciuto come Dante Alighieri, il più grande poeta della storia italiana, europea e, probabilmente, mondiale, hanno avuto un rapporto particolare. È l’autore della Divina Commedia, del De Monarchia, del De Vita Nova e di tanti altri capolavori della letteratura medievale. Tuttavia, Dante era anche interessato alla Storia Romana.

“700 anni con Dante”

-N. 5

Questo è il quinto numero della Rubrica di Rivista dal titolo 700 anni con Dante, finalizzata ad analizzare la figura del Sommo Poeta da diversi punti di osservazione. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Storia Antica e Medievale, Economia, Affari Esteri, Lettere, Scienze Umane, Storia Moderna e Contemporanea, Arte, Cinema, Tecnologia, Filosofia del Diritto, e Filosofia Teoretica

Roma Antica e Dante: lo studio ed il mito

Il rapporto tra Dante Alighieri e Roma fu senza dubbio un rapporto particolare. Già durante i primi anni della sua formazione culturale, Dante ebbe a che fare con l’Antica Roma, sia Repubblicana che Imperiale. Fin da piccolo, il Sommo Poeta studiò Roma, alimentandone il mito che essa esercitava su chiunque si avvicinasse alla sua storia. Una storia millenaria, fatta di grandi conquiste (militari e culturali) e grandi progressi in molti campi del sapere.

Non c’è quindi da sorprendersi se Dante inserì nel suo più grande capolavoro, la Divina Commedia, molteplici riferimenti all’Antica Roma. Tuttavia, non si pensi che il Sommo avesse solo studiato Roma. Anzi, Dante si recò a Roma personalmente nel 1301, in veste di ambasciatore di Firenze alla corte di Papa Bonifacio VIII (noto per la sua lotta contro il Re di Francia, Filippo IV Il Bello). La conoscenza che Dante aveva di Roma, dunque, spaziava dall’età monarchica a quella medievale, che lui stesso visse in prima persona.

Caput Mundi all’Inferno: i riferimenti nella Prima Cantica

Il primo riferimento all’Antica Roma che Dante inserisce nella Divina Commedia lo troviamo nell’Inferno, precisamente nel Canto II. Il Sommo e Virgilio, la sua guida, camminano nell’ora che volge al desìo (<<Lo giorno se ne andava, e l’aere bruno / toglieva li animai che sono in terra / da le fatiche loro>>) quando Dante, rivolgendosi all’autore dell’Eneide, dice che egli raccontò nella sua opera di Enea (definito <<di Silvio il parente>>) che, mentre era ancora vivo, riuscì ad entrare negli inferi. Dante continua facendo presente al suo “duca” una cosa ben precisa.

Enea, infatti, è riconosciuto da Dante come il padre di Roma (anche se il vero fondatore nonché primo Re fu Romolo), tanto che il Sommo scrive: << ch’ e fu de l’alma Roma e di suo impero / ne l’empireo ciel per padre eletto>>. Dante prosegue poi facendo presente che proprio la città caput mundi venne scelta come sede del Papato, scrivendo << u’ siede il successor del maggior Piero >>.

Dante, dunque, riconosce alla città papale un ruolo chiave, un ruolo che essa deve alla Divina Provvidenza, la forza che permise ad Enea di fondare Albalonga e che permise a Roma stessa di diventare sede del papato.

Il secondo riferimento a Roma, all’interno dell’Inferno, lo troviamo nel Canto XIV, nel quale Dante cita la statua di un vecchio che volta le spalle a Damietta (città egiziana) e guarda alla capitale del mondo davanti a sé come in uno specchio.

Roma nella Divina Commedia: Purgatorio

Nel Purgatorio, i riferimenti a Roma sono di più rispetto a quelli dell’Inferno, esattamente il doppio. Seguendo lo schema del registro linguistico adottato da Dante (che si innalza nel corso delle tre Cantiche), anche il “contesto” in cui Dante cita la capitale del mondo è decisamente più elevato rispetto alla Cantica precedente.

Il primo riferimento a Roma lo si trova nel Canto VI. Il Canto VI, in ognuna delle tre Cantiche, è un canto di invettiva. Nel caso dell’Inferno, l’invettiva è contro Firenze. Il Paradiso, inizia con un’invettiva dell’Imperatore Giustiniano sull’Impero. Nel Purgatorio, invece, l’invettiva ha come oggetto l’Italia, un’Italia che Dante definisce <<Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello>>.

È in questo contesto che Dante fa riferimento al Corpus Iuris Civilis, il Corpus di leggi fortemente voluto dall’Imperatore Giustiniano (Imperatore dal 525 al 567 d.C.). Dante cita questo provvedimento di Giustiniano scrivendo <<Che val perché ti racconciasse il freno / Iustiniano, se la sella è vota?>>. Con queste parole, il Sommo Poeta vuole far riflettere sul fatto che un Corpus di leggi non serve a nulla, se non c’è nessuno a farle rispettare. L’Italia del periodo dantesco, infatti, mancava di una guida stabile, cosa che Dante non riuscì mai ad accettare.

I riferimenti nella Seconda Cantica

Il secondo riferimento lo troviamo nel Canto XVI, nel momento in cui Marco Lombardo (uomo di corte stimato e rispettato nel XIII secolo, non sappiamo altro di lui) dice <<Soleva Roma, che ‘l buon mondo feo, / due soli aver, che l’una e l’altra strada / facean vedere, e del mondo e di Deo>>. Con queste parole, Lombardo intende dire che, un tempo, Roma era la sede dell’Imperatore e del Papa. Al tempo di Dante, invece, Imperatore e Papa lottavano l’uno contro l’altro per avere il potere. Ovviamente, tutto questo aveva ridotto Roma in un pessimo stato, rendendola l’ombra di ciò che era stata secoli prima.

Le ultime due citazioni di Roma nel Purgatorio si trovano nel Canto XXIX (Roma viene citata indirettamente durante la Processione nell’Eden) e nel Canto XXXII, in cui Beatrice, l’amore più grande di Dante, descrive il Paradiso (Beatrice è colei che accompagna Dante verso il Paradiso) come <<quella Roma onde Cristo è romano>>.

Roma nella Divina Commedia: Paradiso. I riferimenti nella Terza Cantica

Nel Paradiso, la Terza Cantica della Divina Commedia, il registro linguistico di Dante arriva al massimo della sua espressione. Non è una scelta casuale, bensì una decisione atta ad innalzare il lettore su un livello superiore, in senso letterale e metaforico.

I riferimenti a Roma, in quest’ultima Cantica, sono tre. Il primo lo si trova nel Canto VI (che, come precedentemente detto, è un canto di invettiva), nel quale l’Imperatore Giustiniano fa un discorso sull’Impero (<<Poscia che Costantino l’Aquila volse […]>>). Vengono citati anche Cesare, Pompeo, Sicipione, i Cartaginesi, Brenno, Pirro… Giustiniano cita grandi personalità della storia di Roma, ma anche i nemici che furono sconfitti da Roma, permettendo alla città stessa di incrementare la sua forza.

Il secondo riferimento lo si trova nel Canto XXVII, nel quale San Pietro (Custode delle Chiavi del Paradiso) cita Scipione, elevandolo a “strumento” della Divina Provvidenza. Dante scrisse infatti << Ma l’alta provedenza, che con Scipio / difese a Roma la gloria del mondo, / soccorrà tosto, si com’io concipio; >>. Con queste parole, San Pietro vuole dire a Dante che la Divina Provvidenza arriverà in suo aiuto, come quando essa inviò Scipione in difesa di Roma contro Annibale.

L’ultimo riferimento lo troviamo nel Canto XXXI, nel quale Dante paragona il suo stupore nel vedere la Rosa dei Beati allo stupore che, secondo lui, dovettero provare i barbari quando videro la città Caput Mundi. Scrive il Sommo Poeta: << Se i barbari, venendo da tal plaga che ciascun giorno d’Elice scuopra, / rotante col suo figlio ond’ ella è vaga, / veggendo Roma e l’ardua sua opra, / stupefaciensi, quando Laterano / a le cose mortali andò di sopra; >>.

Conclusioni

Con questo articolo, ho voluto portare alcuni esempi di riferimenti che Dante Alighieri fece su Roma, sia nella sua storia antica che nel periodo in cui Dante vive. Ancora una volta, la capitale dell’Impero è un punto centrale. Ancora una volta, la gloria di Roma è stata d’ispirazione per un poeta, per il più grande di tutti. Certo, quelle di Dante non sono sempre parole lusinghiere per la città Caput Mundi ma, in ogni caso, Roma è ancora una volta al centro.

La Roma studiata da Dante è attorniata da un’aura di leggenda e sacralità, tanto che il Sommo arriva a legare la fondazione di Roma alla Divina Provvidenza. La città papale vissuta da Dante, invece, è una città corrotta dalle sue fondamenta fino ad arrivare al Papa. Va da sé, dunque, che anche Dante (in un certo senso) avesse “nostalgia” del Mos Maiorum e della grandezza di Roma.

Tuttavia, si sa, il tempo non può tornare indietro. Si può solo andare avanti, ma senza mai dimenticare da dove si arriva.

Francesco Ummarino per Questione Civile

Bibliografia

  • D. Alighieri, Inferno, commento di F. Nembrini, Mondadori S.P.A., Verona, 2020
  • D. Alighieri, Purgatorio, commento di F. Nembrini, Mondadori S.P.A., Verona, 2020
  • D. Alighieri, Paradiso, commento di F. Nembrini, Mondadori S.P.A., Verona, 2020
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