Keith Haring: l’artista all’ombra della Torre Pendente

Keith Haring

I Lungarni accolgono la mostra di Keith Haring

Nella meravigliosa cornice di Palazzo Blu a Pisa è ospitata fino al 17 aprile una mostra con oltre 170 opere di Keith Haring provenienti dalla Nakamura Keith Haring Collection e curata da Kaoru Yanase, Chief Curator della collezione stessa. È la prima volta che le opere lasciano per un’esposizione il museo giapponese fondato nel 2007 con la collezione privata del dottor Nakamura, grande amante dell’artista statunitense. Il percorso di visita è organizzato attraverso nove diverse sezioni tematiche, una delle quali dedicata al rapporto dell’artista con la città di Pisa.

Palazzo Blu, Pisa

Cercheremo di delineare, lasciandoci ispirare in parte dal percorso della mostra, la storia di uno dei più grandi artisti pop.

Keith Haring: l’uomo e l’artista

Prima di dedicarci completamente all’arte di KH, è opportuno conoscere più da vicino l’uomo, per comprendere meglio anche l’artista.

Questi nasce in Pennsylvania il 4 maggio del 1958 e sin da piccolo mostra una grande predisposizione all’arte e al disegno, incoraggiato anche dal padre che si diverte a creare per lui personaggi fumettistici e dei cartoni animati.

Studiò arte prima a Pittsburgh e poi si trasferì a NY per frequentare la School of Visual Arts. Proprio durante gli studi newyorchesi avrà l’occasione di conoscere numerosi artisti e di organizzare le prime mostre, con cui iniziò a farsi conoscere dal grande pubblico. In poco tempo la sua fama divenne internazionale e, oltre alle esposizioni, si susseguirono anche le commissioni da parte di numerose città del mondo che gli chiedevano di realizzare i suoi coloratissimi murales.

Keith Haring aan het werk in het Stedelijk Museum in Amsterdam *14 maart 1986

Durante tutta la vita continuò senza sosta a sperimentare e adattare la sua arte ai diversi stimoli che accompagnavano la sua esperienza quotidiana e che lo videro molto spesso sostenitore e attivista in numerose battaglie sociali fino alla sua morte, che lo raggiunse giovanissimo, a soli 31 anni, nel febbraio 1990.

L’arte è di tutti

La prima cosa che voglio fare è abbattere la barriera fra arte commerciale e arte tradizionale”.

Queste parole rappresentano una sorta di manifesto artistico di Keith Haring. E questa è la convinzione che determinò i suoi esordi. A poco più di vent’anni, infatti, nella metropolitana di New York cominciò il suo percorso pop. In queste stazioni, infatti, le inserzioni pubblicitarie venivano spesso coperte da grandi cartelloni neri, che agli occhi del giovane Keith si presentavano come enormi lavagne da riempire con disegni a gesso, sotto gli occhi dei passanti, che spesso interagivano con lui e non gli facevano mancare suggerimenti e richieste.

Sempre all’erta per evitare di farsi scoprire dalla polizia, lo spirito di queste opere si presenta perciò “veloce”, sottoforma di schizzi di pochi ed essenziali tratti, stilizzati come cartoni animati, ricchi dell’adrenalina e della vivacità che le dinamiche stesse della composizione artistica richiedevano. Fu così che l’ambiente metropolitano si trasformò in un laboratorio e una fucina di idee dove dare vita alla propria arte e trasmettere con essa un messaggio.

Fuori dal tunnel

In pochi anni l’estro di Keith Haring esce dal buio della subway newyorchese per cercare di farsi spazio all’interno del variegato e popoloso mondo artistico della Grande Mela.

Naturalmente il percorso non fu semplice e la fortuna dell’artista fu quella di conoscere un famoso gallerista di origini iraniane, Tony Shafrazi, che subodorò il dirompente talento di KH e gli diede la possibilità di esporre la sua prima personale. Nacquero così le opere note come “Fertility”, una serie di pitture a vernice fluorescente che risaltavano sotto le luci nere in voga negli anni ’80, e che mostrano figure di donne incinte che, sottoforma di immagini piuttosto tribali, danzano al ritmo della musica e della forza generatrice che incarnano. Sarà in questo periodo che nascerà anche l’immagine-simbolo dell’artista, quella del Radiant baby, il bambino carponi che emana forza sottoforma di raggi e che rappresenta una sorta di firma d’artista di Keith.

Il Radiant baby, utilizzato anche per pubblicizzare la mostra a Pisa

Keith Haring: l’arte non ha età

I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato”.

Con i bambini l’artista aveva un particolare rapporto: a loro dedicò moltissime opere, oltre a coinvolgerli in prima persona in molti progetti.

Tra questi, alcuni prevedevano la realizzazione di grandi murales da far colorare ai ragazzini.

Ma tra i più bei progetti dell’artista, vi è il famoso The Story of Red and Blue, composto da venti litografie di semplici disegni colorati solo in rosso o blu, che permettevano ai piccoli di immaginare la propria storia. La serie si conclude con un grande uovo viola che rappresenta il colore derivato dalla fusione del rosso e del blu. Ancora oggi questo lavoro è utilizzato in molte scuole e musei come programma educativo.

Keith Haring: l’arte in prima linea per i diritti

Sin dall’inizio degli anni ’80, l’arte di Keith Haring si adattò a una delle principali forme di “pubblicità”, ovvero il poster.

Accanto alle collaborazioni commerciali, Haring utilizzò infatti questo strumento come mezzo per raggiungere il più vasto pubblico possibile.

Proprio tramite i poster e i cartelloni, Keith poté portare all’attenzione alcune delle battaglie che più lo interessavano, tra le più importanti quelle contro razzismo e apartheid, violenza, disarmo nucleare e guerra in generale.

Si ricordano poi le battaglie per i diritti omosessuali, come nel poster creato in occasione della giornata nazionale del coming out, che rappresenta uno dei suoi famosi omini che esce con vivacità da una porta spalancata. Un altro dei suoi famosi poster è quello contro l’indifferenza del governo USA nei confronti dell’AIDS, corredato dalle equazioni IGNORANZA=PAURA e SILENZIO=MORTE, parole nette, provocatorie e di accusa.

Arte e musica si fondono

Altra collaborazione molto pop è quella con il mondo della musica, che ha sempre accompagnato la vita dell’artista. Ascoltava continuamente musica, anche durante le sessioni di lavoro in strada o in studio, i club della New York degli Eighties erano per lui fonte di continua ispirazione e fu proprio in uno di questi, il Paradise Garage, che una giovane Madonna cantò per il suo ventiseiesimo compleanno.

La musica e il suo ritmo influenzarono l’arte e le figure di Haring, quindi anche le collaborazioni con numerosi musicisti, per i quali realizzò copertine di album e locandine per concerti ed eventi, furono in un certo senso uno sbocco naturale. Lavorò con molti artisti, soprattutto del mondo del rap, dell’hip-hop, ma anche house e punk. La sua copertina più celebre è senza dubbio quella per il singolo Without you di David Bowie del 1983, in cui si vedono due delle sue classiche figure radianti che si abbracciano, impersonando il messaggio di forza e di impatto, di amore e vicinanza che voleva trasmettere la canzone.

Pisa: Keith is back!

Sono seduto su un balcone e guardo la cima della Torre Pendente. È davvero molto bello qui. Se c’è un paradiso, spero che sia così”.

Veniamo al rapporto dell’artista con la città di Pisa, in cui Keith ha lasciato importanti ricordi, oltre che una grandiosa opera d’arte.

La sua avventura comincia nel 1987, quando a New York avvenne l’incontro tra Keith e un giovane studente italiano, Piergiorgio Castellani. Questi, quasi come una sfida, propose all’artista di realizzare qualcosa di grandioso in Italia, un grande murales, così nacque  il Keith Haring Italian Project.

Il lavoro fu immenso e coinvolse numerose personalità e istituzioni: il Comune e la Provincia coordinarono, la Chiesa mise a disposizione la parete esterna del Convento di Sant’Antonio per ospitare l’opera, mentre l’Università di Pisa partecipò con una delegazione di studenti che aiutarono l’artista a realizzare il grande dipinto.

Il risultato fu un enorme murales di 180 metri quadrati, inaugurato nel giugno del 1989. Intitolato Tuttomondo, questo rappresenta un inno alla vita, quella stessa vita che solo pochi mesi dopo abbandonò l’artista, che probabilmente in questo dipinto ha voluto lasciare quanto più del suo testamento artistico.

Tuttomondo. Il murales pisano di Keith Haring, 1989

Testamento che in questa mostra è ripercorso con vivacità, molto più di quanto è stato possibile riferire in un articolo, in quanto la forza, la stravaganza e la vitalità dell’arte di Keith Haring è impossibile da rinchiudere e trattenere in una cornice o su un muro, figurarsi in poche righe.

Carmine De Mizio per Questione Civile

Bibliografia

  • Keith Haring, Catalogo della mostra, Pisa, Palazzo Blu 12 novembre 2021 – 17 aprile 2022
  • F. Bianchi – E. Bani – M. Simili, Pisa è Tuttomondo! Il murale di Keith Haring raccontato alle nuove generazioni, Pisa 2019
  • E. MacDonald, Keith Haring a Pisa. Cronaca di un murales, Pisa 2012
  • R. Pasqualetti – G. G. M. Grassi, Tuttomondo di Keith Haring. La nascita della street art a Pisa. 1989-2020, Pisa 2021.
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