L’Ara Pacis, il simbolo della politica augustea

Ara Pacis

La storia millenaria dell’Ara Pacis: il monumento imperiale e il museo innovativo

Uno dei monumenti più rappresentativi dell’arte romana; uno dei simboli più evidenti dello spessore e dell’incisività della politica di Augusto e della completa adesione a essa da parte del Senato romano: l’Ara Pacis Augustae. Questo monumento segnerà la creazione di un codice di rappresentazione per immagini che si ritroverà in tutta l’arte augustea e non solo, sia su oggetti umili, che su preziose opere d’arte e di artigianato artistico.

In questo articolo cercheremo di ripercorrere, per quanto possibile, la storia dell’Ara Pacis, del suo ritrovamento e della sua complessa musealizzazione.

La dedica dell’altare

Siamo nel 13 a.C. quando il Senato di Roma decreta la constitutio arae. Ovvero decide di dedicare questo monumento per il ritorno vittorioso di Augusto dalle campagne di Gallia e Spagna. Dopo circa quattro anni di lavori, il 30 gennaio del 9 a.C., data che coincideva con il compleanno della moglie dell’imperatore, Livia, ci fu la dedicatio, ovvero l’Ara Pacis fu ufficialmente inaugurata.

La collocazione del monumento fu programmata nel Campo Marzio settentrionale, un’area che rientrava nel programma di ristrutturazione urbana. L’Ara Pacis trovava qui una comunione precisa con altri monumenti voluti da Augusto; il grande mausoleo dedicato alla sua famiglia e l’obelisco portato dall’Egitto che fungeva da gnomone di un enorme orologio solare. Proprio questo obelisco nel giorno del compleanno di Augusto, il 23 settembre, estendeva la sua ombra fino all’Ara Pacis, a simboleggiare che questi era il fautore della pace, il natus ad pacem.

L’Ara Pacis: organizzazione strutturale

Ma veniamo ad analizzare la struttura e la decorazione di questo complesso monumento.

Si tratta di un’opera in marmo pentelico, di provenienza greca, contrariamente ad altri monumenti augustei che utilizzavano il marmo lunense. La struttura è composta di due parti. La prima è un recinto quadrangolare dotato di due ingressi con scalinate di accesso, di cui il principale era quello ovest. All’interno del recinto, su una serie di gradini poggia l’altare vero e proprio con una pianta a pi greco (P) dovuta alle tre sponde poste sui lati.

Questo altare corrisponde alla tipologia dei cosiddetti templa inaugurata di tradizione etrusca di cui ci parla Festo. Questo tipo di recinto era reso sacro definendo i quattro angoli che dovevano delimitare lo spazio sacro, il quale veniva poi recintato con tavole di legno.

La decorazione interna

Passiamo adesso ad analizzare la complessa decorazione scultorea del monumento.

Il recinto dell’Ara Pacis è organizzato, sia internamente che esternamente, con una struttura architettonica scandita in senso verticale e orizzontale. Agli angoli e in corrispondenza degli stipiti vi sono lesene decorate da elementi vegetali. Una fascia orizzontale, invece, decorata a meandro o con palmette serve a dividere in due registri la decorazione delle quattro facciate del recinto.

All’interno del recinto il registro inferiore è decorato a rilievo da elementi verticali che richiamano nel marmo la staccionata lignea che in tempi antichi serviva a delimitare lo spazio sacro del templum. Questo registro è separato da quello superiore da una fascia decorata da palmette. Nel registro superiore troviamo una decorazione a motivo ripetuto, che ricorda la funzione primaria dell’Ara: ghirlande fissate alle lesene e bucrani (teste di bovino scarnificato). Sopra le ghirlande sono scolpite delle patere, ovvero coppe poco profonde che presentavano al centro un ombelico rilevato.

Questa decorazione è profondamente simbolica, in quanto le ghirlande richiamano le decorazioni vegetali e floreali con cui si adornavano gli altari al momento della loro consacrazione. Mentre i bucrani e le patere indicano rispettivamente il sacrificio cruento (quello che prevede l’uccisione dell’animale) e quello non cruento, ovvero le libagioni di prodotti liquidi tramite l’utilizzo delle patere.

Interessante è anche la decorazione dell’altare vero e proprio. Le sponde terminano ai lati con due grifi accovacciati da cui nascono volute che contengono girali d’acanto. Sulle sponde è inoltre presente un fregio a rilievo che rappresenta una processione sacrificale, come quelle che si dovevano tenere presso l’Ara Pacis.

Il fregio inferiore esterno

Molto più articolata e complessa si presenta la decorazione esterna del recinto. Su tutti e quattro i lati la parte inferiore presenta motivi vegetali che sorgono tutti da un grande cespo d’acanto posto al centro. Si hanno, quindi, grandi candelabre vegetali, girali con fiori, fronde che rappresentano varie essenze vegetali e lo stesso acanto termina, in maniera non naturalistica, in corimbi d’edera e grappoli d’uva.

Tra le fronde e le candelabre vi sono animali, come il cigno (simbolo di Apollo, dio protettore di Augusto), serpenti e uccelli vari. Tutto il rigoglio della natura qui rappresentato simboleggia la nuova età dell’oro inaugurata dalla pace portata da Augusto.

Il grande fregio superiore dell’Ara Pacis

Il fregio superiore va letto a partire dal lato sud, che è il principale e si sviluppa in direzione est-ovest.

Qui si può vedere lo stesso Augusto accompagnato dal suo generale Agrippa, dalla moglie Livia e dall’erede Gaio Cesare. Tutte le figure, si stagliano su uno sfondo neutro, chiaro richiamo ai rilievi di età classica, probabilmente ispirati a quelli del Partenone. Ad accompagnare la famiglia di Augusto vi sono le principali cariche sacerdotali (pontifices, augures e flaminii) e lo stesso imperatore è rappresentato con in mano il lituo, un bastone ricurvo simbolo degli auguri. Questo fregio rappresenta la processione della cerimonia di inaugurazione dell’altare e tra i partecipanti sono effigiati anche personaggi all’epoca non presenti fisicamente a Roma.

Il fregio del lato nord, invece, raffigura altri membri della famiglia imperiale, ancora sacerdoti e cariche sacre come i quindecemviri sacris faciundis e i septemviri epulones. A guidare la cerimonia sono altri due eredi della famiglia imperiale, Lucio Cesare e Gaio Cesare, nipoti di Augusto.

I rilievi ai lati delle porte: Enea e il Lupercale…

Vediamo quindi i rilievi sui lati provvisti di aperture, dove troviamo raffigurazioni dalla forte valenza simbolica legate alla fondazione di Roma e alla gens Iulia, richiamando i personaggi principali legati alle origini di Roma.

Il primo pannello è quello che rappresenta Enea che sacrifica ai penati, divinità tutelari della famiglia. L’eroe è rappresentato secondo modelli fidiaci, i più adatti per scene divine e sacre secondo le concezioni artistiche dell’epoca. Ha il capo velato e il gesto della mano indica che sta per compiere una libagione su un altare.

L’altro pannello presente su questo lato rappresenta il momento in cui il pastore Faustolo trova i gemelli Romolo e Remo che venivano allattati dalla lupa, mentre il dio Marte, padre naturale dei bambini, assiste in disparte alla scena.

…  Pax e Roma

Sulla facciata est troviamo un pannello con una figura femminile seduta su una roccia con il capo velato che tiene sulle ginocchia due bambini. È affiancata da due figure femminili sedute rispettivamente su un cigno e su un mostro marino. Sotto queste figure vi è la rappresentazione di diversi animali, un’anfora che versa acqua e una ricca vegetazione.

Questa scena è stata variamente interpretata. All’ interpretazione storica che vuole vedere nella figura matronale la raffigurazione di Tellus, la Terra, è stata affiancata quella della personificazione di Pax, la pace portata da Augusto. Le figure ai lati della matrona sono i venti, quello di mare rappresentato dalla fanciulla sul mostro marino e quello di terra dalla figura seduta sul cigno.

Secondo questa interpretazione il rigoglio della natura e l’abbondanza rappresentate dagli elementi vegetali e naturali sarebbero l’eco del nuovo fiorire del mondo sotto la pax Augusta, come descritto da Orazio nei Ludi Saeculares.

L’altro pannello di questa facciata rappresenta, infine, la personificazione di Roma. Pur rimanendo pochi frammenti della figura, è possibile dare un’interpretazione pressoché certa in quanto si ha un frammento di figura femminile ammantata che siede su un cumulo di armi, che si ritrova anche in altre rappresentazioni.

La riscoperta dell’Ara Pacis

La natura paludosa dell’area unita alla vicinanza al Tevere e le sue inondazioni contribuirono all’interramento dell’altare già a partire, probabilmente, dal II secolo d.C.

I primi frammenti del monumento furono rinvenuti intorno al 1536, durante la costruzione delle fondazioni di un palazzo. Fu il cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano ad acquistare questi frammenti, il quale inviò a Cosimo I de’ Medici la lastra di Tellus-Pax, che finì nella collezione degli Uffizi. Gli altri frammenti rinvenuti in parte furono venduti ai Medici e in parte furono murati nella facciata di quella che diventerà Villa Medici.

All’inizio del ‘900 furono eseguiti alcuni saggi di scavo sotto il palazzo Ottoboni Fiano e furono trovati altri frammenti dell’altare. Cominciò così, ad opera dell’archeologo tedesco Eugen Petersen, la ricostruzione dell’altare.

Nel 1937 il regime fascista decise di riprendere gli scavi per portare alla luce altre porzioni dell’altare e, nel 1938, iniziò la costruzione del padiglione che doveva ospitare l’opera. A capo del progetto vi era l’architetto Morpurgo. Fu eretto e inaugurato nello stesso anno un padiglione in cemento e finto porfido, con grandi vetrate tra pilastri. Era il 23 settembre 1938, il giorno del compleanno di Augusto.

Durante la guerra le vetrate furono rimosse e non più rimontate fino al 1970 e sostituite da muri paraschegge, mentre il monumento fu sigillato con sacchi di pozzolana.

L’Ara Pacis: il museo capolavoro di Meier

Seguì un importante restauro negli anni Ottanta, ma già un decennio dopo erano evidenti i problemi legati all’umidità e agli sbalzi di temperatura. Tutti questi problemi potevano essere superati solo con l’installazione di una nuova teca e fu così che il Comune di Roma iniziò a lavorare al progetto. Nel 1996 l’incarico fu affidato all’architetto statunitense Richard Meier e i lavori, tra critiche aspre, rallentamenti e polemiche, si conclusero solo nel 2006.

Si tratta della prima opera costruita nel cuore di Roma dalla caduta del Fascismo. È costruita in acciaio, travertino, vetro e stucco e garantisce condizioni stabili di temperatura e umidità. Il museo si presenta come una struttura tripartita, cui la sapiente scelta dei materiali conferisce un effetto contemporaneamente di volume e trasparenza. Il primo nucleo è una galleria a cui si accede da una scalinata preceduta da una fontana.

Quindi si accede al corpo principale che ospita l’altare, circondato da pannelli di cristallo che permettono alla luce di entrare in maniera uniforme e contemporaneamente isolano dal rumore del traffico e della vita cittadina, consentendo di godere appieno dell’opera senza farla apparire “ingabbiata”. La terza parte dell’edificio ospita una sala per convegni sovrastata da una terrazza che affaccia sul Mausoleo di Augusto e un’area sotterranea che ospita mostre temporanee.

Nonostante l’acceso dibattito che questo museo ha generato sin dalla sua progettazione, non c’è dubbio che si tratta di un vero e proprio “scrigno”; degno di ospitare uno dei gioielli più preziosi lasciati in eredità dal Mondo Romano.

Carmine De Mizio per Questione Civile

Bibliografia

  • Crespi (a cura di), Richard Meier. Il museo dell’Ara Pacis, 2007
  • Hölscher, Il linguaggio dell’arte romana. Un sistema semantico, 2002
  • Zanker, Augusto e il potere delle immagini, 1987
+ posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *