Mahsa: il nome e il volto della rivolta iraniana 

Mahsa

Come Mahsa Amini, ventiduenne curda, e la sua morte hanno rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso della rivolta in Iran 

Cose normali. Raccontare senza paura ciò che si pensa, passeggiare a volto scoperto, incrociare un conoscente e sorridergli, sfoggiare un nuovo taglio di capelli, lasciando scivolare via una ciocca di troppo. Sono cose normali che in altri contesti diventano privilegi. È esattamente per una ciocca di troppo lasciata scappare fuori da un velo, portato, ma troppo liberamente, che si è conclusa la vita troppo breve di Mahsa Amini. È per un velo portato troppo liberamente che un popolo s’è innalzato contro il sopruso della libertà. 

Chi è e cosa è successo a Mahsa Amini 

13 settembre 2022, Mahsa Amini, ventiduenne curda originaria di Saquuez, si trova in viaggio con la famiglia a Teheran quando viene fermata dalla polizia e portata in caserma. L’accusa mossagli al momento dell’arresto è quella di aver portato scorrettamente in pubblico l’hijab, il velo della tradizione islamica. 

Nessuno sa cosa significasse, né tantomeno se Mahsa avesse addirittura evitato di portare il velo come da qualcuno è stato sostenuto. Tutto ciò che sappiamo è che quel giorno, quando Mahsa, senza opporre resistenza alcuna, è rinchiusa nella caserma della “polizia morale”, la famiglia già presagisce la tragedia. È per questo forse che il fratello l’accompagna e rimane per ore fuori dall’edificio aspettando che Masha venga rilasciata: tutto ciò che ottiene, però, sono le urla che provengono dall’interno e il corpo inerme della sorella caricato su un’ambulanza soltanto tre giorni dopo, il 16 settembre. 

Quando arriva all’ospedale di Kasra e, ancor prima, quando viene prelevata dai soccorsi, la giovane purtroppo è già in coma. Così sopravvive per qualche ora ancora tra le cure dei medici per poi morire, a soli ventidue anni, per un’emorragia celebrale che non le avrebbe lasciato scampo. 

La versione ufficiale 

In poche ore la notizia della morte di Mahsa Amini si diffonde e il popolo iraniano scende in piazza per chiedere ragione alle autorità della Repubblica Islamica di quanto accaduto. 

Il Capo della polizia di Teheran, il generale Hossein Rahimi, è tra i primi a prendere pubblicamente la parola, dichiarando di dover respingere qualsiasi accusa di maltrattamento mossa dalla famiglia della ragazza, e definendo la sua morte “uno sfortunato incidente”. 

La versione ufficiale rilasciata dal governo e diffusa dai canali di comunicazione ufficiale, è che la ragazza fosse morta a causa di un infarto generato dallo stress della situazione. Mai – ovviamente – da nessun media ufficiale è paventata la possibilità che la responsabilità possa essere stata della polizia iraniana. 

L’insurrezione in nome di Mahsa: il popolo e le donne d’Iran 

È tutto questo che sobilla, allora, da giorni le inarrestabili proteste del popolo in Iran. A centinaia e centinaia sono scesi in piazza, in prevalenza donne, al fianco di tanto in tanto di qualche uomo, manifestando e mettendo in pericolo la loro stessa vita in nome della libertà e della giustizia. 

Lo hanno fatto con gesti molto forti, che esprimono le loro richieste, le loro necessità e che, in qualche caso recuperano azioni antichissime, quasi rituali. La loro presenza nelle piazze del Paese è certamente il messaggio più forte di tutti. Accanto a questo ce ne sono due, altrettanto chiari, diretti al governo: migliaia di donne bruciano il loro hijab in mezzo alle strade liberando i volti, il petto, le spalle e, ancor di più, i capelli di ogni lunghezza e colore, che vengono tagliati in segno di lutto e di protesta. 

Mahsa Amini: la goccia che ha fatto traboccare il vaso 

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Non è la prima volta che la libertà del popolo iraniano subisce degli affronti e che il popolo stesso manifesti il proprio dissenso. Il 10 maggio scorso, ad esempio, diversi drappelli di lavoratori si erano riuniti davanti alle prigioni di Teheran per manifestare contro l’ingiusto e tuttora immotivato arresto di due documentariste, Firouzeh Khosrovani e Mina Keshavarz. E ancora, all’inizio dell’estate, moltissimi erano scesi in piazza a tutela dei propri diritti, manifestando contro l’insostenibile aumento dei prezzi dei generi alimentari di base. 

In altre parole, Mahsa Amini è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e adesso c’è solo da ammirare il coraggio di un popolo intero, osservare e lottare per quello che ci sarà possibile. 

Noemi Ronci per Questione Civile

Sitografia 

www.amnesty.it

www.ilmessaggero.it

www.collettiva.it

www.lifeandpeople.it

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