Madame du Chastel: esempio di consolatio altomedievale

madame du chastel

La Madame du Chastel di Antonio de la Sale, una delle madri de Le Réconfort de madame du Fresne

Madame du Chastel è la protagonista di uno dei due racconti contenuti nel Le Réconfort de madame du Fresne. Uno scritto la cui paternità risale ad Antonio de la Sale, un provenzale vissuto nella prima metà del 1400 presso varie corti.

Madame du Chastel e il filone delle consolationes

Lo scritto apparteneva all’ambito delle consolationes, dirette a madri che avevano perduto il proprio figlio, genere sviluppatosi in Grecia e introdotto poi a Roma. Alla letteratura latina e cristiana farà riferimento il Nostro. Infatti, nello scritto sono presenti citazioni estrapolate dalla Bibbia, da Bernardo di Chiaravalle, San Girolamo e Seneca. Quest’ultimo scrittore delle note consolationes scritte per madri che hanno perso i rispettivi figli: la Consolatio ad Helviam matrem e la Consolatio ad Marciam.

In questo scritto hanno posto due racconti di madri valorose. Del primo indiscussa protagonista è la figura di Madame du Chastel. Non è la prima volta che protagonista di uno scritto è una madre: Cornelia testimone esemplare di donna e genitrice; ancora prima Medea, antitesi della madre devota ai figli; ancora. la Griselda boccacciana, esempio di pazienza, pudicizia e devozione coniugale.

I fatti

L’episodio si verifica all’interno della cornice della guerra dei Cent’anni. Gli Inglesi, comandati dal Principe Nero, assediano la fortezza di Brest, a cui fa a capo il signor du Chastel. Quest’ultimo fu costretto a stipulare un accordo. Avrebbe consegnato la fortezza al principe inglese, qualora non avesse ottenuto aiuti prima della scadenza di un determinato arco di tempo. Per ottemperare alla parola data dà al principe in ostaggio l’unico figlio tredicenne. Giorni prima della scadenza, il comandante della fortezza di Brest riceve una nave con vettovaglie, perciò invia un araldo per notificare Principe Nero. Comunicato l’arrivo degli ausili, avrebbe dovuto restituire il figlio. Il signor du Chastel non dimenticò di esortare, secondo usanza cavalleresca, il principe inglese a servirsi delle vettovaglie di cui bisognasse. Questi adirato, sostenne che delle vettovaglie non fossero aiuti e intimò al signor du Chastel la resa della fortezza, in cambio della vita dell’ostaggio.

Nel racconto seguono, secondo cerimoniale: l’entrata degli araldi che recano il rifiuto del principe alla richiesta del signor du Chastel; la riunione di famiglia, da quest’ultimo indetta affinché venga deciso il da farsi; e come la moglie apprenda da lui nella notte la verità e inizialmente mostri il sentimento proprio di una madre svenendo. Tale sentimento sembrerà essere messo stoicamente a tacere nella notte della vigilia del giorno prima della decisione.

La coraggiosa decisione di Madame du Chastel

Nel suo Mimesis, Auerbach riporta in particolare questo passo. Ne emerge la figura di una donna saggia e forte, che mette a tacere la madre che è dentro di lei. Ciò si contrappone a quello che richiedevano i motivi tradizionali della poesia cortigiana, orizzonte nel quale ancora La Sale è inserito stilisticamente e linguisticamente. Madame du Chastel non si adegua alle circostanze. Non si limita a piangere il figlio e non prega il marito di sacrificare la fortezza e l’onore, per la sopravvivenza dell’unigenito. Invece, attraverso un serrato processo di logica, fa sì che il marito compia ciò che realmente nel suo inconscio ha già in mente di compiere. Gli fornisce l’appoggio di cui in quel momento lui ha bisogno, con un contegno titanico. La donna si trova ad affrontare un problema pragmatico che la pone al centro di un conflitto in cui è sola.

Alla notizia data dal marito ella potrebbe piangere, disperarsi, pregarlo, invece sa che il suo dovere è quello di essergli d’aiuto. Sa che lui ha già deciso cosa fare e non vuole essergli di intralcio. Alla richiesta di aiuto da lui avanzatale, sa che il suo compito non è dare la sua opinione, ma fornire contrafforti alla decisione del marito. Perciò dapprima si dispensa dal dire qualcosa, sminuendo la sua parola e sostenendo che la decisione tocca a lui, armato di virtù e coraggio virile. Strappandolo coì dallo stato di prostrazione nel quale si era gettato, elenca le sue argomentazioni. Queste corrispondono con quelle non espresse dal capitano della fortezza di Brest.

Il figlio, dice la signora, appartiene più alla madre che al padre. Da lui lei, madre, si è adesso sciolta e lo pone nelle mani di Dio. La loro fertile età permetterà di avere altri figli, ma l’onore, una volta perduto, è irrecuperabile.

Quella scena quasi “borghese”

Nonostante la storia sia ambientata in un preciso frangente storico, le coordinate storico-politiche sono spesso poco chiare. Ciò che colpisce è il linguaggio ampolloso e pomposo, tipico dei cerimoniali feudali, descritti in modo minuzioso. La lampante discrepanza tra il modo di rapportarsi del signore du Chastel nei confronti dei messaggeri del Principe stride con la tragicità insita nel messaggio. Tutto, o quasi, rimanda alla sfera del mondo cortigiano. La perdita della fortezza non è trattata con una criticità militare-politica: non si parla delle conseguenze per la Francia. Tutto viene ricondotto alla perdita dell’onore che ne conseguirebbe. La tragicità è tutta velata da questa patina cerimoniale, pomposa tipica del linguaggio di La Sale. L’autore si dimostra un autore anacronistico per l’epoca in cui si trova a operare, ancora ancorato stilisticamente ai canoni linguistici della società feudale.

Quasi certamente il dialogo tra i signori du Chastel si svolge di notte, in una camera da letto, rappresentando uno spaccato di vita quotidiana. Cosa c’è infatti di più reale di due coniugi che si raccontano le proprie pene nel buio della notte? Però questi vengono rappresentati quasi come due borghesi, non resta nulla della patina feudale, se non nel linguaggio. Qui non c’è cerimoniale, soltanto due sposi, che si lamentano di una grande tragedia, che si sforzano di aiutarsi. Una tragedia che, a dispetto del modo in cui veniva rappresentata nella tradizione classica, non presuppone nessuna scena titanica. Con pacatezza Madame du Chastel, con abnegazione e sotto pieno dominio di sé, decide della morte del figlio in cambio dell’onore del marito.

Madame du Chastel e la sua tragicità “composta”

Non v’è nessuna tragedia gridata. La tragicità è quasi sommessa e rassegnata ed emerge da una gravità, da un ritmo lento, dalla caricatura dei colori, dalle minuziose descrizioni dei cerimoniali. Vi concorrono anche le torture inflitte sia al figlio del signor du Chastel, che ai prigionieri poi dai lui fatti.

Queste caratteristiche non si trovano generalmente nella letteratura feudale dell’alto medioevo, emerge l’influenza data dalla concezione figurale e dall’assoggettamento alla sofferenza cristiani. È, infatti, impossibile non relazionare la famiglia du Chastel e la Sacra Famiglia. La Madonna si rimette al volere di Dio, pronta a sacrificare il suo unico figlio per salvare l’umanità; Madame du Chastel si rimette all’inconscio volere del marito, affinché il suo onore sia salvo.

La matrice cristiana

La storia degli umili, dei vinti, dei sofferenti, che veniva raccontata nelle Sacre scritture, è adesso al centro delle rappresentazioni. È frequente ritrovare nella letteratura quelle che in arte sono chiamate “pitture di storie”, nelle quali l’uomo e la sua esistenza terrena vengono sviliti. Emerge l’idea della caducità del destino, che vuole essere smascherata in queste rappresentazioni di uomini proiettati in scene della loro quotidianità. Una quotidianità della quale vengono rappresentate tutte le storture e le brutture un tempo taciute a causa dell’idea di tripartizione stilistica. Mai si sarebbe pensato nell’antica Grecia o nell’antica Roma che un destino fosse deciso in un letto, di notte. Mai si sarebbero visti due coniugi tentennare, piangere, interrogarsi in una camera da letto.

La tragicità, sebbene raccontata con realismo creaturale tipico dell’alto medioevo, e uno stile retorico araldico e magniloquente, viene fuori in modo lampante da questa scena. È una tragicità che, nonostante il manierismo di questa arte di casta e l’orizzonte ristretto, si fa spazio in modo genuino. Genuino e altamente dignitoso in mezzo a questo stile ampolloso. Una tragicità presentata con una sofisticaggine e un formalismo che stridono con la semplicità, la profondità e il pragmatismo del conflitto. Tragicità accompagnata a “un grande calore e una semplicità di cuore”, che la innalzano a maggiore dignità e la rendono maggiormente apprezzabile all’occhio del lettore.

Rosita Castelluzzo per Questione Civile

Bibliografia e sitografia

E. Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Torino, Casa Editrice Einaudi, 1956.

G. Boccaccio, M. Marti (a cura di), Decameron, Milano, BUR Rizzoli, 1974.

A. de la Salle, Le Réconfort de madame du Fresne, University of Exeter, 1976.

L. A. Seneca, A. Traina (a cura di), Le consolazioni,  Milano, BUR Rizzoli, 2019.

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