Cardiochirurgia pediatrica: l’intervento di Ross, ultima frontiera per il trattamento della valvulopatia aortica nel giovane adulto
L’intervento di Ross è un intervento chirurgico di uso ormai consolidato, specie in età pediatrica, per il trattamento della patologia della valvola aortica. In questo articolo si cercherà di spiegare cosa è e quali sono le maggiori criticità e potenzialità di questa operazione.
Cenni anatomici
Per capire in cosa consista questo intervento è ben ricordare al lettore per sommi capi l’anatomia del cuore.
Il cuore umano è formato da 4 camere: due atri e due ventricoli. Atrio e ventricolo destro raccolgono dalle vene cave, superiore e inferiore, il sangue refluo da tutto il corpo, il così detto sangue venoso – ricco di anidride carbonica e sostanze di rifiuto. Il cuore sinistro, invece, accoglie il sangue arterioso, ricco di ossigeno, proveniente dal piccolo circolo dei polmoni.
Tra atri e ventricoli ci sono le valvole atrioventricolari: la tricuspide a destra e la mitrale o bicuspide a sinistra; mentre dai ventricoli, tramite delle regioni dette di efflusso, originano due grandi vasi: il tronco polmonare, a destra, che si separa dopo pochi centimetri in arteria polmonare destra e sinistra; e l’aorta, a sinistra, che distribuisce il sangue arterioso, ossigenato, in tutto l’organismo.
Le valvole e l’aorta
Tra i ventricoli e i loro rispettivi vasi ci sono delle valvole: la polmonare a destra e l’aortica a sinistra. L’anatomia di queste strutture sarà particolarmente utile per capire in cosa consista l’intervento di Ross. Ciascuna delle due è formata da tre cuspidi: nel caso dell’aorta queste si chiamano cuspide coronarica destra, cuspide coronarica sinistra (perché subito al di sopra di esse hanno origine le coronarie – le arterie che vascolarizzano il cuore e che, ostruendosi, causano l’infarto) e, infine, la cuspide non coronarica.
L’aorta è un grande vaso di diametro circa pari a 25 mm, che si divide in una radice che origina dal ventricolo sinistro, a sua volta suddividibile in un anulus – in cui alloggia la valvola omonima – una porzione dilatata detta seno di Valsalva – dove si situano gli omonimi osti da cui hanno origine le coronarie – e una giunzione tubero-infundibolare. A quest’ultima segue una porzione dell’aorta detta ascendente, che si continua nell’arco aortico e nell’aorta discendente.
Quando una valvola si ammala
Le valvole sono strutture estremamente importanti per permettere al cuore di funzionare correttamente. In sostanza la loro forma permette l’efflusso del sangue dai ventricoli e previene il suo reflusso dai grandi vasi. Ciascuna cuspide ha una forma concava nella parte che si proietta verso il lume del vaso, e convessa nella porzione che guarda al ventricolo.
A volte le valvole possono ammalarsi subendo un danno strutturale e funzionale che ne compromette la continenza (insufficienza) o, al contrario, ne determina un restringimento (stenosi). Le cause di questi difetti possono essere innumerevoli: comprendono anomalie nel numero delle cuspidi (bicuspidia), che predispongono alla degenerazione calcifica, presenza di calcificazioni, patologie del connettivo, endocrine, infezioni e così via.
Indipendentemente dalla causa, in presenza di una valvulopatia, il cuore è in sofferenza. Soffermandoci su quella aortica: una stenosi, ovvero un restringimento, può costituire un ostacolo all’efflusso del sangue del cuore al resto del corpo. Per vincere questo ostacolo, il ventricolo sinistro si deve contrarre più fortemente, e questo può determinare un ispessimento delle pareti cardiache (fenomeno detto ipertrofia concentrica).
Il flusso di sangue attraverso la valvola aortica sarà più rapido e turbolento e l’effetto di queste turbolenze sarà auscultabile con il fonendoscopio sotto forma di soffio. Un soffio a diamante, crescendo decrescendo, che si propaga verso il collo (le carotidi). Alla lunga il cuore si stanca e si dilata (fenomeno detto ipertrofia eccentrica) e la stenosi aortica diventa sintomatica. Il paziente comincerà a non tollerare gli sforzi e, nei casi più gravi, potrebbe svenire quando, in conseguenza di uno sforzo, il cuore non riesce a fornire al cervello sufficiente sangue ossigenato.
Diagnosi
La diagnosi può essere fatta durante una semplice visita cardiologica: si visita il paziente e si percepisce il soffio, quindi, si completa la valutazione del paziente con l’elettrocardiogramma (ECG) e l’ecocardiografia.
L’ECG evidenzia una deviazione assiale sinistra come per una ipertrofia ventricolare sinistra; L’ecocardiografia, invece, ci consente di valutare la struttura del cuore, in particolare: le dimensioni delle pareti del ventricolo destro, l’area valvolare in cm^2, la presenza di calcificazioni sulle commessure valvolari (i punti in cui le radici delle cuspidi si toccano). Con il color doppler è possibile studiare il flusso di sangue attraverso la valvola, misurando la velocità (in cm/s) e inferendo da questa il gradiente pressorio tra ventricolo e aorta.
Nell’insufficienza aortica, invece, le cuspidi non chiudono abbastanza e questo porta a un reflusso di sangue in ventricolo. Con il tempo anche in questo caso il cuore si dilata, per il ristagno di sangue, e si instaura un’insufficienza cardiaca.
L’intervento di Ross
Quando la patologia valvolare diventa troppo grave è necessario operare. Le alternative terapeutiche tradizionalmente utilizzate ricorrono all’utilizzo di una valvola artificiale: o meccanica o biologica.
La differenza principale risiede nel fatto che la valvola meccanica necessita di una terapia anticoagulante a vita (INR compreso tra 2,5 e 3,5), mentre la biologica no, ma c’è un maggior rischio di infezione e una durata minore per una precoce degenerazione calcifica.
La sostituzione può avvenire sia mediante chirurgia open: in sternotomia mediana e circolazione extracorporea, oppure mediante un intervento mini-invasivo chiamato TAVI (trans-catheter aortic valve implantation) che consiste nella sostituzione valvolare mediante un approccio endovascolare: si usa un catetere con una protesi terminale, lo si inserisce nell’arteria femorale e da questa si raggiunge l’aorta fino alla valvola.
L’intervento di Ross, invece, consiste nella sostituzione della valvola aortica malata con la valvola polmonare prelevata dal paziente stesso. Al posto di quest’ultima viene posizionata un homograft (valvola da donatore cadavere) o un heterograft (di origine animale). Il vantaggio di questo intervento risiede nel fatto che la valvola può crescere insieme al paziente pediatrico e per questo è diventato l’intervento prediletto nella patologia valvolare aortica nel paziente pediatrico.
Criticità dell’intervento di Ross
Il principale rischio di questo intervento, a lungo tempo, è l’insufficienza dell’autotrapianto (o autograft), cioè la perdita di continenza della valvola polmonare posizionata al posto di quella aortica e la concomitante dilatazione della radice aortica.
Purtroppo, questo porta alla necessità di reintervenire chirurgicamente.
Per ovviare a questo problema, negli ultimi anni si è ricorso a un intervento di Ross rinforzato: la valvola viene inclusa all’interno di una protesi in dacron, un materiale anelastico, che costituisce una sorta di camicia di rinforzo che previene la dilatazione della radice aortica. Di per sé questo risultato sembra piuttosto scontato: includere una struttura elastica all’interno di una anelastica previene la dilatazione della prima. Ma questo rappresenta davvero un vantaggio per questi pazienti?
I pro e i contro
Ridurre l’elasticità di una porzione della radice aortica, infatti, potrebbe condizionare il flusso sanguigno trans-aortico in modo da determinare, a lungo termine, un danno alle cuspidi polmonari. Inoltre, la presenza di una struttura inestensibile potrebbe inficiare sulla possibilità di crescita valvolare nei pazienti pediatrici. Perciò questo tipo di intervento rinforzato non è applicabile nei bambini molto piccoli, ma solo in pazienti con più di 16 anni o comunque in cui la crescita della valvola aortica e pressoché ultimata.
Recenti studi hanno cercato di valutare come la dilatazione di porzioni differenti della radice aortica, impattino diversamente sul fallimento dell’autograft e sono arrivati a concordare che le aree la cui dilatazione sembrerebbe più pericolosa sono anulus e giunzione tubulo-infundibolare. Sulla base di questi risultati si è pensato di ricorrere a un rinforzo costituito da due anelli in dacron da applicare in queste due punti anziché il precedente cilindro di rinforzo. Anche in questo caso, tuttavia, sebbene si potrebbe migliorare l’emodinamica del graft, non si permetterebbe comunque a quest’ultimo di crescere insieme al bambino.
Un’altra possibile soluzione sarebbe quella di rinforzare il graft sovrapponendolo a una parte della radice dell’aorta la quale, essendo di materiale biologico, potrebbe accrescersi insieme al bambino, garantendo comunque un rinforzo alla valvola. Questa procedura, tuttavia, è stata utilizzata per il momento solo negli adulti.
Predittore del fallimento dell’intervento di Ross: i dati più recenti
La ricerca in questo ambito è ancora in corso e un recente studio, pubblicato nel luglio 2023, sembra suggerire che i pazienti con insufficienza o stenoinsufficienza aortica come diagnosi di partenza abbiano un rischio aumentato dell’autograft failure e di reintervento. Questi dati potrebbero permetterci di selezionare, dunque, i pazienti che beneficerebbero di più dell’intervento di Ross rinforzato. Ma ulteriori studi devono essere condotti.
Francesco Lodoli per Questione Civile
Sitografia
Impact of Preoperative Aortic Regurgitation on Long-term Autograft Durability and Dilatation in Children and Adolescents Undergoing the Ross Procedure Ismail Bouhout, MD, PhD, Sameer Singh, MD, Stephanie Nguyen, MD, Alice Vinogradsky, MS, Connor Barrett, MS, David Kalfa, MD, PhD, Emile Bacha, MD, Andrew Goldstone, MD, PhD DOI: https://doi.org/10.1016/j.jtcvs.2023.06.012