L’articolo 9: il pacifismo costituzionale in Giappone

articolo 9

Dal militarismo al pacifismo costituzionale: la costituzionalizzazione della rinuncia alla guerra in Giappone con l’introduzione dell’articolo 9

In seguito alla rinnovazione Meiji e la promulgazione della Costituzione del 1889, il Giappone entrò a gamba tesa nello scenario geopolitico internazionale. Seppur il Giappone non fosse dotato di tecnologie militari all’avanguardia incominciò a marciare verso l’Asia continentale al fine di espandere il glorioso Impero.

Il forte militarismo giapponese (che assunse una certa pericolosità durante il secondo conflitto mondiale soprattutto tramite gli attacchi dei kamikaze[1]), spaventava i paesi Occidentali. Le forze americane, durante l’occupazione in Giappone, premettero affinché il militarismo, insito nella cultura giapponese venisse soppresso. Questo si tradusse con l’introduzione del pacifismo costituzionale[2] nella nuova carta fondamentale giapponese.

L’articolo 9 della Costituzione giapponese afferma:

Aspirando sinceramente a una pace internazionale basata sulla giustizia e l’ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o all’uso della forza come mezzo per risolvere le controversie internazionali. Al fine di raggiungere lo scopo del paragrafo precedente, le forze terrestri, marittime e aeree, così come altri potenziali di guerra, non saranno mai mantenuti. Il diritto di belligeranza dello Stato non sarà riconosciuto”. Il contenuto letterale dell’articolo prevede non solo la rinuncia alla guerra come strumento di offesa, ma anche l’eliminazione di ogni forma di forza armata; pertanto, viene vietato al Giappone di creare e mantenere ogni forma di forza armata. Questa interpretazione letterale potrebbe nei fatti escludere ogni forza armata deputata alla difesa della Nazione.

È coerente la creazione della National Police Reserve con il contenuto dell’articolo 9?

Il contenuto letterale dell’articolo prevede non solo la rinuncia alla guerra come strumento. Il diritto di vivere in pace contenuto nel preambolo potrebbe permettere al Giappone di munirsi di forze di difesa interna. Pertanto, nel 1950 il Governo giapponese creò la Riserva Nazionale di polizia.

Il nome è stato scelto al fine di non confliggere con il contenuto dell’articolo 9. La funzione di questo corpo era quella di mantenere la pace all’interno dello Stato. Nel 1952 venne stipulato a San Francisco il Trattato di Pace, il quale permetteva alle forze alleate di poter stazionare contingenti sul suolo giapponese al fine di garantire la pace e l’integrità della Nazione. Nel 1954 la Riserva Nazionale venne modificata con la creazione di una nuova forza di autodifesa (SDF) che componeva forze terrestri, navali e aeree. La creazione di queste forze di polizia e lo stazionamento delle forze americane in Giappone entrò in conflitto con l’interpretazione letterale dell’articolo 9.

L’autodifesa era (ed è) un diritto internazionalmente riconosciuto a ogni Stato sovrano, incluso il Giappone, che aveva quindi il diritto di mantenere delle forze capaci di tutelare la pace all’interno nel proprio territorio. I pacifisti giapponesi cercarono in ogni modo di far valere il contenuto dell’articolo 9, come valore assoluto, dandone un’interpretazione molto rigida. Come scritto in precedenza, il mantenimento delle forze di difesa e lo stanziamento dei contingenti americani vennero considerati contrari al contenuto dell’articolo 9 e quindi incostituzionali.

Nel 1950 Suzuki Mosaburo, leader del partito socialista, ricorreva contro la Riserva Nazionale di polizia affermando che la sua formazione violava il contenuto dell’articolo 9. La sentenza Suzuki (National Police Reserve Case) che seguì il ricorso definì i poteri della Corte Suprema, lasciando, però, aperta la questione sulla costituzionalità delle National Police Reserve affermando la propria incompetenza nel decidere sulle “political questions[3]”.

L’articolo 9: L’interpretazione della Corte Suprema del pacifismo costituzionale nel caso Sunagawa

Nel 1957 dei manifestanti giapponesi si riunirono a protestare contro i piani di espansione della pista dell’aeroporto di Tachikawa. Furono arrestati sette manifestanti. Contro di loro potevano essere applicate pene molto severe in virtù degli accordi tra gli Stati Uniti e il Giappone. Il tribunale distrettuale di Tokyo appoggiando l’azione degli accusati dichiarò che la presenza del contingente militare violava il contenuto dell’articolo 9. Lo Stato propose ricorso alla Corte Suprema. L’articolo 98 della Costituzione afferma il dovere del Giappone di rispettare il contenuto dei trattati internazionali e quindi anche il contenuto del Trattato di San Francisco, il quale consentiva lo stabilimento dei contingenti militari.

Il governo, affermava la Corte, nello stipulare i Trattati e nell’osservarne il contenuto agiva in maniera conforme alla costituzione. Come nella sentenza Suzuki, la Corte affermava la propria incompetenza nell’entrare nel merito di un atto politico e legislativo. Il potere della Corte si sarebbe attivato solo nel caso di manifesta incostituzionalità del Trattato. L’articolo 9 doveva essere interpretato, secondo la Corte, in armonia con il contenuto dell’articolo 98 il quale obbliga il Giappone a osservare gli obblighi internazionali. Le forze americane non sono sotto il controllo del Giappone, pertanto non costituiscono “war potential[4]”, la loro funzione era solo quella di mantenere la pace. Questo caso[5] fu di importanza epocale poiché introdusse un nuovo tassello nella travagliata vicenda dell’interpretazione dell’articolo 9. La Corte dichiarava la conformità dello stanziamento dei contingenti militari statunitensi, senza pronunciarsi sulla costituzionalità delle Forze di Autodifesa[6].

In conclusione, il Giappone, secondo l’articolo 5 del trattato della Nazioni Unite, avrebbe dovuto partecipare alle missioni di pace attraverso forze militari e aiutare altri Stati nel caso fossero stati attaccati. Un bilanciamento dell’articolo 9 con gli obblighi internazionali e il diritto alla pace sembra essere doveroso.

L’intervento del Governo Abe e le Security Laws

Nel 2013 Shinzo Abe sosteneva l’«aumentata severità» della situazione della sicurezza del Paese, forse considerando il pericolo che rappresenta la Corea del Nord, come argomento per accelerare la revisione costituzionale, la cui procedura richiede una maggioranza di due terzi in entrambi i rami della Dieta e un referendum popolare.

Finora la Costituzione non ha mai avuto alcun emendamento, infatti è possibile considerare la Costituzione Giapponese come la più rigida nel mondo.

Nel 2014 il Governo Abe ha promosso e adottato una sorta di “interpretazione autentica” dell’articolo 9[7]. Secondo tale interpretazione il Giappone, oltre al diritto di autodifesa individuale, poteva prendere parte alle operazioni di peacekeeping internazionali, configurando di fatto la possibile estensione all’autodifesa collettiva al fine di proteggere gli Stati alleati con il Giappone. Questo, però, viene “giustificato” quando possa avere un impatto negativo alla vita, libertà e felicità dei cittadini giapponesi[8]. Inoltre, la nuova interpretazione fornita dal Governo Abe ha creato una sorta di zona grigia in cui viene permesso al Giappone di difendere i propri cittadini all’estero da attacchi provenienti da “non-state actors”[9].

Le Security Laws: gli effetti nell’interpretazione dell’articolo 9

Nel 2015 sono state approvate le Security Laws che disciplinano e consentono l’utilizzo delle forze di autodifesa giapponesi all’estero in appoggio di un alleato aggredito. Questo conferma difatti la nuova interpretazione di forza armata in conformità degli obblighi internazionali. Le Security Laws sono state ritenute incostituzionali poiché non rispettano le modalità previste dall’articolo 96 per modificare il contenuto della costituzione. Per poter modificare la costituzione serve una maggioranza qualificata di due terzi per ciascuna Camera e un referendum popolare confermativo. Il governo Abe, come si può leggere anche nel trattato di Losano[10], ha usato l’interpretazione autentica e l’emanazione delle Security Laws come strumento per proporre una modifica del tanto discusso articolo 9. La nuova interpretazione consente il diritto di autodifesa in caso di attacco esterno e il diritto di inviare aiuti a favore di uno Stato alleato aggredito.

Questa interpretazione è stata accolta positivamente dagli alleati statunitensi, ma ha suscitato parecchie perplessità e proteste da parte della Corea del Sud e della Cina che storicamente sono state oggetto delle mire espansionistiche e militari del Giappone.

La critica del professor Yasuo Hasebe

Yasuo Hasebe, uno dei professori più importanti e influenti di diritto costituzionale del Giappone, ha studiato l’interpretazione fornita dal Governo Abe. Egli parte dalla dichiarazione proposta dal Governo alla Dieta nel 1972[11].

L’obiettivo del professore era quello di dimostrare che l’interpretazione data dal governo Abe incontrasse dei limiti. Nel 1972 il Governo dichiarava che l’attuale Costituzione, seppur pacifista, poteva essere interpretata in modo da consentire il diritto di autodifesa. L’unico caso in cui si riconosce il diritto di utilizzo delle forze armate è (era) quello di proteggere il popolo giapponese e i suoi diritti fondamentali, solo nel caso di un attacco straniero. In termini concreti, si può usare la forza militare esclusivamente quando il Giappone stesso è in pericolo imminente e l’attacco proviene dall’esterno; inoltre, l’uso della forza è consentito solamente quando non è possibile far fronte al pericolo con altri mezzi[12]. Questo si traduce con il principio di autodifesa individuale.

I mezzi utilizzati devono essere proporzionati al pericolo e al fine difensivo da raggiungere. L’autodifesa collettiva, quella usata a tutela di uno Stato alleato, pertanto viene considerata oltre i limiti dell’articolo 9 e del diritto di autodifesa individuale. I requisiti indicati dal Governo dovevano coesistere, il pericolo doveva essere grave, concreto e attuale affinché lo Stato usasse la forza militare difensiva. Nella sua analisi Hasebe inoltre dichiara, partendo dall’analisi del contenuto dell’articolo 51 della Convenzione delle Nazioni Unite – per cui “La legittima difesa, nell’ambito del diritto internazionale, è un principio giuridico secondo il quale uno Stato aggredito da altre entità ha il diritto a difendersi da tali aggressioni” -che è possibile riconoscere solo il diritto di autodifesa individuale. Secondo questa ricostruzione, quindi, il diritto di autodifesa collettiva era da considerarsi in contrasto con il contenuto dell’articolo 9 e quindi incostituzionale.

La questione rimane ancora aperta

Il Governo Abe, con l’interpretazione già citata sopra, cambiò rotta rispetto al Governo del 1972. Consideró l’uso della forza armata permessa non solo a difesa del Giappone, ma anche in aiuto degli Stati stranieri con cui il Giappone ha stretto delle alleanze (v. supra, Security Laws).

I frequenti lanci da parte della Corea del Nord di missili balistici[13] e i suoi esperimenti atomici, così come le rivendicazioni della Cina su molte isole del Mar Cinese hanno avvalorato le proposte di riforma dell’articolo 9.

Dopo la morte di Abe, il forte riformismo dell’articolo 9 sembra essersi quietato e la questione sembra ancora essere puramente politica.

Gerardo Coppola per Questione Civile

Bibliografia

Caroli, R., & Gatti, F. (2017). Storia del Giappone. Ediz. Ampliata.

Jones, C. (2023). The annotated Constitution of Japan: A Handbook.

Losano, M. G. (2020). Le tre costituzioni pacifiste: Il rifiuto della guerra nelle costituzioni di Giappone, Italia e Germania. Matsui, S. (2010).

The Constitution of Japan: A Contextual Analysis. Bloomsbury Publishing.

Mazza, M. (2019). I sistemi del lontano Oriente.

Yasuo Hasebe, The End of constitutional Pacifism?

Emilio Castorina, Pasquale Policastro, Le Costituzioni, Un invito alla comparazione, G.Giappichelli Editore

Gerardo Coppola, Tesi di Laurea, La forma di governo del Giappone, Università degli Studi di Catania, 2023

Who Is the Author of Article 9 of the Constitution of Japan? www.nippon.com

Costituzione del Giappone japan.kantei.go.jp

Sitografia

www.courts.go.jp

www.tg24.sky.it

Note


[1] Il termine Kamikaze è una parola giapponese tradotta come “vento divino” (Kami significa “divinità”, un termine fondamentale nello shintoismo, e kaze sta per “vento”). Durante la Seconda guerra mondiale l’esercito giapponese usò gli attacchi suicidi eseguiti dai piloti giapponesi (su aerei carichi di esplosivo) contro le navi alleate verso la fine della campagna del Pacifico. Il termine è stato utilizzato durante l’invasione mongola per identificare un leggendario tifone che si dice abbia salvato il Giappone dall’immensa flotta mongola inviata da Kublai Khan.

[2] Il pacifismo costituzionale non è circoscritto solamente alla Costituzione giapponese. È doveroso fare alcuni esempi: la Costituzione della Repubblica Federale di Germania del 1949 nell’articolo 87 a prevede che le forze armate possano essere usate solamente per finalità di difesa (Il Bund si avvale delle forze armate per finalità di difesa); la Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 prevede invece: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.  Per consultare le costituzioni si rimanda al testo: Emilio Castorina, Pasquale Policastro, Le Costituzioni, Un invito alla comparazione, G.Giappichelli Editore

[3] Ad oggi la Corte suprema ha dichiarato l’incostituzionalità solo in dieci casi, molto spesso è rimasta molto prudente risolvendo le questioni di costituzionalità con la prassi dell’atto politico (political question) al fine di rimettere tutto all’autorità politica e negando di fatto la propria competenza.

[4] Colin P.A. Jones (Edited by), The Annotated Consitution of Japan: A Handbook

[5] Altre sentenze seguiranno questo celebre caso anche se non vi sarà nessuna innovazione nell’interpretazione fornita dalla Corte.

[6] Il tema fu oggetto di una pronuncia della High Court di Sapporo in cui venne richiamata esplicitamente il caso Sunakawa. Mario G. Losano, Le tre costituzioni pacifiste, Il rifiuto della guerra nelle costituzioni di Giappone, Italia e Germania, pp. 183,184

[7] Mauro Mazza (a cura di), I sistemi del lontano Oriente, CEDAM, pp.212,213

[8] L’interpretazione rimanda esplicitamente il contenuto del preambolo e dell’art 13 della Costituzione. Art. 13: “All of the people shall be respected as individuals. Their right to life, liberty, and the pursuit of happiness shall, to the extent that it does not interfere with the public welfare, be the supreme consideration in legislation and in other governmental affairs”. Questo potrebbe essere utilizzato al fine di quietare le forti opposizioni all’utilizzo della forza armata.

[9] Es. terroristi. Colin P.A. Jones (Edited by), The Annotated Consitution of Japan: A Handbook, pp.39

[10] Mario G. Losano, Le tre costituzioni pacifiste, pp. 187-188.

[11]Let me explain the former official view on Article 9 (Section 1), and then the change under the Abe administration and its implications (Section 2). I will then explain why an established authoritative view of the government should not be changed without sufficient reason (Section 3), before proceeding to describe some prospects (Section 4), and giving my conclusion (Section 5). Whereas Article 9 of the Constitution of Japan stipulates that “land, sea, and air forces, as well as other war potential, will never be maintained,” the Self-Defense Forces, which many people regard as nothing but military forces, have been set up and maintained.

The official explanation on this point has been that it would be manifestly unreasonable for the Constitution to prohibit the government from maintaining and using minimum forces to protect lives and property of the people. In other words, the Constitution merely demands that the forces to be maintained and used should be strictly minimal.The government’s statement submitted to the National Diet on October 14, 1972 held that: “the current constitution, which is based on pacifist principles, cannot be understood to tolerate unlimited exercise of the right of self-defense. The constitution recognizes the use of this right only in cases where it is essential to protect the Japanese people’s rights to life, liberty, and the pursuit of happiness if these rights are jeopardised by foreign military attack.”

Since the right of collective self-defense is to be invoked when foreign states are under military attack and request support from Japan, such use of force is beyond the constitutional limit. In concrete terms, the government may use force only when (1) Japan itself is under on-going or imminent, unlawful armed attack emanating from abroad; (2) use of force is necessary to terminate the attack; and (3) the extent of the force used is proportionate to the end to be achieved.

These three conditions should be co-existent. I would like to add that such an expansive interpretation is not without precedent. Consider the Constitution of the United States, which makes it the power of Congress to declare war (Article 1, Section 8, Clause 11), that is, to deploy troops and initiate military actions. However, since the debates of the Constitutional Convention of 1787, it has not been doubted that the executive branch has “the power to repel sudden attacks,” that is, to use the right of individual self-defense.

The War Powers Resolution of 1973, which constrains the president’s authority to use military force, still concedes that the president has the “constitutional powers” under Article 2, Section 2, Clause 1, “to introduce United States Armed Forces into hostilities pursuant to a national emergency created attack upon the United States, its territories or possessions, or its armed forces” (Section 2 (c)).

In accordance with this line of reasoning, the Japanese government has stated again and again that among the right of self-defense recognized by Article 51 of the UN charter, the Constitution recognizes only the right of individual self- defense. In other words, the use of the right of collective self-defense is clearly unconstitutional. Various government spokespersons, including successive chiefs of the Cabinet Legislation Bureau who are primarily in charge of providing legal advice to the government, have stated that in order for the government to exercise the right of collective self-defense, amendment of Article 9 is essential.”   Yasuo Hasebe, The End of constitutional Pacifism?

Una trattazione articolata è possibile leggerla nello studio del professor Losano, Le tre costituzioni pacifiste.

[12] Queste sono definite dagli studiosi come le “tre condizioni per l’autodifesa”. Colin P.A. Jones (Edited by), The Annotated Consitution of Japan: A Handbook, pp.39

[13] Negli utili hanno il Giappone ha affrontato di nuovo il pericolo missilistico della Corea del Nord. Il 4 ottobre del 2022 alle ore 7:29 ora locale i giapponesi sono stati messi in allerta dopo che dei missili erano stati lanciati dalla vicina Corea del Nord.

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