I resti della città di Spoleto e l’antico popolo degli Umbri
Famosa per lo splendore che raggiunse in età medievale, di cui rimangono magnifici monumenti religiosi e civili, la città di Spoleto prima di divenire colonia romana alla metà del III secolo a.C. fu anche un importante insediamento dell’antico popolo degli Umbri, di cui ci restano numerose testimonianze soprattutto dalle necropoli cittadine.
Prima di parlare della Spoleto umbra è però necessario un piccolo approfondimento su questo affascinante popolo del centro Italia.
“Il popolo degli Umbri è ritenuto il più antico d’Italia”
Con questa frase Plinio il Vecchio definisce la popolazione che occupò per secoli un vasto territorio lungo la fascia appenninica tra i fiumi Tevere e Nera, fino all’Adriatico e alla Pianura Padana. La perentorietà della citazione pliniana va letta con le dovute riserve, non intendendola una prova dell’arcaicità di questo popolo, ma piuttosto nell’ottica della consapevolezza dell’esistenza di antiche popolazioni autoctone in Italia centrale.
La loro economia era fondamentalmente basata sulla pastorizia e la silvicoltura e anche gli scambi commerciali erano sempre legati allo sfruttamento delle greggi, infatti, un’attività centrale era rappresentata dalla filatura della lana, molto famosa tra gli altri popoli dell’Italia antica.
Come la maggior parte delle popolazioni antiche gli Umbri privilegiavano insediamenti posti su alture. Questi erano generalmente riparati da un colle sovrastante, su cui si trovavano i luoghi di culto, ed erano posti a controllo delle vie di comunicazione e di transumanza, talvolta tramite un sistema di fortificazioni poste su alture circostanti.
Gli Umbri di Spoleto
Nonostante la frammentarietà dei ritrovamenti inerenti alle fasi umbre della città di Spoleto, gli scavi hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di un abitato piuttosto esteso già a partire dal VII secolo a.C. Questo doveva presentarsi organizzato in vari nuclei di capanne che non occupavano completamente tutto il territorio dell’insediamento, che era provvisto di un asse di collegamento principale rappresentato dalla linea di displuvio del colle, geologicamente stabile e agevole da attraversare.
Alla fine dell’Ottocento iniziarono i primi ritrovamenti di alcune necropoli, di cui la principale è quella di Piazza d’Armi. Qui, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, sono state portate alla luce una serie di tombe divise in aree, probabilmente da ricondurre a legami parentali, ipotesi suffragata anche dai diversi orientamenti delle stesse tombe.
Queste erano fosse rettangolari scavate nel terreno, in genere inserite in un circolo di pietre a creare un tumulo che copriva la sepoltura. Il rituale funerario attestato è quello dell’inumazione, con il defunto disteso supino in una fossa delimitata e coperta da schegge di pietra e accompagnato dal corredo funebre, talvolta posto in un’ulteriore buca scavata al di sotto del defunto.
Le tombe di Piazza d’Armi risalgono al VII-VI secolo a.C., periodo in cui sono già ben distinte le classi aristocratiche che proprio in queste sepolture esibiscono con orgoglio i segni del rango sottoforma di ricchi corredi.
In alcune di queste sono presenti anche materiali di importazione, come un tavolino in bronzo e un incensiere, oggetti diffusi in Etruria, ornamenti in bronzo (spille, fermatrecce e bracciali), vasi in bucchero, anch’essi etruschi, e vasi di produzione locale che imitano il bucchero, oltre a vasi greci acquisiti per il tramite commerciale etrusco.
Il ruolo della donna nella società umbra
Un piccolo approfondimento meritano le sepolture femminili di Piazza d’Armi, in cui sono presenti materiali di alto prestigio che testimoniano lo status riconosciuto alle donne in questa società. Tra i corredi spiccano set da banchetto e per il consumo del vino, composti da brocche (oinochoai), attingitoi (kyathoi), calici e tazze (kantharoi): questi vasi indicano, senza dubbio, che la famiglia della defunta voleva mostrare la propria ricchezza, dato che il vino era una bevanda pregiata.
Il ruolo di primo piano attribuito alla donna è, però, legato anche all’importanza che questa rivestiva nell’economia del popolo umbro, essendo prerogativa muliebre l’attività di filatura della lana, che abbiamo visto essere centrale nell’economia umbra. E gli strumenti di questa attività sono, infatti, largamente presenti nei corredi femminili.
Piazza d’Armi: gli scavi degli ultimi anni
Risalgono al 2008-09 e nel 2011 i nuovi scavi di questa necropoli, che hanno arricchito il patrimonio di conoscenze sugli antichi abitanti di Spoleto. La prima campagna ha portato alla luce 11 sepolture di VII-VI secolo a.C., mentre la seconda ben 33 sepolture dello stesso periodo.
Tra queste si annoverano tombe di personaggi femminili di alto rango e di personaggi maschili connotati come guerrieri dai loro corredi di armi, affibbiagli per cavalli e set da simposio, ma anche due tombe che tra i materiali di accompagnamento annoveravano strumenti da lavoro, come asce e scalpelli da carpentiere.
La società è ormai controllata da un’aristocrazia guerriera arricchitasi con il controllo delle terre e delle vie di comunicazione.
I piccoli principi di Spoleto
Un discorso a parte per l’unicità del ritrovamento meritano alcune sepolture infantili. L’eccezionalità risiede principalmente nella tipologia del corredo di accompagnamento, che comprende le armi, generalmente riservate solo agli uomini adulti di rango elevato. Non è possibile stabilire se queste furono deposte dopo essere state utilizzate o fossero state forgiate apposta per accompagnare il defunto nel suo viaggio verso l’aldilà.
Per alcune è possibile ipotizzare una creazione ad hoc, in quanto sono di proporzioni ridotte, mentre altre hanno le stesse dimensioni di quelle rinvenute nelle tombe dei guerrieri, tanto che si è ipotizzato che potessero essere state proprietà di individui maschi membri della famiglia o appartenenti alla stessa comunità del bambino, a cui sono state poi donate per sottolineare al contempo il dolore per la scomparsa e il rango sociale della famiglia.
L’importanza delle armi in queste sepolture è duplice per il loro valore simbolico, in quanto al contempo evocavano il ruolo che avrebbe dovuto ricoprire il bambino una volta diventato adulto e probabilmente servivano ad accompagnarlo nel viaggio verso l’aldilà.
Commovente è, inoltre, il ritrovamento di alcuni oggetti interpretabili come giocattoli. Tra questi sono davvero sensazionali due sonagli, composti da un’asta di bronzo in cima alla quale si imposta un corpo a ciambella a due valve che conservava ancora i sassolini che, agitati, emettevano il tipico rumore dei sonagli.
Il re di Spoleto
Una delle tombe di Piazza d’Armi a Spoleto ha restituito, caso eccezionale per l’Italia antica, 4 scettri di metallo, decorati finemente. Due sono in bronzo pieno, mentre altri due sono a corpo bivalve in ferro e bronzo, con una particolare decorazione che rappresenta scene religiose tipiche del mondo italico (si veda l’immagine di copertina). Inutile ribadire l’importanza politica e religiosa del proprietario di questi oggetti. Basti pensare che molto probabilmente si tratta di oggetti ereditati, visto che la tomba si data alla seconda metà del VII secolo a.C., mentre gli scettri sono più antichi.
La sepoltura ha restituito anche punte di lancia, un pugnale, un frammento di avorio intagliato e vasi di impasto con raffigurazioni zoomorfe e antropomorfe, oltre che figurine fittili di animali.
Un popolo, quello umbro, messo in ombra nelle pagine della Storia, ma la cui cultura meriterebbe di essere raccontata più spesso.
Carmine De Mizio per Questione Civile