L’attentato all’Hotel Canal, il quartier generale dell’Onu a Bagdad
L’Archivio di Storia delle Relazioni Internazionale ripercorre l’attentato all’Hotel Canal, quartier generale dell’ONU a Bagdad, avvenuto il 13 agosto 2003. Il suddetto attentato ha portato all’uccisione di uno dei funzionari più influenti del tempo, il brasiliano Sergio Vieira de Mello.
Una delegazione delle Nazioni Unite era impegnata nella missione di ricostruzione dell’Iraq, durante la guerra del 2003 tra l’Iraq e la coalizione occidentale (formata da Stati Uniti, Polonia, Inghilterra ed Australia). Un’esplosione ha devastato il Canal Hotel, quartier generale dell’Onu a Bagdad. De Mello si trovava a Bagdad in qualità di inviato speciale, visto il rispetto e l’ammirazione guadagnati a livello internazionale per il suo impegno in molte zone critiche in cui le sue qualità diplomatiche hanno avuto successo, quali Sudan, Cipro, Mozambico, Libano, Cambogia, Bosnia, Congo, Kosovo e Timor Est.
La ricostruzione dell’attentato all’Hotel Canal
L’esplosione ha preso di mira la missione di assistenza delle Nazioni Unite in Iraq (UNAMI), costituita il 14 agosto 2003 dalla risoluzione 1500 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su richiesta del governo iracheno per sostenere gli sforzi di sviluppo nazionale. Il mandato dell’UNAMI comprendeva la consulenza e l’assistenza al governo iracheno riguardo il dialogo politico e la riconciliazione nazionale, sostenere processi politici come le elezioni e il censimento nazionale, facilitare il dialogo regionale tra l’Iraq e i paesi vicini, coordinare la consegna degli aiuti umanitari, avanzare riforme giudiziarie e giuridiche, ed aiutare nella stesura della Costituzione irachena del 2005.
L’esplosione è avvenuta nel momento in cui Martin Barber, direttore del Mine Action Service delle Nazioni Unite (UNMAS), teneva una conferenza stampa. Essa ha danneggiato un centro operativo civile-militare dell’esercito americano situato sul retro del Canal Hotel, e l’onda d’urto dell’attacco è stata avvertita a oltre un miglio di distanza. L’esplosione è stata causata da un attentatore suicida alla guida di un’autobomba esplosa nell’atrio dell’edificio dopo aver sfondato il muro del Canal Hotel. Al momento dell’esplosione nell’edificio si trovavano circa 300 persone.
L’Ufficio delle Nazioni Unite
L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari per l’Iraq si trovava direttamente sotto l’ufficio di Sergio Vieira de Mello, nominato nel 2003 Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, e subì un colpo diretto. Degli otto membri del personale e di un visitatore dell’ufficio, sette furono uccisi all’istante, ma de Mello e Gil Loescher furono feriti in modo critico e intrappolati tra i detriti dell’edificio per ore. Un soldato americano (il sergente William von Zehle) lavorava senza sosta per liberare i due uomini. Nel frattempo, si aggiunse un altro soldato americano, il Sergente Maggiore Andre Valentine; i due soldati passarono le tre ore successive a cercare di liberare i due sopravvissuti, senza usare alcuna attrezzatura di salvataggio. Loescher fu salvato dopo che gli furono amputate le gambe schiacciate dai detriti, ma Vieira de Mello morì prima che potesse essere liberato.
De Mello: il principale obiettivo
Lo jihadista Abu Musab al-Zarqawi, leader dell’organizzazione terroristica Jama’at al-Tawhid wal-Jihad, nell’aprile 2004 ha rivendicato la responsabilità dell’esplosione del 19 agosto, ed afferma che Vieira de Mello era l’obiettivo principale dell’attentato. La ragione fornita da al-Zarqawi per colpire Vieira de Mello consisteva nel fatto che il funzionario aveva aiutato Timor Est a diventare uno stato indipendente nel 2002 (tra l’altro, una delle operazioni diplomatiche più riconosciute di de Mello). Secondo Zarqawi, perciò, de Mello aveva partecipato alla rimozione illegale del territorio dal Califfato islamico, ed era quindi un ladro e un criminale.
“Abbiamo distrutto l’edificio delle Nazioni Unite, i protettori degli ebrei, gli amici degli oppressori e degli aggressori. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto gli americani come i padroni dell’Iraq. Prima di ciò, hanno dato la Palestina in dono agli ebrei in modo che possano violentare la terra e umiliare il nostro popolo. Non dimenticate la Bosnia, il Kashmir, l’Afghanistan e la Cecenia”, così parla al-Zarqawi nel 2006.
“Nulla può giustificare questo atto di violenza non provocata e omicida contro uomini e donne che sono andati in Iraq per un solo scopo: aiutare il popolo iracheno a recuperare la propria indipendenza e sovranità e ricostruire il proprio paese il più rapidamente possibile”, risponde il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan.
Il terrorismo avrà mai fine?
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di designare il 19 agosto come Giornata mondiale umanitaria. Questa decisione conferisce per la prima volta un riconoscimento speciale a tutto il personale umanitario e delle Nazioni Unite, oltre che al personale associato che ha lavorato nella promozione della causa umanitaria, che hanno perso la vita per ciò in cui credevano e per cui si impegnavano con onore.
Episodi terroristici come quello appena trattato sono tragicamente molti. Gli Stati mondiali e le organizzazioni internazionali hanno da sempre sbandierato un impegno ed una lotta incessante per combattere il terrorismo di ogni genere. Eppure, soprattutto nei paesi più poveri, in cui la pace e la diplomazia sembrano non aver mai la possibilità di attecchire, attacchi terroristici aumentano, nuove coalizioni terroristiche si formano, nuove strategie di attacco si studiano.
Eventi di questo tipo non smettono di accadere, come un tragico eterno ritorno dell’uguale, come se il terrorismo non riesca ad indebolirsi e costituisca fatalmente l’antagonista principale ed universale del nostro caro, forte Occidente. Che i nostri impegni per distruggere il terrorismo siano ancora troppo flebili, o che un nemico così grande ed odiato dai più sia inevitabilmente necessario per giustificare alcune specifiche politiche?
Martina Ratta per Questione Civile