Gli Etruschi e le fake news: 5 cose da non dire

Etruschi

Gli Etruschi, un popolo vittima della cattiva informazione

Tra i popoli del Mediterraneo antico, gli Etruschi detengono il secondo posto in una triste classifica: quella dei popoli meno correttamente conosciuti. Il primo posto, ovviamente, è solidamente in mano agli Egizi ed è lontano dall’essere intaccato, ma questa è un’altra storia.

Sia premesso che quando c’è cattiva informazione, alla base c’è sempre una mancanza di conoscenza, che non permette di distinguere la notizia genuina da quella non corretta, se non proprio dalla menzogna e questo è da imputare allo scarso (e ora completamente nullo) spazio che il popolo etrusco ha sempre ricevuto sui libri di storia delle scuole.

Ad aggiungersi a questo, soprattutto negli ultimi anni, vi è una spettacolarizzazione e svilimento dell’archeologia sui principali canali di informazione, che l’hanno relegata ora a disciplina avventurosa, quasi magica, che con strani poteri lotta ad armi impari contro un non meglio definito mistero, ora a miniera di scoperte che, a detta dell’opinione pubblica, dovrebbero allargare il numero delle “nuove Pompei” al solo scopo di creare patrimonio da sfruttare in mero senso turistico-economico e notizie da sbandierare in prima pagina.

Ma l’archeologia è ricerca scientifica e non una caccia al tesoro, come ha spiegato il collega Francesco Frosini (per saperne di più, clicca qui) in un articolo precedente.

In questo articolo voglio elencare e provare a confutare cinque delle principali cattive informazioni in voga, talvolta da millenni, su questo popolo.

“Pesce d’Aprile”

-N. 7

Questo è il settimo numero della Rubrica di Rivista dal titolo “Pesce d’Aprile“, che parlerà del concetto di “fake news” in vari ambiti. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Storia Antica e Medievale, Economia, Affari Esteri, Lettere, Scienze Umane, Storia Moderna e Contemporanea, Arte e Cinema

Gli Etruschi: un popolo misterioso

Da quando mi dedico all’archeologia ho sempre trovato molto difficile comprendere il senso del termine mistero in tutte le sue accezioni e declinazioni. Questo concetto rimanda a qualcosa di quasi fantascientifico, a cui, volenti o nolenti, non si riuscirà mai a trovare una soluzione.

In realtà in archeologia, sia ben chiaro, non esiste alcun mistero, al massimo esistono questioni a cui non è possibile (ancora) dare una spiegazione perché le prove in nostro possesso sono scarne o perché i resti materiali devono essere ancora interrogati nel giusto modo, o ancora perché le interpretazioni che sono state date di determinati fenomeni o fatti sociali sono da rivedere alla luce dell’evoluzione della disciplina e degli strumenti di cui questa si serve.

Corollario di questa lunga premessa è che anche gli Etruschi non nascondono alcun mistero: sono un popolo che si sviluppò nella Penisola italiana con delle peculiarità culturali che si delinearono a partire dall’Età del Ferro, hanno avuto una loro storia, fatta di scambi commerciali e culturali, di guerre e scontri, con una propria religione, un proprio modo di abitare e di seppellire e così via.

Tutte componenti note agli etruscologi, che continuamente si interrogano su di esse per aggiornare gli studi e perfezionare sempre più le conoscenze su questo popolo.

Il vero mistero rimane uno solo: perché non prendersi la briga di studiare seriamente la civiltà etrusca prima di parlare di fantomatici enigmi?

Gli Etruschi: un popolo che moriva solamente

Un’altra grande menzogna che circola sul popolo etrusco è quella secondo cui si conoscono unicamente le loro necropoli. Falso, niente di più falso.

Gli Etruschi seppellivano, talvolta in maniera certamente sontuosa, spesso in tombe con le pareti riccamente decorate di pitture e sculture. Ma gli Etruschi “vivevano”, costruivano abitazioni, templi, officine e botteghe, solo che le tecniche edilizie etrusche non prevedevano, se non per la costruzione delle fondamenta o le colonne, l’uso di materiali durevoli come la pietra, preferendo erigere gli alzati in legno, mattoni crudi o incannicciato, tutti materiali di cui raramente si trovano resti durante gli scavi.

Sono noti agli etruscologi alcuni palazzi, come quelli di Murlo nel senese e Acquarossa nel viterbese, o veri e propri centri abitati, come quello di Marzabotto.

Numerosi sono i santuari e i templi scavati e studiati, basti pensare al santuario di Pyrgi (attuale Santa Severa), al complesso sacro dell’Ara della Regina a Tarquinia, ai templi dell’acropoli di Volterra e così via.

Siamo anche ben informati sulle tipologie di officine in cui venivano lavorate diverse materie prime, come il caso emblematico della città di Populonia e dei suoi quartieri artigianali in cui si produceva il ferro.

Quindi possiamo affermare in maniera decisa che la nostra conoscenza su questo popolo va ben al di là dell’ambito necropolare, andando a toccare tutti gli aspetti della vita civile, religiosa e quotidiana.

Gli Etruschi: un popolo dalla scrittura indecifrabile

Un’altra fake news molto radicata nell’immaginario collettivo. Non è raro, infatti, sentire affermazioni circa l’indecifrabilità della scrittura etrusca e la sua, naturalmente, misteriosa incomprensibilità. Inutile dire che anche questa cosa è falsa.

Gli Etruschi scrivono quantomeno dalla fine dell’VIII secolo a.C., periodo in cui apprendono questa tecnica tramite i contatti con i Greci euboici delle colonie di Ischia e Cuma. Infatti, le lettere che compongono l’alfabeto etrusco sono derivate e adattate direttamente da quello greco euboico e fenicio. Questa cosa ha reso leggibili le iscrizioni etrusche sin dai primi ritrovamenti nel Settecento.

Ma leggibile non significa intelligibile, si potrebbe obiettare. In realtà la scrittura etrusca, in circa tre secoli di studi, è stata quasi completamente decifrata, tramite approfondite analisi linguistiche, confronti con altre lingue note e dall’associazione tra iscrizioni e soggetti figurati.

Ad oggi le iscrizioni etrusche note ammontano a qualche decina di migliaia e di tutte è possibile dare una traduzione o quantomeno un’interpretazione.

Un popolo dedito al vizio

Questa notizia fasulla circolava al tempo dei romani e quindi possiamo chiamarla una historical fake news, se vogliamo. Però, anche se meno di frequente rispetto alle altre, capita di sentirla ripetere ancora oggi. Analizziamo velocemente le cause di questa brutta nomea che si era fatto il popolo etrusco.

In età storica gli Etruschi avevano stabili rapporti commerciali e culturali con il popolo greco, da cui presero in prestito numerose abitudini, tra cui quella del simposio. Come noto, durante queste riunioni in Grecia erano ammessi unicamente uomini liberi, mentre le donne presenti erano servitrici, prostitute o etère, una categoria di prostitute colte che intrattenevano i banchettanti con recitazioni di poesie, musica e disquisizioni filosofiche.

Gli Etruschi
“Scena di banchetto dalla Tomba dei Leopardi, Necropoli dei Monterozzi, Tarquinia, V secolo a.C.”

Al contrario, durante i simposi etruschi, e questo è testimoniato da numerose raffigurazioni pittoriche oltre che dalle fonti, erano ammesse anche donne libere, in posizione paritaria a quella degli uomini e non come semplici accompagnatrici. Queste donne, inoltre, bevevano vino, cosa che per la cultura greca era ritenuta inammissibile e non degna delle donne di rango.

A partire dalla tarda età repubblicana, quando cioè Roma e l’Etruria entrarono sempre più in conflitto tra di loro. Questa nozione scandalistica del popolo etrusco fu utilizzata in maniera sempre più frequente dalla propaganda romana per denigrare i propri nemici, tacciati di avere costumi libertini, di concedere alle donne di sedere a banchetto con gli uomini, fino ad arrivare a delineare un profilo del cosiddetto obesus etruscus (Catull., Carme XXXIX) generalmente dedito al vizio e ai piaceri della tavola più che all’amministrazione economica e politica.

Un popolo che sparì con l’arrivo dei Romani

Terminiamo questo elenco di fake news andando ad analizzare una nota dolente: si è soliti sentire dire che con la conquista romana quasi magicamente tutti i popoli che abitavano l’Italia vennero inglobati e si persero nell’oblio.

I rapporti bellicosi tra Etruschi e Romani incominciano molto presto (IV sec. a.C.), cosa naturale vista la posizione geografica che li poneva molto vicini tra loro, soprattutto con gli Etruschi stanziati nel Lazio settentrionale.

Le guerre con le varie città etrusche sono durate a lungo, per oltre tre secoli, e senza entrare nel merito di tutte le battaglie e gli scontri ci basti sapere che sono terminate con le guerre civili tra Mario e Silla.

Comunque sia, ci basti sapere che anche dopo la conquista di tutta l’Etruria da parte di Roma il popolo etrusco non scomparve nel nulla, in quanto l’integrazione degli aristocratici nelle classi dirigenti dell’Urbe era iniziata già da tempo.

Dopo la sottomissione gli Etruschi non smisero di sentirsi tali, tanto che in numerose città gli studi hanno messo in evidenza come, per esempio, si continui a scrivere in etrusco anche una o due generazioni dopo la conquista. E il vanto di discendere da questo antico popolo, ricco di storia e di sapere, dovette rimanere a lungo, si pensi a Mecenate o alla moglie dell’imperatore Claudio.

E soprattutto alcune pratiche tipicamente etrusche, soprattutto di carattere religioso, come la divinazione, continuarono a essere praticate e trasmesse per secoli, tanto che persino il cristiano imperatore Costantino prima di una battaglia si rivolse ad auguri etruschi.

Quindi, anche dopo la conquista politica, l’imponente bagaglio culturale si conservò a lungo.

Carmine De Mizio per Questione Civile

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