Stretching: l’importanza della mobilità articolare

Stretching

Allenamento e stretching nello sport

Questo articolo analizzerà le principali peculiarità della pratica dello stretching, ne contestualizzerà l’impiego in ambito sportivo e riabilitativo e proporrà una riflessione circa l’esecuzione di attività di allungamento nella vita quotidiana.

Cosa significa “fare stretching”

Stretching” è un termine generico che significa letteralmente “allungamento”.

In questo semplice vocabolo, tuttavia, è riassunto un ampio spettro di attività volte a migliorare la mobilità dei distretti corporei (articolazioni, muscoli, tendini, legamenti). Questa premessa fa dello stretching una pratica ampiamente utilizzata tanto all’interno di protocolli riabilitativi, quanto in programmi di allenamento sportivi.

Se è però vero che esistono delle prospettive incoraggianti riguardo i possibili benefici degli esercizi di allungamento selettivo, vi sono anche delle controversie che al giorno d’oggi non riescono a rendere concordi gli studiosi circa la reale efficacia dello stretching.

Biomeccanica dello stretching

Lo stretching è globalmente inteso come un insieme di gesti ed esercizi che ricercano, tramite l’applicazione di stiramenti, di migliorare l’estensibilità dei tessuti molli che attraversano le articolazioni.

Non di rado, infatti, muscoli, tendini e legamenti si trovano in uno stato di retrazione tale da limitare il fisiologico movimento dei distretti corporei (in ambito clinico tale condizione è definita di “ipomobilità”).

Gli stiramenti a cui sono sottoposti i muscoli (e non solo) sfruttano i principi di elasticità e plasticità caratteristici dei tessuti molli. Secondo tali principi, un corpo avente natura visco-elastica (come appunto i muscoli) è in grado di opporre una resistenza all’allungamento. Se tuttavia la forza di stiramento ha intensità sufficiente e perdura per un certo periodo di tempo, il tessuto tenderà a distendersi.

In queste circostanze si assiste a un incremento della lunghezza del tessuto anche a stiramento concluso, consentendo quindi escursioni articolari maggiori.

Le differenti tipologie

La scelta di sottoporsi a un protocollo di esercizi di stretching non dovrebbe mai essere lasciata al caso o all’improvvisazione. Le varie modalità di esercizio presentano differenze sostanziali a seconda dell’obbiettivo o della necessità del singolo soggetto.

È quindi sempre consigliabile rivolgersi a uno specialista che sappia calibrare nel migliore dei modi parametri quali intensità, durata e velocità dello stiramento per perseguire il risultato ricercato.

In ambito riabilitativo tale risultato solitamente si concretizza nel recupero di una mobilità “normale”; mobilità che, a seguito di un danno, (ed eventualmente di un’immobilizzazione prolungata) può risultare compromessa.

In queste circostanze è solitamente preferibile eseguire stiramenti lenti, graduali e a intensità moderate, in modo da rendere l’attività più tollerabile per il paziente.

Nella prestazione sportiva si ricerca invece una mobilità speciale, che è specifica per lo sport praticato. Le tecniche di stretching utilizzate dagli atleti spesso prevedono l’esecuzione di distensioni a intensità e velocità elevate, con l’obbiettivo di raggiungere escursioni articolari superiori alla media.

Allenamento e stretching

Nello sport il principale fattore limitante della mobilità articolare è il suo insufficiente allenamento; spesso in contrapposizione a una muscolatura che è stata allenata in maniera vigorosa, e che può quindi risultare ipertonica (molto sviluppata) e rigida.

Tuttavia, possedere una buona mobilità è un presupposto importante per l’esecuzione di un movimento che sia qualitativamente e quantitativamente migliore.

Alcune fonti sostengono che il suo allenamento, perseguito anche attraverso esercizi di allungamento statici e dinamici, influisca positivamente sui fattori della prestazione sportiva, oltre che sulla capacità di apprendere nuove tecniche motorie.

Una buona estensibilità dei tessuti garantisce la messa in atto di movimenti più economici (caratterizzati da un minor dispendio energetico) e consente ai muscoli di esprimere più forza. La fisiologia insegna infatti che un muscolo accorciato sviluppa poca tensione e riduce notevolmente l’ampiezza dei movimenti consentiti, perdendo così gran parte della propria funzionalità.

L’allenamento della mobilità ben si colloca quindi nella preparazione atletica di sprinter, saltatori, ostacolisti e nuotatori.

Per atleti come danzatori, pattinatori e ginnasti, avere una mobilità articolare superiore alla media è una vera e propria necessità. La capacità di eseguire movimenti ampi in maniera armonica e coordinata rappresenta infatti parte integrante dell’espressività del movimento che è caratteristica di queste discipline.

La prevenzione dagli infortuni

L’aspetto più controverso e discusso circa la pratica dello stretching riguarda probabilmente il ruolo che alcuni studiosi gli attribuiscono nella prevenzione degli infortuni.

Alcuni recenti studi sembrano infatti sostenere che l’esecuzione di esercizi di stretching statico (stiramento mantenuto per un certo intervallo di tempo) prima di una competizione sportiva non solo non sembra prevenire gli infortuni, ma addirittura si ripercuote negativamente sulla performance.

Uno studio eseguito sui saltatori in alto ha evidenziato come gli atleti, dopo essersi sottoposti a un protocollo di stretching prima di effettuare i salti, abbiano sofferto di un calo prestazionale del 10% circa.

La pratica di esercizi di stiramento dinamico (alternanza tra allungamento e accorciamento) ha dato invece risultati più incoraggianti; nonostante non siano stati rilevati particolari benefici in termini di prevenzione degli infortuni, non sembra essere stata compromessa la prestazione sportiva.

Fare stretching è fondamentale?

Fare stretching è fondamentale? La risposta è: dipende!

Se l’obbiettivo perseguito è unicamente la prevenzione degli infortuni, la letteratura scientifica sembra suggerire che esistono strategie più efficaci del solo allenamento dello stretching.

Alcuni studi dimostrano come un programma di allenamento che integri esercizi di forza, esercizi propriocettivi e attività di stretching dinamico concorra a prevenire buona parte degli infortuni durante le sessioni di allenamento e le competizioni.

Ciononostante, non si può contestare l’influenza positiva che gli esercizi di allungamento hanno nel miglioramento della mobilità articolare.

Un’adeguata capacità di allungamento e di rilassamento di muscoli, tendini e legamenti consente una migliore tollerabilità dei carichi e previene numerose problematiche posturali causate da un eccesso di sedentarietà.

In conclusione, lo stretching non rappresenta sicuramente la panacea degli atleti. Tuttavia, lo si può ragionevolmente considerare un utile strumento che, se sapientemente utilizzato, ben si inserisce in una routine di allenamento di qualità.

Marco Manzoni per Questione Civile

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