Sindrome da sovrallenamento e le sue conseguenze

sindrome da sovrallenamento

La sindrome da sovrallenamento e le conseguenze di un recupero insufficiente

La sindrome da sovrallenamento è un fenomeno spesso sottovalutato in ambito sportivo.

“Nello sport di alto livello attuale, spesso in primo piano troviamo il carico e frequentemente si trascura il recupero che è strettamente correlato con esso.”


Fritzenberg M., M. Kellmann: “Mach doch mal pause!” Volleyball training, DVZ (2001), 10, 25-27.

Nello sport è risaputo che per ottenere una buona prestazione è necessario allenarsi duramente.

A questo proposito, un buon allenatore deve essere in grado di mettere in gioco le proprie competenze tecniche al fine di costruire un programma di allenamento su misura per i propri atleti.

Un errore che purtroppo viene spesso commesso è l’eccessiva enfasi riservata alla prestazione, trascurando il fatto che sviluppare parametri come volume, intensità e frequenza causa nell’atleta un notevole accumulo di fatica.

Lo stress accumulato nel tempo può dimostrarsi estremamente deleterio, motivo per cui è importante ricordare sempre che allenamenti vigorosi necessitano di un adeguato recupero.

Questo articolo cercherà di definire il ruolo del recupero in un programma di allenamento e analizzerà le principali complicazioni derivanti da uno squilibrio tra carico e riposo.

Allenamento e periodizzazione

La seduta di allenamento di un atleta non è mai fine a sé stessa.

Essa generalmente si colloca all’interno di una programmazione più o meno articolata che può durare anche molti mesi.

L’obiettivo è quello di costruire, allenamento dopo allenamento, una performance qualitativamente e quantitavimente migliore da portare in gara.

Un atleta alle prime armi può seguire una programmazione lineare. Ciò significa che settimana dopo settimana e mese dopo mese, i parametri vengono gradualmente incrementati raggiungendo il culmine al momento della competizione.

Atleti più avanzati e con maggiore esperienza di allenamento necessitano talvolta di programmi di allenamento più complessi; non seguono un andamento lineare, ma piuttosto un’alternanza di cicli volti a sviluppare specifiche componenti della performance.

In ogni caso, sottoporsi a estenuanti sedute di allenamento per un periodo prolungato di tempo determina un accumulo di fatica.

Fattori quali l’esaurimento delle riserve energetiche, la perdita di elettroliti e l’acidificazione del ph del sangue (causata dalla produzione di “acido lattico”) rendono i muscoli meno efficienti, compromettendone la capacità di lavoro.

Inoltre, dal punto di vista mentale, ogni carico di allenamento o di gara causa uno stress o uno stato di tensione, che rende l’atleta meno ricettivo agli stimoli allenanti.

Sindrome da sovrallenamento: accumulo di fatica e importanza del recupero

Axel Urhausen definisce gli atleti come “serbatoi di stress” sostenendo che essi non risentono solo della fatica accumulata da sedute di allenamento impegnative, ma si portano dietro anche stress lavorativi, affettivi e alimentari.

Ogni atleta dovrebbe trovare le strategie che meglio si adattano alla sua persona per prevenire e contrastare un eccessivo affaticamento.

Generalmente tale risultato è perseguito studiando un’alternanza ottimale tra sforzi e recuperi. Si consiglia ad esempio di concedersi un periodo di riposo di almeno 24/48 ore prima di allenare nuovamente gli stessi gruppi muscolari ed è buona prassi abbinare al riposo delle sane abitudini alimentari e un’adeguata qualità e quantità del sonno.

È stato poi dimostrato che eseguire attività fisica leggera (recupero attivo*) aumenta notevolmente l’irrorazione sanguigna, favorendo la rimozione dei prodotti di scarto del metabolismo cellulare e la riossigenazione dei tessuti, accelerando in questo modo il ristabilimento fisico.

Talvolta alcuni atleti ricorrono anche a mezzi come massaggi, saune, meditazione e stretching per velocizzare il recupero. Sebbene le evidenze scientifiche circa la reale utilità di tali pratiche siano talvolta contrastanti, non sono assolutamente sconsigliate nel momento in cui l’atleta ne tragga piacere o beneficio.

*a oggi il recupero attivo è considerato il più efficace metodo di ristabilimento a seguito di una seduta di allenamento particolarmente intensa.

Sindrome da sovrallenamento: quando il recupero viene meno

Perseverare con gli allenamenti senza che si siano completati i processi di recupero determina l’instaurarsi di uno stato di affaticamento cronico; questo impone tempi di ristabilimento molto più lunghi del normale.

Qualora si assista a una fase di ristagno della prestazione, per la quale i classici metodi di recupero non si dimostrino particolarmente efficaci, si può sospettare di essersi imbattuti in quella che Frederich Hatfield (1942-2017) definì “sindrome da sovrallenamento” *.

Diagnosticare la sindrome da sovrallenamento in realtà è abbastanza complicato; in parte perché non esistono a ora metodi o esami univoci che consentano di identificare tale condizione (allo stato attuale vengono eseguiti una serie di analisi di laboratorio che misurano parametri fisiologici quali frequenza cardiaca, bilancio ormonale e stato delle riserve energetiche), ma soprattutto perché tale condizione si instaura solo a seguito di lunghi periodi caratterizzati da stress eccessivi non sufficientemente bilanciati.

Quando ci si trova a fare i conti con un atleta sovrallenato, bisogna considerare che tale condizione probabilmente perdura da diverse settimane o addirittura mesi.

*F. Hatfield, “Hardcore Bodybuilding, a scientific approach”. United States: reateSpace Independent Publishing Platform, 2014.

Diversi tipi di sovrallenamento

La letteratura scientifica identifica ad oggi due principali tipologie di sovrallenamento: il sovrallenamento detto “basedoviano”, e il sovrallenamento detto “addisoniano”.

Sebbene in linea di massima il sovrallenamento si manifesti con un generale peggioramento delle condizioni psico-fisiche dell’atleta, i meccanismi alla base di queste due categorie sono molto differenti.

Il sovrallenamento di tipo basedoviano è quello più facilmente riconoscibile e trattabile; l’atleta è sovraeccitato, sia in allenamento che nella vita quotidiana, e si sente malato.

Tendenzialmente un paio di settimane di recupero sembrano essere sufficienti alla ripresa della routine di allenamento, ma sarà in ogni caso necessario aumentare i carichi di allenamento in maniera cauta e graduale.

Il sovrallenamento di tipo addisoniano ha un meccanismo di insorgenza più subdolo: l’atleta infatti sarà demotivato, cronicamente stanco e privo di stimoli. Fare diagnosi è complicato perché all’infuori dell’attività fisica i sintomi non sono così evidenti, dal momento che i parametri vitali sono nella maggior parte dei casi nella norma.

Quando questo tipo di sovrallenamento viene diagnosticato da uno specialista, possono volerci settimane, se non addirittura mesi a riprendere la regolare routine di allenamento.

Prevenzione e trattamento

Prima di parlare di prevenzione, è bene specificare che tutti i dati e le indicazioni fornite finora non sono da prendersi come verità assolute, dal momento che ogni atleta è un mondo a sé stante.

Ciascuno tende ad affrontare in modo diverso lo stress derivante da allenamento e impegni o imprevisti della vita quotidiana. Ergo una situazione stressante non sempre si traduce in sovrallenamento, così come anche i mezzi di ristabilimento non sono per tutti efficaci allo stesso modo.

Fatta questa importante premessa, le seguenti considerazioni sono semplicemente delle linee guida tecniche da applicarsi unicamente dopo un’attenta valutazione dell’atleta da parte di uno specialista.

Tornando alla prevenzione, sarebbe quindi opportuno educare l’atleta, per quanto possibile, alla gestione degli stress della vita quotidiana.

Per quanto riguarda invece la programmazione degli allenamenti, sarebbe buona prassi inserire all’interno della periodizzazione delle fasi di scarico in cui il carico di lavoro viene diminuito, in modo da drenare la fatica accumulata nelle sedute di allenamento.

Qualora ci si accorgesse di essere in una fase di ristagno della prestazione che perdura da diverso tempo, è consigliabile diminuire (anche drasticamente) l’intensità delle sedute di allenamento finché i parametri vitali non siano completamente ristabiliti, e solo a questo punto è possibile riprendere la routine di allenamento in maniera graduale.

Infine, può rivelarsi utile proporre una maggiore varietà di esercizi e attività, in modo da rendere la seduta più stimolante e meno ripetitiva.

Marco Manzoni per Questione Civile

Bibliografia

  • Jürgen Weineck, “L’allenamento ottimale”. Calzetti Mariucci editore, 2009.  
  • Phillip Maffettone, “Medicina sportiva complementare”. Castello editore, 2000.
  • Carolyn kisner, Lynn Allen Colby, “Esercizio terapeutico. Fondamenti e tecniche”. Piccin-Nuova Libraria editore, 2019.
  • Guido Ferretti, Carlo Capelli, “Dagli abissi allo spazio”. Edi. Ermes editore, 2008.
  • Fabrizio Liparoti, “Project bodybuilding”. Project editions editore, 2018.
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