Ermopoli e il dio Thoth, il signore degli Otto

Ermopoli

Ermopoli, la «Città degli Otto» e il dio Thoth

Sorta sulla sinistra del fiume Nilo, la città di Ermopoli fu capitale del XV nomos dell’Alto Egitto, corrispondente all’attuale El-Ashmunein, nei pressi di Tell el-Amarna. Anticamente era conosciuta col nome di «Khemenu», ovvero «Città degli Otto». Il nome era un chiaro tributo all’Ogdoade, gruppo di otto divinità venerato in questa regione e fondante la teologia ermopolitana.

La città fu celebre per il culto del veneratissimo dio Thoth, dio della sapienza, della scrittura, della magia e della matematica, patrono degli scribi e inventore del calendario. Spesso è rappresentato sotto forma di ibis sacro, un uccello che volava sulle rive del fiume Nilo, o sotto forma di babbuino. Thoth poteva simboleggiare, fra l’altro, anche la Luna.

La sua sposa era Seshat, sua controparte femminile e dea della letteratura, dell’architettura, della storia e della cronologia.

Successivamente il dio venne identificato con il dio Ermes: per questo la città modificò il suo nome da «Khemenu» a «Ermopoli».

Ermopoli fu in grado di mantenere intatto il proprio prestigio anche in età ellenistica e romana, come testimoniano numerosi papiri rinvenuti dagli archeologi che illustrano la vita della città in età imperiale romana.

La principale testimonianza degli antichi splendori sono i resti del grandioso Tempio di Thoth, che, purtroppo, contano solo le fondamenta e le basi di un colonnato. Ancora oggi, invece, sono visibili due imponenti babbuini ricostruiti con i frammenti delle quattro colossali statue fatte erigere da Amenhotep III.

Oggi tutta la città antica si trova al di sotto del livello della falda acquifera, mentre le necropoli sono situate fuori dal centro abitato.

“Gli Dei Egizi tra culti e misteri”

-N.3

Questo è il terzo numero della Rubrica di Area dal titolo “Gli Dei Egizi tra culti e misteri,appartenente alla Macroarea di Storia Antica e Medievale

Il mito della creazione secondo Ermopoli

La teologia ermopolitana, al pari di quella eliopolitana e menfita, attribuisce la creazione del mondo ad un demiurgo autogenerato dal caos primordiale. Tale demiurgo venne identificato in Thoth.

Secondo il mito, Thoth sorse dal caos primordiale e diede origine all’Ogdoade, ovvero quattro coppie di divinità (quattro dei rane e quattro dee serpenti) che rappresentano la personificazione delle quattro caratteristiche principali del cosmo prima della creazione:

  • Nun e Nahnet, le acque primordiali;
  • Het e Hanhet, lo spazio infinito;
  • Kek e Hehet, l’oscurità;
  • Amon e Amanuet, l’inconoscibile.

L’atto creativo trasformò l’indeterminatezza in materia: le acque primordiali si trasformarono in terra solida; lo spazio infinito divenne finito; l’oscurità si illuminò divenendo luce; l’inconoscibile fu finalmente conosciuto.

Gli dei dell’Ogdoade originarono un’isola di fiamma da cui, misteriosamente, nacque il sole.

Le fonti a nostra disposizione sono frammentate e modificate dal clero tebano, che adattò la cosmogonia ermopolitana alle proprie credenze. Troviamo cenni di questa nei Testi dei sarcofagi e nei Testi delle piramidi.

Il Loto primordiale: una variante del mito ermopolitano

Secondo una variante della cosmogonia ermopolitana, Atum sarebbe stato generato dal Loto primordiale. Il loto era un fiore sacro agli egizi poiché, in virtù della sua caratteristica corolla che si chiude la sera e si schiude al mattino, era considerato emblema della rinascita.

«Seshen» è il nome che gli Egizi attribuivano al fiore del loto.

Nello specifico, il Loto primordiale sarebbe stato il primo loto in assoluto, sbocciato sul «Grande Stagno» di Ermopoli e fecondato dagli dei dell’Ogdoade.

Nel Libro dei Morti, invece, si legge che dal Loto sarebbe nato Ra.

Quale che sia la versione corretta non ci è dato saperlo; tuttavia, possiamo affermare con certezza che nell’Antico Egitto il loto era usato nei riti. In particolare, esisteva una cerimonia nella quale il faraone offriva un fiore di loto realizzato completamente in oro alle divinità.

Il dio di Ermopoli e il mito della nascita della scrittura

Gli antichi Egizi consideravano la scrittura un dono. In principio, Thoth era lo scriba, il funzionario e il consigliere di Ra, il dio sole. Per ordine di Ra, Thoth donò e insegnò agli uomini la scrittura.

Un giorno Thoth andò dal re dell’Egitto Thamus per mostrargli le sue invenzioni: i numeri, il calcolo, la geometria, l’astronomia, un gioco simile alla dama, il gioco dei dadi e alcuni strani simboli, ovvero la scrittura.

Thoth consigliò al re di far conoscere queste tecniche al suo popolo, perché li avrebbe resi più sapienti e capaci di ricordare. La scrittura, a suo dire, sarebbe stato un farmaco per la memoria e per la sapienza.

Si diceva che Thoth avesse scritto di suo pugno gran parte dei testi egiziani, oltre ad un presunto libro divino che conteneva le formule della creazione e del potere sulle forze naturali della Terra.

Il dio di Ermopoli e Osiride

Thoth, come già detto, era considerato anche il dio della magia. Per gli Egizi sia la matematica che l’astronomia avevano uno stretto legame con la magia e la veggenza. Durante il regno di Osiride Thoth ricoprì l’incarico di visir, aiutando Osiride a risolvere i problemi legati alla cultura e insegnando ad Iside numerose formule magiche. Grazie ai suoi insegnamenti, Iside sarebbe stata in grado di far rinascere Osiride e concepire con lui un figlio.

Il dio di Ermopoli e Osiride erano uniti da un forte legame: ciò spiega perché Osiride volle che Thoth lo aiutasse nella psicostasia, ovvero la pesatura dell’anima.

Ogni defunto veniva sottoposto al giudizio di Osiride e dei quarantadue giudici dei morti. Presentatosi presso l’Aula Maaty, cioè l’Aula della Verità e della Giustizia, il defunto doveva pronunciare una formula affermando di non aver commesso una specifica colpa. Il discorso del defunto veniva poi controllato da una bilancia: su un piatto era posto il suo cuore, e sull’altro una piuma.

Thoth si occupava di registrare il risultato della bilancia: in caso di esito negativo, lo spirito del defunto veniva sbranato da un mostro; in caso di esito positivo, era ammesso ai Campi Elisi.

Naturalmente nella battaglia eterna tra Seth e Osiride, Thoth si schierò con Osiride.

Il mito della nascita della musica

Plutarco era convinto che il dio Thoth avesse donato al popolo egizio la musica: secondo il mito tramandatoci, Horus, nel tentativo di vendicare l’uccisione del padre Osiride ad opera di Seth, perse l’occhio, suo organo principale.

Thoth tentò di riportare in vita Horus ricomponendone le membra, ma l’opera risultò inutile a causa dell’assenza dell’occhio. Tuttavia, durante la ricerca, Thoth rimase colpito da un suono misterioso. Guidato da questo, si rese conto che la musica proveniva proprio dall’occhio di Horus.

Raccolto l’occhio, lo rimise nel corpo di Horus riportandolo in vita ma mettendo a tacere la musica.

È facile comprendere perché per gli antichi Egizi la musica fosse l’essenza intima del mondo: quando essa si trova nel suo luogo «naturale», cioè nell’organismo vivente, non può essere udita. Per tale motivo la musica rappresenta trauma, disordine o addirittura morte, proprio perché essa viene sottratta dall’organismo vivente per essere diffusa nel mondo.

In conseguenza di ciò, gli Egizi utilizzarono la musica soprattutto nei riti funebri come un richiamo alla vita, per ricordare ai presenti l’esistenza del piano spirituale.

Il dio di Ermopoli presso altre civiltà

Da alcune fonti storiche e letterarie emerge che il dio Thoth era conosciuto anche presso i Greci e i Fenici.

Nel Fedro, un dialogo platonico, Thoth viene nominato da Socrate per contestare l’importanza della scrittura, di cui il dio egizio sarebbe stato l’inventore. Il sapere scritto, infatti, dona all’uomo solo la presunzione del sapere. Questo, potendosi affidare a simboli scritti, smetterà di riflettere sul vero significato del mondo.

Eusebio di Cesarea, nella sua opera Praeparatio evangelica, riferisce che il mitografo fenicio Sanconiatone attesta la presenza di un certo dio Taaut, anch’egli ideatore della scrittura esattamente come il dio Thoth.

Ermopoli, Eliopoli e Menfi

La cosmogonia ermopolitana, al pari di quella eliopolitana e di quella menfita, insiste particolarmente su un aspetto: il «non essere» contiene il germe dell’«essere». Il Nun, la massa di oceano primordiale, ricopre un ruolo attivo nella creazione, poiché è da questo che emerge la prima terraferma.

Gli stessi Stoici ammettono che la sostanza all’inizio sia essa stessa senza qualità.

Il «non essere» manifesta indubbiamente un lato ostile e distruttivo, ma si presenta come veicolo di rinnovamento e di rinascita. Il mondo egizio postula un dualismo che non risulta mai troppo rigido, e ammette la complementarità degli elementi. Il «non essere», tenendo in gestazione l’«essere», si rivela funzionale ad esso.

Questo concetto richiama inevitabilmente alla mente la «dottrina dei contrari» formulata a suo tempo da Eraclito, ma anche la filosofia parmenidea. Come abbiamo avuto modo di constatare in questo articolo e in quello precedente, la cultura egizia ha molti punti di contatto con la cultura greca.

La cosmogonia ermopolitana, tuttavia, prende le distanze da quella eliopolitana e da quella menfita nel momento in cui ammette la nascita dell’Ogdoade prima di quella del dio sole. Eliopoli e Menfi narrano la nascita degli dei, invece, come qualcosa di successivo, come una conseguenza alla nascita del dio sole. Il principio solare che permetterà la comparsa dell’esistente non si è autogenerato, ma è stato formato dall’Ogdoade che nell’oscurità ha preparato la sua venuta.

Maria Rita Gigliottino per Questione Civile

Bibliografia

  • M. Dall’Agnola, Mitologia e dèi dell’Antico Egitto, FerrariSinibaldi, 2010.
  • T. Wilkinson, L’antico Egitto. Storia di un impero millenario, Einaudi, 2010.
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