L’oltretomba per gli Etruschi tra cultura e religione

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Il mondo dell’oltretomba per gli Etruschi come finestra sulla società

Gli Etruschi dedicavano molta attenzione all’oltretomba e alla vita dopo la morte e ciò ci è testimoniato soprattutto dalla cura che dedicavano alle sepolture e ai rituali funerari.

È indubbio che i contesti funerari etruschi siano una miniera importantissima di informazioni su questo antico popolo, anche se non l’unica, come ho sottolineato in un articolo precedente (Gli Etruschi e le fake news).

Il gran numero di ritrovamenti effettuati in questo tipo di contesti ci permette una serie di considerazioni, in primo luogo di tipo sociale, economico e culturale, in seconda istanza di tipo prettamente spirituale e religioso. In questo articolo si analizzerà soprattutto questo secondo aspetto, ovvero la concezione della morte e dell’aldilà per gli Etruschi.

Purtroppo, conosciamo molto poco delle fonti letterarie, i libri Acheruntici, ovvero i libri contenenti precise descrizioni dei rituali funerari e delle concezioni sull’oltretomba, però conosciamo molte rappresentazioni di rituali e sacrifici dall’arte funeraria, che ben integrano la documentazione archeologica.

“La Morte e i culti della Memoria”

-N. 4

Questo è il quarto numero della Rubrica di Rivista dal titolo “La Morte e i culti della Memoria”, che vi farà scoprire gli aspetti più particolari delle tradizioni legate al culto e alla morte nelle varie culture del mondo. La Rubrica vede la collaborazione tra le Aree di Archeologia, Cinema, Lettere, Filosofia del Diritto, Storia Moderna e Contemporanea, Storia Antica e Medievale, Affari Esteri, Arte, Filosofia Teoretica, Scienze Umane e Scienze

Necropoli

Prima di approfondire il tema dei rituali funerari e delle concezioni culturali riguardanti l’oltretomba per gli Etruschi è doveroso un rapido excursus descrittivo delle principali caratteristiche che potevano avere le necropoli.

Le necropoli etrusche erano sempre collocate, come accade per la maggior parte dei popoli antichi, fuori dal centro abitato e solo in rarissimi casi sono state rinvenute sepolture, quasi sempre isolate, all’interno delle aree abitative.

Spesso erano molto estese, si veda ad esempio la necropoli della Banditaccia di Cerveteri o di Crocifisso del Tufo a Orvieto, organizzate anche con vere e proprie vie che le attraversavano ordinatamente come delle vere città dei morti.

Necropoli della Banditaccia di Cerveteri

Tipologie tombali

Le tipologie più semplici di sepolture, che non indicavano minore ricchezza o importanza del defunto, erano quelle a pozzetto per le incinerazioni e a fossa per le inumazioni. La prima prevedeva una piccola fossa scavata nel terreno, talvolta rivestita da blocchi o lastre di pietra, in cui veniva inserito il cinerario. La seconda era la classica fossa allungata in cui il defunto veniva deposto direttamente nella nuda terra o talvolta protetto da assi di legno. In entrambi i casi potevano accompagnare la sepoltura elementi di corredo.

Con il passare del tempo si diffonderà, tra le classi elevate, la tomba a camera scavata nella roccia oppure appositamente costruita. Inizialmente e per circa due secoli, tra il VII e il V secolo a.C., si tratta di ambienti con un unico vano, non molto grandi e destinati perciò alla sepoltura del ristretto nucleo familiare, che potevano anche essere delimitati e sormontati da un tumulo.

Dalla prima età ellenistica, ovvero dal IV secolo a.C. in poi, la camera si amplia e con una pianta che poteva prevedere anche più vani, ospitando diverse generazioni, per più secoli. Saranno proprio le tombe a camera ad avere, molto spesso, le pareti decorate da pitture o da rilievi e bassorilievi. Questa documentazione figurata, insieme a quella presente su altri oggetti d’arte del mondo etrusco, ci permette di comprendere alcuni aspetti del rituale funerario.

Il passaggio all’oltretomba per gli Etruschi: il rituale funerario

Sin dal periodo più antico, il rituale funerario più diffuso presso gli Etruschi è stato quello dell’incinerazione, in cui le ceneri del defunto, accuratamente raccolte dalla pira, venivano deposte in cinerari. Questo uso, però, non era esclusivo, infatti era diffuso anche il rituale dell’inumazione, soprattutto alla luce del fatto che la cremazione dei corpi aveva un costo piuttosto elevato, non sostenibile dalle classi meno elevate, anche se spesso la scelta del trattamento del corpo era legata a fattori esclusivamente culturali.

Qualunque fosse il tipo di rituale scelto, in ogni caso per prima cosa era previsto un trattamento del corpo con unguenti, poi l’esposizione nella casa del defunto ove avveniva il compianto e da cui partiva il trasporto. Seguivano i giochi e le danze in onore del defunto prima della deposizione insieme al corredo.

Rinvenimenti delle cerimonie

Gli onori funebri e le cerimonie rituali avvenivano in prossimità del sepolcro e ciò è testimoniato talvolta dal rinvenimento, presso gli ingressi delle tombe, di vasellame simposiaco frammentato dopo l’utilizzo per pasti e libagioni in onore del defunto. Il tema del banchetto per l’eternità risale già al periodo più antico della cultura etrusca, quando i viventi onoravano i defunti con banchetti e libagioni e offrivano loro vasi da mensa, cibi e bevande. Vi sono infatti anche numerose rappresentazioni delle cerimonie funebri, in cui queste sono presentate come vere e proprie feste, con atmosfera gioiosa, ispirandosi sicuramente anche alla vita quotidiana. Il banchetto funebre diventava, così, un momento di consolazione per la comunità dei viventi.

Spesso sono presenti anche altari, apprestamenti per pratiche rituali e strutture per accogliere gli spettatori ai giochi funebri. Rituali di questa natura dovevano essere dedicati anche al culto degli antenati, testimonianza in tal senso è fornita da alcune rappresentazioni statuarie deposte in tombe di ambiente ceretano (odierna Cerveteri).

Le cerimonie solenni appena descritte nascono tra le classi aristocratiche, ma a partire dalla metà del VI secolo a.C. sono riservate anche alle sepolture di membri del ceto medio, che in questo periodo si appropria di alcune forme sociali delle classi più elevate.

La morte e l’individuo

Sin dall’epoca più antica (fine X-VIII secolo a.C.) si sente la necessità di rappresentare il defunto, soprattutto quando il rituale scelto è quello dell’incinerazione, quando il corpo, cioè, viene disfatto dall’azione del fuoco. Abbiamo così urne cinerarie con coperchi in forma di elmo o addirittura cinerari antropomorfi, come nel caso dei canopi chiusini.

Canopi dalla necropoli di Tolle, Museo Civico Archeologico delle Acque di Chianciano Terme.

Sempre con l’intento di conservare l’individualità e le funzioni sociali del defunto nell’alto Lazio vengono create urne in forma di capanna, a indicare lo status di capo della famiglia. Il richiamo all’individuo è presente anche nelle stele figurate, in cui il defunto è presentato quasi sempre in veste di guerriero, fino ad arrivare alle urne e ai sarcofagi di epoca ellenistica che raffiguravano sul coperchio il defunto, molto spesso a banchetto.

Persino le iscrizioni con i dati onomastici, spesso presenti sugli architravi delle tombe o su urne e sarcofagi, sono da inserire nel processo di conservazione della memoria sociale del defunto e forse questo è lo strumento di maggiore forza in questo senso.

Sarcofago degli Sposi, da Cerveteri, ultimo quarto del VI secolo a.C. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

L’ideologia funeraria e l’oltretomba per gli Etruschi

Generalizzando, perché scendere nel dettaglio degli usi funerari etruschi sarebbe impresa impossibile da affrontare in un articolo, per gli Etruschi era convinzione che la “vita” del defunto sarebbe continuata anche nell’aldilà e la tomba veniva a rappresentare la sua nuova “casa”.

La sepoltura era accompagnata da un corredo, spesso ricco, che prevedeva offerte di cibo e bevande e oggetti appartenuti in vita al defunto o appositamente fabbricati in occasione della sua morte. La loro funzione era quella di accompagnare la “nuova vita” del defunto nell’oltretomba, dare una connotazione del sesso, mostrare il suo status sociale di fronte a coloro che erano rimasti in vita e dare prestigio alla famiglia. In alcuni casi, come si è già accennato, poteva anche trattarsi di oggetti realmente utilizzati durante le cerimonie funebri.

Le tombe potevano essere decorate da pitture parietali, raffiguranti diverse tipologie di scene, come rappresentazioni delle cerimonie funebri, spesso accompagnate da banchetti, giochi atletici, spettacoli musicali e danze. Queste pitture, esemplari sono quelle di Tarquinia, sono per noi un documento fondamentale per comprendere aspetti della vita sociale e delle concezioni religiose, altrimenti difficili da ricostruire tramite altri tipi di documentazione.

Scena di danze in onore del defunto. Tarquinia, Tomba dei Giocolieri, metà VI secolo a.C.

Oltretomba come viaggio

A partire dal V secolo a.C. circa l’ideologia funeraria sembra subire un certo cambiamento. Un ruolo non secondario devono aver giocato, senza dubbio, le concezioni religiose e filosofiche che si andavano diffondendo nel Mediterraneo. Si comincia a vedere l’oltretomba come la meta di un viaggio, da compiersi a piedi, ma talvolta così lungo da potersi svolgere unicamente a cavallo, con un carro o in nave. Un viaggio che necessitava di un’adeguata organizzazione e di adeguate provviste e persino di uno o più accompagnatori.

All’arrivo l’anima attraversa una porta o un cancello, che spesso sono rappresentati, porta presso la quale il defunto poteva incontrare o l’anima di un antenato o demoni e spiriti accompagnatori. È sempre l’arte figurata di ambito funerario che ci istruisce su queste concezioni, si vedano ad esempio i bassorilievi di alcune stele di ambiente bolognese o ancora le pitture di alcune tombe.

Gli abitanti dell’oltretomba per gli Etruschi: dei, demoni e mostri

Anche la concezione del mondo ultraterreno risente in alcuni aspetti dell’influsso della religione greca; così i signori del mondo dei morti, Aita e Phersipnai, altro non sono che Ade e Persefone, ma sono presenti anche mostri come Cerbero e Gerione e le anime di alcuni eroi omerici.

Ma l’oltretomba etrusco è popolato anche di propri caratteristici demoni, anch’essi accompagnatori del defunto. Primo tra tutti abbiamo Charun: nonostante il nome ricordi da vicino quello del Caronte greco, è un demone molto diverso, dal volto mostruoso, barba corta, con naso adunco, grandi orecchie, serpenti tra i capelli sempre scarmigliati, spesso con tratti ferini, e incarnato azzurro o grigio. Molto spesso indossa un corto chitone o un perizoma, a volte fermato con due bretelle incrociate e ai piedi, nelle raffigurazioni di età ellenistica, porta degli stivali. Tra i vari attributi che connotano questo demone, quello quasi sempre presente è un grande martello, che lo rendeva ancora più spaventoso e che forse indicava l’ineluttabilità del destino una volta che questo è stato fissato.

Vanth

C’è poi Vanth, una dea dal nome con origine e significato ignoti. Si tratta della controparte femminile di Charun, spesso rappresentata presso le porte dell’aldilà, ma talvolta la si vede emergere dalla terra, forse perché si tratta di una figura liminale per coloro che stanno per morire. Molto spesso Vanth è bella, in contrasto con lo spaventoso Charun, ma talvolta presenta anch’essa un aspetto crudele, con serpenti tra i capelli. È alata e indossa un chitone. Può incontrare le anime prima che queste imbocchino la porta dell’oltretomba per accompagnarle. Quasi sempre è munita di una fiaccola per illuminare il buio cammino verso l’aldilà e talvolta presenta l’attributo della chiave con cui aprire e chiudere le porte dell’oltretomba. La si ritrova raffigurata in scene di morte e di battaglie cruente e violente.

Tra gli altri demoni che abitano l’oltretomba per gli Etruschi e che il defunto trova lungo il proprio cammino vi è Culsu, demone femminile depositario delle chiavi del mondo dei morti, Tuchulca, mostro alato assistente di Charun, con becco e artigli di avvoltoio e lunghe orecchie d’asino, con serpenti tra i capelli e una serie di mostri, talvolta presi in prestito dalla mitologia greca.

Carmine De Mizio per Questione Civile

Bibliografia essenziale:

  • G. Camporeale, Gli Etruschi. Storia e civiltà;
  • M. Cristofani (a cura di), Dizionario illustrato della civiltà etrusca;
  • N. T. de Grummond, Etruscan Myth, Sacred History, and Legend.

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