Cefalonia: la storia e il racconto della memoria

Cefalonia

Il racconto e il ricordo dell’episodio di Cefalonia

L’episodio di Cefalonia si inserisce nelle vicende complesse che seguirono l’8 settembre. Viene considerato un esempio di resistenza al nazifascismo. Interessanti risultano essere le modalità, differenti a seconda dei periodi, con le quali si affermò la memoria e il ricordo in Italia di Cefalonia.

I fatti prima dell’eccidio

Dopo le operazioni militari in Grecia dell’aprile del 1941, l’isola di Cefalonia fu occupata dagli 11.500 soldati e ufficiali della divisione Acqui.

Nel luglio del 1943 venne destituito Mussolini e, il 3 settembre dello stesso anno, il nuovo governo Badoglio firmò l’armistizio con gli Alleati, annunciando lo stesso il giorno 8. In tal modo si decretava la fine dell’alleanza con i tedeschi. L’armistizio fu un momento difficile: i tedeschi occuparono il Nord Italia, mentre le autorità italiane si rifugiarono sotto la protezione alleata al Sud. Per i soldati italiani fu il momento di compiere una scelta: proseguire o meno la guerra a fianco di Mussolini e dei tedeschi.  

L’episodio di Cefalonia

In Grecia, a Cefalonia, un’isola nel mare Ionio, a seguito dell’armistizio, iniziarono le trattative durate una settimana con i tedeschi. Questi ultimi erano preparati nel sostituire gli italiani, che fino a poco tempo prima erano loro alleati. Achse è il nome del piano tedesco finalizzato a disarmare le Forze Armate italiane.

Le truppe italiane, invece, non erano preparate e gli ordini o non arrivarono o erano contraddittori. I tedeschi, quindi, intimarono al comando di scegliere fra la continuazione della lotta al loro fianco, l’ostilità o il disarmo. Il comandante della divisione Acqui, il generale Antonio Gandin, tergiversò vari giorni. Questo a causa di comportamenti differenti all’interno della divisione e, alla fine, si rifiutò di cedere le armi. I tedeschi risposero con bombardamenti aerei, radendo al suolo i pochi ripari e i centri abitati.

Le operazioni furono condotte dai tedeschi con largo impiego di mezzi. Il prolungarsi della resistenza, le ingenti forze impiegate dai tedeschi, le gravi perdite e la mancanza di aiuti misero le truppe italiane in difficoltà. Il comandante chiese perciò la resa. I tedeschi avevano l’ordine, direttamente da Hitler, di non fare prigionieri. I nazisti, perciò, uccisero i soldati italiani man mano che si arresero. Il numero preciso dei soldati morti a Cefalonia non è stabilito, la storiografia più recente conta un numero tra i 2000 e i 3000. Le salme degli ufficiali furono gettate in mare, gli altri corpi vennero bruciati. I pochi superstiti furono condotti su delle navi, alcune delle quali esplosero verso i campi di internamento dove si congiunsero agli Imi (Internati militari italiani).

La memoria di Cefalonia subito dopo l’episodio

La notizia di Cefalonia giunse nel Regno del Sud nel 1944 tramite padre Romualdo Formato. Egli era stato cappellano militare della divisione Acqui, prima fatto prigioniero e poi rimandato in Italia per motivi di salute. Grazie anche a padre Formato Cefalonia assunse un posto di rilievo nella costruzione della memoria pubblica. Divenne “simbolo dell’eroismo e del martirio dei soldati italiano.” A seguito di alcune commemorazioni, Cefalonia venne ben presto esaltata come uno dei primi atti di resistenza libera nei confronti dei tedeschi. Bisogna ricordare che all’interno della Resistenza Italiana vi furono, oltre ai gruppi organizzati, anche coloro che decisero di opporsi liberamente al nazifascismo.

Cefalonia venne anche definita, in tal caso da Ivanoe Bonomi, “una delle stragi barbariche ad opera dei tedeschi.”

La politica della memoria di Cefalonia, da parte delle istituzioni, fu accompagnata anche dalla stampa. Della vicenda, tra il 1944 ed il 1945, scrissero tutti i giornali antifascisti. Ne emergevano esaltati i sentimenti antitedeschi e il sacrificio di richiamo risorgimentale.

Gli ambienti militari esaltarono l’onore militare e la lealtà della patria come fattori nella scelta di Gandin. I partiti di sinistra, invece, sottolinearono la scelta come proveniente dal basso. Cefalonia rappresentava i “veri sentimenti” dei soldati, uguali a quelli della resistenza popolare. Luigi Longo, ad esempio, in Un popolo alla macchia (1947), esaltò gli “eroi di Acqui”.

La memoria ufficiale non teneva conto degli aspetti più complessi: la ribellione di alcuni contro Gandin, accusato di tergiversare il desiderio di tornare a casa come movente principale. Prevalse, pertanto, una narrazione nel segno dell’eroismo, del patriottismo antigermanico ed emersero sentimenti forti attorno ai “martiri di Cefalonia”. Nell’immediato dopoguerra la memoria di Cefalonia era favorita da emozioni forti. Inoltre, emergeva l’esigenza della classe dirigente di rivendicare, davanti ai vincitori, i contributi italiani alla lotta contro la Germania nazista.

Continua il ricordo di Cefalonia…

L’idea della memoria concorde entrò in crisi con la guerra fredda. La DC tendeva ad esaltare la componente militare della Resistenza, i partiti di sinistra il contributo dei partigiani. La versione di memoria pubblica, raccontata appena dopo, aveva semplificato una realtà complessa. Il processo, che aveva portato a combattere contro i tedeschi, non era stato lineare. Emerse un “dualismo” fra il generale Gandin e le truppe. Si ritenne essere stato prevalente il desiderio di tornare a casa a spronare alla resistenza. A quel punto crearono divisioni e dibattiti sulla natura della memoria di Cefalonia.

Si ricorda però che, infine, il 25 aprile del 2007, Giorgio Napolitano celebrò la Festa della Liberazione a Cefalonia. Assurgeva così a luogo della memoria della Repubblica. La vicenda della divisione Acqui merita il ricordo e si inserisce nel quadro complesso di vicende che si susseguirono a seguito dell’8 settembre.

Silvia Brera per Questione Civile

Bibliografia

F. Focardi, Nel Cantiere della memoria. Fascismo, resistenza, Shoah, Foibe. Viella, 2020

Treccani.it

Museonazionaleresistenza.it

L’eccidio di Cefalonia (Rai RadioTelevisione italiana)

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