Comacchio e la sua nave: storia di un mercantile romano

Comacchio

Uno spaccato di vita a bordo di una nave oneraria dai canali di Comacchio

«… e la città ch’in mezzo alle piscose / paludi, del Po teme ambe le foci, / dove abitan le genti disiose / che ‘l mar si turbi e sieno i venti atroci».

Queste le parole che Ariosto usa nel terzo canto dell’Orlando Furioso per descrivere Comacchio, il piccolo borgo sorto su tredici isolotti circondati da canali e collegato dai ponti, che ancora oggi caratterizzano la cittadina. Si può dire a ragione che si tratta di un piccolo gioiellino con una storia, antica e recente, davvero interessante. Viaggiare lungo i millenni, oltre che tra le tradizioni e il paesaggio naturalistico dei dintorni sarebbe molto interessante, ma impossibile da affrontare in un singolo articolo. Voglio soffermarmi, piuttosto, su un ritrovamento molto particolare, che ci permetterà di affrontare, per qualche paragrafo almeno, un viaggio a bordo di una nave mercantile di età augustea e al contempo di conoscere i marinai che la governavano, le persone che la frequentavano, le merci che venivano trasportate, le abitudini e la vita quotidiana.

Il ritrovamento della nave di Comacchio

Autunno 1980: un gruppo di volontari del Gruppo Archeologico di Comacchio segnalarono l’affioramento, durante lavori di escavazione del Canale Collettore, di alcuni frammenti lignei che potevano appartenere a un’imbarcazione antica. L’anno successivo fu programmato, quindi, uno scavo archeologico che confermò il ritrovamento e permise il completo recupero del carico della nave. Lo scafo e altre parti di legno, invece, furono lasciati in loco e ricoperti nuovamente dall’acqua: questa scelta, che a prima vista può sembrare scorretta, in realtà fu dettata da esigenze di conservazione.

L’ambiente anaerobico, infatti, avrebbe permesso di preservare intatti i materiali deperibili, come il fasciame ligneo o eventuali oggetti in pelle o legno. Il recupero integrale dell’imbarcazione avvenne quindi in diverse fasi tra il 1986 e il 1989, tramite operazioni complesse che richiesero anche la costruzione di appositi supporti esterni e interni alla struttura della nave. Seguirono lunghe e delicate operazioni di restauro, in quanto la rimozione del legno dall’ambiente che l’aveva preservato per due millenni aveva rotto un equilibrio e nell’arco di breve tempo avrebbe potuto mettere a repentaglio la conservazione del bene.

Il carico della nave di Comacchio

Come già accennato, quella di Comacchio era una nave mercantile, a bordo della quale sono state rinvenute merci di diversa natura e provenienza. Lo studio di questi materiali ha permesso per prima cosa di datare il naufragio alla fine del I secolo a.C., precisamente in un lasso di tempo ristretto tra il 19 e il 12 a.C.

Il carico era piuttosto variegato, come spesso accadeva sulle navi onerarie romane. Vi erano infatti 102 lingotti di piombo provenienti dalla Spagna, alcuni dei quali recanti un bollo, una sorta di “timbro”, riportante il nome del generale Agrippa.

Poi vi erano numerosissime anfore provenienti dall’Italia adriatica, dalla Grecia e dall’Asia Minore, che ci testimoniano il fervente commercio mediterraneo di vino e olio. Era poi trasportato del legname, oltre a quello che gli archeologi chiamano “carico secondario”, ovvero ceramiche da mensa e balsamari per profumi. L’espressione “carico secondario” deriva dal fatto che queste merci, naturalmente più piccole delle anfore o dei lingotti venivano inserite nelle stive negli spazi rimasti vuoti. Proprio per questo motivo, solitamente, le ceramiche trasportate erano preferibilmente forme come coppe o piatti, più facilmente impilabili. Il carico secondario serviva a ottimizzare ulteriormente il viaggio, in quanto forniva un’ulteriore fonte di guadagno.

La vita di bordo: soldati, marinai e passeggeri

In antichità il commercio per mare non era un’attività sicura, infatti nonostante le numerose lotte contro i pirati combattute dai Romani l’attività mercantile poteva essere rischiosa. Per questo sulle navi da carico dell’antichità era quasi sempre presente un contingente militare di scorta alle merci. La nave di Comacchio non fa eccezione, come testimonia la presenza di un paio di caligae, le calzature dalla suola chiodata usate dai soldati, un gladio decorato, il fodero di un pugnale e una decorazione a effige del fulmine di Giove che doveva essere posta su una piccola cassetta di legno, anche se non si può escludere che gli oggetti appartenessero alla scorta di un generale in viaggio.

Numerosissimi sono poi gli effetti personali dei marinai: tra questi scarpe, borse, capi di abbigliamento in cuoio o pelle, ma anche oggetti che testimoniano aspetti più leggeri della vita di bordo, come dadi e pedine da gioco. Non mancano poi oggetti per l’igiene personale e recipienti per medicinali, così come strumenti per la manutenzione della nave.

Tutti questi reperti sono di eccezionale importanza, data anche la difficoltà di conservazione di materiali come il cuoio o il legno, e ci permettono di ricostruire alcuni aspetti della vita e delle abitudini dei Romani, oltre che del modo in cui dovevano svolgersi le traversate marittime.

Infine sulla nave di Comacchio si sono rinvenute tracce anche di passeggeri. Questa cosa non deve stupirci perché, al contrario di oggi, in antichità non esistevano imbarcazioni concepite unicamente per il trasporto dei passeggeri che venivano quindi ospitati sulle navi onerarie. A bordo della nave sono stati trovati i resti di un paio di calzature la cui foggia suggerisce essere appartenute a una donna, oltre che di una pantofola appartenuta probabilmente a un bambino.

La cucina e le ceramiche della nave di Comacchio

A poppa dell’imbarcazione era collocata la cambusa, munita di un focolare in laterizi. Il vettovagliamento, molto ricco e variegato, comprendeva un calderone di bronzo, numerose pentole e lucerne, mortai, mestoli e ramaioli. Oggetto singolare è inoltre una casseruola dotata di un involucro ligneo che serviva a conservare le pietanze in caldo.

A bordo sono state trovate poi numerose ossa di animali domestici adibiti all’uso alimentare, ma la dieta era arricchita anche dal consumo di prodotti ittici freschi, come testimoniano i numerosi ami, tra cui uno per la pesca del polpo, pesi da rete e i resti di gusci di molluschi.

Nell’imbarcazione sono state rinvenute numerose ceramiche, di cui una parte serviva al vettovagliamento della nave e in parte era probabilmente destinato al commercio costituendo il carico secondario.

Si hanno forme da cucina e si annoverano poi anche numerose forme da tavola: tra queste brocche e bottiglie per versare i liquidi, tazze, bicchieri, coppe e piatti. Queste ceramiche sono soprattutto del tipo detto terra sigillata nord italica, caratterizzata da un rivestimento rosso lucido. Sui vasi sono spesso presenti le firme di vasai appartenenti a importanti officine del mondo romano, soprattutto dell’area di Ravenna, Adria e Faenza.

Comacchio

I tempietti miniaturistici

Gli oggetti sicuramente più singolari rinvenuti a bordo della nave di Comacchio sono sei tempietti miniaturistici. Si tratta di piccole riproduzioni di templi prodotti in serie in lamina di piombo argentifero: l’edificio è con podio e colonne ioniche e poggia su piedi conformati a zampe leonine e sono presenti anelli per la sospensione. Oggetti di devozione tipici del mondo romano, recano sulle pareti e i tetti i segni della propaganda augustea che in quegli anni permeava tutte le forme artistiche (riferimento all’articolo sull’Ara Pacis) e sfocia anche in un vero e proprio culto imperiale.

Comacchio

Tra i segni, riprodotti con una cura minuziosa dei dettagli, è presente il sidus Iulium, la stella che leggende propagandate dagli ambienti filo-augustei raccontavano fosse apparsa in cielo alla morte di Cesare, poi i trofei militari che ricordavano le vittoriose imprese belliche in Gallia, l’ibis, uccello egiziano che alludeva alla sottomissione di questo regno all’Impero. Nelle celle dei templi sono raffigurate statue di Venere, divinità ritenuta progenitrice della gens Iulia di cui Augusto faceva parte, insieme al dio Priapo o un altro trofeo di armi, e Mercurio con una borsa di monete, spesso identificato con la persona di Augusto.

Il museo del Delta Antico di Comacchio

Il carico della nave di Comacchio oggi è conservato all’interno del Museo del Delta Antico, nel settecentesco Ospedale degli Infermi. I reperti sono esposti in sale rivestite di tavolati lignei che ricordano il fasciame di una nave, regalando al visitatore un percorso immersivo davvero suggestivo e caratteristico, arricchito da riproduzioni sonore dei rumori del mare, il tutto con uno studiato gioco di luci soffuse che danno davvero l’impressione di trovarsi all’interno di una stiva.

Il percorso espositivo raccoglie, oltre ai reperti riferibili all’imbarcazione, una curata selezione di materiali che ripercorrono la storia del territorio a partire dall’età dei metalli, passando per l’epoca etrusca e i reperti dell’importante città di Spina, l’età romana e medievale, rendendo questo museo un luogo della cultura forse poco conosciuto, ma che merita di essere visitato.

Carmine De Mizio per Questione Civile

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