L’intelligenza artificiale sul lavoro è una risorsa?

Intelligenza Artificiale

Le questioni sociali ed economiche conseguenti all’applicazione dell’Intelligenza artificiale sul lavoro

L’utilizzo dell’Intelligenza artificiale in ambito lavorativo ha cambiato i classici paradigmi sul lavoro. È necessario quindi trovare rimedi ai nuovi problemi e costruire un futuro a misura di cambiamento.

Automazione e panorama futuro

Dopo la rivoluzione industriale e lo sviluppo del sistema economico, come lo conosciamo oggi, vi fu l’esigenza di sviluppare dei modi per evitare che l’uomo dovesse occuparsi di lavori pesanti, nocivi o ripetitivi. I modi che furono individuati implicavano vantaggi per l’economia stessa, dato che permettevano di velocizzare e aumentare la produzione e ridurre i costi. Inizialmente furono usati semplici macchinari che automatizzavano i processi.

Con il tempo vennero introdotti anche robot di diversa tipologia e funzione. Essi seguendo una velocità imparagonabile rispetto a quella dell’essere umano e potendo lavorare anche 24 ore su 24 rivoluzionarono il sistema lavorativo.

L’utilizzo dell’automazione aveva una duplice funzione: da una parte era una grande spinta per l’economia, in termini di tempo, risorse e prezzi e dall’altra teneva al riparo l’uomo da conseguenze dannose derivanti dai lavori svolti vicini a sostanze pericolose e rischiose. A tal proposito è utile, ai fini di un chiaro inquadramento dello scopo dell’automazione, ricordare la differenza tra due termini fondamentali in tema di sicurezza sul lavoro: rischio e pericolo, erroneamente utilizzati come sinonimi nel linguaggio comune.

L’art. 2, lettera r, del D. lgs 81/08 definisce il pericolo come “proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni” quindi il termine indica la sola capacità potenziale di provocare un danno alle persone. La lettera s, del medesimo articolo, definisce il rischio come “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”. In questo caso vi è un riferimento alla probabilità quindi alla misura e alla stima.

Dalle prime applicazioni dell’automazione sul lavoro all’uso dell’Intelligenza artificiale è passato meno tempo di quanto si potrebbe pensare.

Cosa si intende per automazione e dove si colloca l’intelligenza artificiale nella sua evoluzione?

L’automazione e l’intelligenza artificiale sono presenti sia nel settore della produzione di prodotti sia nel settore dei servizi. Nel primo caso l’automazione può avere carattere continuo, cioè essere un flusso continuo di materiale sottoposto ad una serie di trattamenti successivi oppure carattere iterativo, cioè con cicli distinti di lavorazione che si basano su elementi distinti. Nella seconda ipotesi, consiste in linee e dispositivi per la trasmissione di dati a distanza o su elaboratori elettronici, utili per coordinare lo scambio di informazioni e l’esecuzione di operazioni contabili che consentono di gestire una grande quantità di dati.

Il passo successivo dell’automazione è proprio l’uso dell’intelligenza artificiale. Secondo la definizione del Politecnico di Milano, l’intelligenza artificiale, in inglese Artificial Intelligence (AI), è il ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di capacità tipiche dell’essere umano in grado di perseguire autonomamente una finalità, prendendo delle decisioni che fino a quel momento erano solitamente affidate agli esseri umani.

Questo tipo di processo evolutivo implica vantaggi più o meno chiari e già individuati nei paragrafi precedenti ma solleva questioni difficili da trattare con implicazioni pratiche di complicata definizione. Un problema che viene quasi automaticamente considerato è quello relativo alla perdita di numerosi posti di lavoro. Tuttavia un rilevante e ad oggi quasi maggioritario filone di pensiero, evidenzia che ad una più attenta ed esperta analisi ci si potrebbe rendere conto che è erroneo considerare una perdita piuttosto che una rimodulazione dei compiti, con la nascita e l’individuazione dei “lavori del futuro”.

Intelligenza artificiale e lavori del futuro

Nel tempo diventano sempre più gli esempi, alcuni anche molto “divertenti” o curiosi, in cui l’intelligenza artificiale ha sostituito l’uomo in ambito lavorativo. Fuoriuscendo dal settore industriale in cui tale sostituzione è relativamente semplice, possiamo ricordare – a titolo esemplificativo – il bar, inaugurato a San Francisco, in cui il caffè è preparato e servito da un robot intelligente. Oppure il robot tutor per gli anziani soli, dal nome Nao, sviluppato dall’azienda francese Aldebaran Robotics in una casa di riposo vicino Parigi.

Allo stesso tempo, nascono dei nuovi lavori per l’uomo caratterizzati da innovazione, tecnologie digitali e progresso scientifico. Una delle professioni più richieste per i prossimi anni sarà quella di Manager la transizione digitale. Questa professione rappresenta l’altra faccia della medaglia: se l’intelligenza artificiale innova le aziende, come si gestisce l’intelligenza artificiale? Quali competenze saranno necessarie? Quali potrebbero essere i ruoli e i compiti di supervisione, gestione e riparazione?

Altri esempi di nuove professioni potrebbero essere: Project manager, inteso come ingegnere gestionale. E-commerce manager, per la vendita online. Cloud Architect, con il compito di progettare e costruire ambienti in cloud scalabili.

Una cosa è certa: cambierà il paradigma del lavoro e sarà compito del diritto affrontare questioni mai poste prima per organizzare una disciplina uniforme.

Intelligenza artificiale e risvolti sociali

Esiste un filone di pensiero che ritiene che l’uomo non perderà lavoro a causa dell’innovazione. Di contro, però, dovrà formarsi e studiare – anche con la nascita di nuovi corsi di laurea – per occuparsi di professioni complementari ai cambiamenti. Certo è che anche questo risvolto non basta a risolvere le preoccupazioni per il futuro.

Ad oggi si possono considerare dati e fare possibili stime future sui numeri dei posti di lavoro che verranno persi e i posti di lavoro che verranno trasformati con nuove professioni ma non abbiamo esperienza viva con cui poter determinare proporzioni e conseguenze concrete per la popolazione e per l’economia.

In questo nuovo paradigma viene sempre “dimenticata” una fascia di popolazione in cui rientrano i poveri e le persone non scolarizzate o con basso grado di istruzione che non sono potenzialmente in grado di ricoprire ruoli in cui è richiesta una professionalità specifica che si può acquisire solo con anni di studio teorico ed esperienza sul campo.

Esistono ancora ulteriori interrogativi: come verranno disciplinate queste nuove figure lavorative? Quali azioni lo Stato dovrà intraprendere per creare tutele per le persone in difficoltà, considerati i principi commerciali e l’andamento dell’economia mondiale che subirà cambiamenti? Come cambierà il mondo che conosciamo oggi?

Non abbiamo tutte le risposte, sebbene sia evidente l’esigenza di costruire alternative ai meccanismi classici. Bisogna ricordare che l’AI, come tutte le cose, di per sé non è né buona né cattiva, dipende dall’utilizzo che l’uomo decide di farne.

Valeria Cantarella per Questione Civile

Sitografia

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