La vita è una pistola carica di emozioni per i minori di periferia, pronti a difendersi, dagli altri e da loro stessi
L’adolescenza è uno momento di vita da oltrepassare per i ragazzi, che porta spesso a delle conseguenze importanti dalle quali possono emergere fragilità, rabbia e incertezza profonde. Ma soprattutto se vissuta in contesti sociali difficili, porta necessariamente ad un carico di sofferenza in più da metabolizzare. È l’età che contraddistingue la fine dell’infanzia e l’inizio di una lunga battaglia contro sé stessi e una società che punta il dito. Una società che pretende definizioni, proprio lì dove di definito c’è solo un urlo soffocato dalla povertà.
I minori sono alla ricerca di comprensione e accettazione, di identità e felicità
Ogni età comporta determinate difficoltà. Così come ogni luogo nasconde ombre e punti di luce. Per definirsi, un essere umano, ha bisogno di sentirsi parte di qualcosa e di coltivare la propria anima con gesti, affetti, sentimenti. Nascere in contesti sani è una fortuna, avere dei genitori responsabili che educano, insegnano, amano i loro figli è una condizione che appare normale quando si vive lontani da certi ambienti.
Ma basta solamente spostarsi dalla certezza delle nostre dimore dove amare i figli è naturale, per ritrovarsi di fronte a un dolore così brutale dove niente ci sorprende, nemmeno l’egoismo degli adulti che diventa negligenza, incuria e abbandono. E se da una parte ci si ritrova a dover affrontare il silenzio dei propri figli e magari qualche piccola ribellione interiore, dall’altra parte è inevitabile vedere ragazzi che cercano sulla strada la loro identità, il loro amore, l’attenzione, la paura. Il bisogno cambia da quartiere a piazza, da stazione a casa popolare. Può figurarsi con la necessità di attirare l’attenzione di un padre o di compiacerlo vendendo stupefacenti per diventare ai suoi occhi stupefacente.
Può essere la necessità di una banconota da venti euro, mentre vendi te stessa senza dover pagare l’Iva. E ancora, possono essere le serate fredde trascorse sotto i portici, che son sicuramente meglio delle botte e di dover ascoltare ancora una volta quanto fa male essere niente dalla bocca di chi vorresti solo un bacio. Cosa può cercare un adolescente in tutto questo frastaglio di sofferenza? Forse tutto. Forse niente. Forse solo la felicità.
I minori: scudo di ferite esplodono, perché non hanno altra scelta
Ci si ritrova nel quartiere di Brancaccio a Palermo, per le vie di Afragola a Napoli, nel contesto reggino, a Roma in piazza San Lorenzo e per le periferie di Milano e potremmo citarne molte altre. È lì che, più di altre si percepisce la brutalità della crescita, della piena adolescenza e della ricerca indiscussa di sé.
Molti ragazzi, perdono la strada, non trovano altro modo se non la legge del più forte, per sopravvivere. Si parla di “tasso minorile di criminalità elevata”, si parla di contesti violenti, di spaccio e di disagio giovanile.
La delinquenza minorile è un fenomeno che si sviluppa sul concetto di devianza, ovvero quei comportamenti che si allontanano dalle norme sociali che si esprimono con il bisogno di trasgredire per assumere un’identità all’interno della società.
Ma non ci si chiede se la prevenzione è abbastanza. Se gli educatori di strada sono pochi. Se vi sono presenze adulte di riferimento. Se superato l’obbligo scolastico non rimane per gli adulti ed esperti del mestiere l’obbligo morale di salvezza. L’impegno e l’attenzione, di cittadini e addetti ai lavori devono essere focalizzati su quelle che potrebbero essere le azioni da compiere. È importante provare a prevenire, arginare e combattere il fenomeno, ma soprattutto preservare tanti più minori possibili in contesti ad alto rischio.
I ragazzi degli anni duemila
La rabbia che pervade gli adolescenti viene dal profondo. Nasce da una dispersione che parte dalle braccia vuote della genitrice, tra i banchi di scuola dove non vi è comprensione, sino alla disumana consapevolezza di essere etichettati. Come reietti, incapaci, pericolosi. Una rabbia che parte dalla memoria a breve termine, sino ad addentrarsi nelle vicissitudini di un’infanzia dolorosa e sfociare in atti violenti. Questi ultimi altro non sono che un flashback tra passato e presente. E il futuro? Che futuro ha quel fanciullo che dalla società viene emarginato o al massimo accantonato sino alla maggiore età?
Cristalli che si rompono sono i ragazzi degli anni duemila. Giovani che si lasciano ferire, che si affidano all’indefinito, sino alla completa assuefazione di luoghi e frequentazioni. E lì, i vulcani esplodono.
Quella dei nostri giorni è una rivolta sociale che parte da quartieri che necessitano di attenzione immediata, sino ad espandersi in quelle zone geografiche definite sane. Perché i bisogni dei giovani sono cambiati, perché i giovani stessi stanno cambiando. E non ci si può esimere dal sentirsi colpevoli, quando come unico strumento di difesa attivano la violenza a doppio taglio. Ed è per tale ragione che il dolore che si perpetua nelle loro menti necessita di essere approfondito soprattutto con un ascolto attivo da parte di tutti.
I minori e le relazioni
Alla base dei problemi relazionali dei giovani ci sono le difficoltà di gestire le emozioni e accogliere in modo consapevole la propria situazione di vita e quella dell’altro, e ancora la gestione della paura, la noia, l’iperprotettività dei genitori dove vi sono presenti, al contrario, la totale mancanza di regole e di vigilanza, ma anche la poca capacità di fidarsi e affidarsi a figure adulte di riferimento. Bisogna tener presente che sono figli di una società dove violenza e aggressività sono normalizzate soprattutto tra i minori. Una società molto competitiva, e assai poco cooperativa che tende ad etichettare anziché sostenere, aiutare ed includere.
A tal proposito, la psicoterapeuta dott.ssa Manca, affronta il pensiero degli adolescenti nel suo libro “Leggimi nel pensiero”, esprimendo con parole profondamente vere un concetto di fondamentale importanza – “Nessun ragazzo è «sbagliato», così come nessun ragazzo è «perduto». Molti perseverano nell’errore o nel dolore perché sono circondati da adulti assenti, sordi o indifferenti alle loro richieste d’aiuto. -“ E partendo da questa verità, uno degli obiettivi dei nostri giorni, dovrebbe proprio essere quello di sensibilizzare le istituzioni e soprattutto la scuola a collaborare attivamente con tutti i professionisti del sociale per includere le difficoltà che i ragazzi vivono in determinati tessuti territoriali e normalizzare la loro presenza, puntando all’ascolto per il miglioramento esistenziale.
Daniela Zema per Questione Civile
Sitografia:
www.Elzevirus.it
www.FocusDiritto.it
www.inpsiche.it
www.sapere.it