La triangolazione edipica: accogliere un terzo nella relazione

la triangolazione edipica

La rivisitazione dell’edipo nella triangolazione edipica

La triangolazione edipica è quel processo che, attraverso la risoluzione del complesso edipico, rende possibile l’accoglimento di un terzo da parte dei membri di una coppia o di una famiglia. In tal senso, il terzo può configurarsi come qualsiasi oggetto, evento o persona capace di entrare nella dinamica familiare e modificarla. Dunque, si può considerare come terzo un figlio, un lavoro, un hobby, una relazione amicale. Si pensi come, in molti casi, all’interno di una coppia uno dei partner mal sopporta che l’altro dedichi del tempo ad attività o interessi dai quali è escluso.

Dedicare più tempo al lavoro per un avanzamento di carriera, iniziare un nuovo sport, partecipare a cene con colleghi, affrontare l’arrivo di un figlio. Queste situazioni terze potrebbero essere motivo di malcontento per uno dei partner che perde l’esclusività nella relazione con l’amato. La capacità di accettazione di un terzo nell’età adulta pone le sue radici nelle relazioni primarie di ciascun bambino con le figure di attaccamento. Infatti questa capacità si sviluppa a partire dalle prime forme triadiche che il bambino osserva nei suoi legami precoci.

La triangolazione edipica e il rapporto con l’altro

Le vicissitudini inconsce della triangolazione edipica regolano il rapporto del sé con l’altro. L’altro fa riferimento a tutto ciò che si percepisce come diverso da sé, quindi la madre è altro da sé, il padre è altro da sé, il fratello è altro da sé, il sociale è altro da sé. La struttura su cui si costruisce la relazione con l’altro è la costellazione edipica, un’accezione psicoanalitica che indica il primo assetto triangolare tra madre, padre e un terzo (il figlio). L’osservazione, l’elaborazione e l’incorporazione della triangolazione edipica fungeranno, dunque, da schema regolatore per tutti i legami futuri dell’età adulta.

Si può osservare, all’interno delle relazioni madre bambino, l’avvicendarsi di momenti in cui ha inizio la progressiva accettazione del padre in un rapporto inizialmente esclusivo. Nei suoi primi approcci con la madre, il bambino mantiene una centralità narcisistica e onnipotente che gli fa pensare di essere l’unico beneficiario del rapporto. In realtà, con gli atteggiamenti amorosi che hanno luogo in presenza del bambino nei confronti del padre, la madre presenta quest’ultimo come suo partner sessuale. Il bambino inizia a vivere l’esperienza di essere presente ma in posizione terza rispetto alla coppia madre padre, che viene osservata, vissuta ed interiorizzata.

Il mito edipico in chiave relazionale

Il mito edipico è la forma più precoce di relazione umana che si instaura tra un bambino, sua madre e suo padre. Le rappresentazioni che derivano dalla struttura della relazione edipica costituiscono lo schema delle relazioni future del bambino. Il bambino progressivamente acquisisce la consapevolezza che non esiste soltanto la sua relazione con ciascun genitore. I genitori infatti condividono una parte di relazione che gli è preclusa e che riguarda unicamente loro due. Del resto, le moderne teorie dell’attaccamento hanno rilevato una precoce capacità dei bambini di relazionarsi non solo coi singoli genitori ma con la coppia genitoriale nella sua interezza.

Dunque il bambino dapprima sviluppa schemi di relazione con la figura materna e successivamente arriva a concepire schemi di relazione con la madre nel suo rapporto col padre. Ecco che si va delineando, dunque, la triangolazione edipica all’interno della quale il bambino deve tollerare delle relazioni triadiche. Esiste, dunque, la relazione del bambino col padre e del bambino con la madre, ma anche la relazione tra padre e madre che lo esclude e a cui non prenderà mai parte. Da questa prospettiva, il bambino è in una posizione terza ed osserva la relazione genitoriale da esterno e non come facente parte di essa. Quindi si costituisce uno spazio triangolare dove si tessono tutte le possibili relazioni incrociate dei membri che ne fanno parte.

Tolleranza del terzo nella triangolazione edipica

Quando il bambino sviluppa la capacità di tollerare la realtà della triangolazione edipica, comprende che una stessa persona (la madre o il padre) può instaurare relazioni con lui ma anche con altri. Questa consapevolezza implica la tolleranza, da parte del bambino, di non essere l’unico beneficiario del rapporto con l’altro. Il piccolo, quindi, non può fare altro che abbandonare lo stato narcisistico di esclusività che credeva di avere nelle sue relazioni coi genitori. L’interiorizzazione di questo assetto rende possibile l’instaurazione di relazioni future mature che non siano improntate sul possesso narcisistico dell’altro. In tal caso, il legame con la persona amata, quindi, terrà conto non solo dei bisogni personali ma anche di quelli che appartengono al partner.

La stessa relazione diventa un terzo da preservare e nutrire, laddove la triade è costituita da se stesso, l’altro e la relazione. In quest’ ottica, la relazione matura si caratterizza per la capacità dei suoi membri di riconoscere le esigenze del partner (hobby, carriera, amici). La tolleranza del terzo quindi si traduce nella tolleranza di interessi altri della persona amata che non necessariamente coinvolgono il compagno. Quando invece l’assetto triangolare non è adeguatamente raggiunto, qualsiasi elemento terzo può rompere l’equilibrio apparentemente raggiunto. In casi del genere, il partner potrebbe percepire come intrusi o pericolosi un interesse personale, un avanzamento di carriera o dei nuovi amici, minando inevitabilmente la serenità della coppia.

Fabiana Navarro per Questione Civile

Bibliografia

  • Nucara, G. (2012). La funzione paterna nell’anoressia. International Journal of Psychoanalysis and Education, 4(2), 51-67.
  • Roussillon, R. (2014). L’oggetto coppia. L’oggetto coppia, 289-300.
  • Ruszczynski, S. (1996). L’Edipo rivisitato: le induzioni transferali nella psicoterapia psicoanalitica della coppia. Interazioni, (1996/2).
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