La colomba pasquale: la sua storia tra leggenda e realtà
Essendo sempre più vicini alla Pasqua, sono numerose le curiosità e le domande che ci poniamo riguardo alle tradizioni gastronomiche che questa festività porta con sé. Ad esempio, sul perché la colomba è sempre stata presente e lo è ancora oggi sulla tavola della domenica di Pasqua.
Con questo articolo andremo proprio a rispondere ad alcune domande e curiosità riguardo questo alimento tradizionale legato alla Pasqua, definendo la sua nascita, le sue origini e la sua evoluzione storica.
Ci sono alcune verità e molte leggende che girano intorno alla nascita della storica colomba pasquale ed alcune sembrano essere reali e altre solo leggende. Storicamente pare che la colomba risalga già al 570 d. C., in piena epoca Longobarda, quando il Re barbaro Alboino riuscì a conquistare la città di Pavia dopo tre anni di assedio e ricevette dalla popolazione locale un pane dolce a forma di colomba, in segno di pace.
Una leggenda, invece, ad esempio, narra che circa quarant’anni dopo, il monaco irlandese San Colombano, venne invitato a corte dalla regina Teodolinda. La regina preparò in suo onore un banchetto con ogni genere di carni e prelibatezze. Trovandosi in Quaresima, il monaco inizialmente non consumò nulla, suscitando l’imbarazzo e l’ira dei sovrani; decise allora di procedere con la benedizione del cibo, per poterlo poi dividere con i commensali. Quando però il monaco impose le mani per benedire, le carni si trasformarono in bianche colombe di pane.
La terza leggenda è attribuita ancora alla Lombardia. Precisamente alla battaglia di Legnano del 1176, in cui i comuni della Lega Lombarda sconfissero l’imperatore Federico Barbarossa. Poco prima della battaglia, due colombi si posarono sulle insegne della Lega: ispirato da questa visione, per dare coraggio ai propri uomini, il capitano fece preparare dei pani dolci a forma di colomba.
La colomba pasquale nasce come dolce anti-spreco
L’invenzione e commercializzazione della colomba di Pasqua così come la conosciamo oggi avvenne intorno al 1930, a partire da un’idea di Dino Villani, pubblicitario lavoratore in una nota azienda dolciaria milanese: la “Motta”. Fu colui che ebbe l’intuizione di lanciare sul mercato un dolce tipico per Pasqua, risparmiando.
In che modo? Direste voi; semplicemente “riciclando” lo stesso impasto dei panettoni e i macchinari utilizzati per la produzione del dolce natalizio. L’innovazione del dolce fu sicuramente la sua forma, quella di colomba, da sempre simbolo pasquale; ma anche la superficie rivestita con glassa all’amaretto e mandorle.
Il commercio tra Motta e i Vergani
È quindi la storia precedente la più documentata, e sicuramente vera, ovvero quella legata alla nascita della colomba pasquale per conto di Dino Villani che, come direttore della pubblicità per Motta dal 1934 al 1939, non si limitò a creare un logo che sintetizzasse in una M il nome dell’azienda e la sua milanesità, ma pensò anche a come rendere più produttivo un business stagionale che teneva a casa gli operai per buona parte dell’anno.
Nacque così da una sua intuizione la colomba pasquale, che permise di mantenere attivi gli stabilimenti di produzione nel periodo successivo al Natale utilizzando lo stesso impasto del panettone, ma per creare un nuovo dolce.
In tanti seguirono le orme di Motta: tra i primi Vergani, altra azienda milanese, che nel primo dopoguerra contribuì alla diffusione della colomba pasquale. Con il passare degli anni è diventata parte della storia italiana, tanto da essere stata inserita successivamente nell’elenco deiprodotti agroalimentari tradizionali italiani stilato dal Ministero delle Politiche Agricole.
I criteri ministeriali per una colomba pasquale “DOC”
Nel luglio 2005 il Ministero per le politiche agricole e forestali ha emesso un decreto che disciplina la produzione e la vendita di alcuni prodotti dolciari da forno come: il panettone, il pandoro, il savoiardo, l’amaretto e l’immancabile colomba pasquale.
La denominazione “colomba” è riservata al prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma irregolare ovale simile alla colomba, una struttura soffice ad alveolatura allungata, con glassatura superiore e una decorazione composta da granella di zucchero e almeno il 2% di mandorle, riferito al prodotto finito e rilevato al momento della decorazione.
Per essere tale, la colomba nell’impasto deve contenere i seguenti ingredienti: farina di frumento, zucchero, uova di gallina di categoria «A» o tuorlo d’uovo (o entrambi), in quantità tali da garantire non meno del 4% in tuorlo, materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al 16%, scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al 15%, lievito naturale costituito da pasta acida e sale. È facoltà del produttore aggiungere anche i seguenti ingredienti: latte e derivati; miele, burro di cacao, malto e zuccheri.
La glassatura superiore deve essere ottenuta come detta il decreto con albume d’uovo e zucchero.
È poi a discrezione del produttore in caso aggiungere altri ingredienti come le mandorle, le nocciole o anacardi o farine di mais, frumento o cacao.
La colomba: perché è sulla tavola il giorno di Pasqua?
Dall’Arca di Noè alla Risurrezione, la colomba rappresenta il simbolo dello Spirito Santo e, più generalmente, l’emblema della speranza e della salvezza. La forma a colomba del dolce sarebbe poi una scelta dettata, oltre che dalla simbologia religiosa, dalla stagione. La Pasqua è legata alla primavera e al risvegliarsi della natura: che si tratti quindi di uova, agnello o dolci comune è il motivo del ringraziamento e dell’offerta.
In varie culture dalla mitologia greca a quella romana e ancora prima in quella mediorientale, gli uccelli sono coloro che hanno il dono di mediare e comunicare con l’aldilà. La colomba, vuoi per il suo candore, vuoi per le sue doti di viaggiatrice, è da sempre considerata uno di questi, una messaggera di buona fortuna, di pace e prosperità.
Già gli Assiri babilonesi la consideravano portatrice di messaggi dall’aldilà nell’ebraismo è da sempre legata al mito della rinascita, essendo annunciatrice per Noè della fine del diluvio universale, quando cessata la pioggia gli consegnò un ramo di ulivo come simbolo della vita che ritornava sulla terra. Nell’ebraismo e di conseguenza nel cristianesimo la colomba è raffigurazione dello Spirito Santo.
Sara Rocchetti per Questione Civile
Sitografia:
Decreto Ministeriale 22 luglio 2005 (D.M. 22.07.05) – Ministero delle Attività Produttive (ambientediritto.it)
www.tamilano.com