Il ferro: un oligoelemento essenziale nella dieta

ferro

Il metabolismo del ferro, l’emocromatosi e l’anemia sideropenica

La dieta è l’unico punto di ingresso del ferro nel nostro organismo. Nella dieta, esso può essere presente come libero o come legato al gruppo Eme dell’Emoglobina. Legato al gruppo Eme, è la porzione meno presente e rappresenta il 10-15% del ferro nella dieta. È presente nella carne ed è molto concentrato nei muscoli, dunque in tutti gli alimenti di origine animale. Anche se è presente in quantità scarse, è il ferro con il tasso più alto di assorbimento, tra il 5 e il 25% del totale.

Quello libero è il più abbondante nella dieta, ma il suo assorbimento è del 2-5%. È principalmente presente negli alimenti di origine vegetale ed è difficilmente assorbibile perché gli alimenti di origine vegetale contengono sostanze che contrastano l’assorbimento del ferro a livello intestinale. Inoltre viene assunto come ossidato ma per essere assorbito deve essere convertito nella forma ridotta e questo comporta un ulteriore dispendio energetico da parte dell’intestino.

Esso viene assorbito a livello intestinale, principalmente nel duodeno e nel digiuno. Complessivamente l’assorbimento è poco efficiente, poiché solamente il 10-20% del ferro presente negli alimenti viene assorbito a livello intestinale.

Il fabbisogno medio è di circa 8 mg al giorno, che sono facilmente forniti dalla dieta. Un quantitativo diverso è fisiologicamente richiesto dal metabolismo delle donne in età fertile, che hanno un fabbisogno di 18 mg/giorno e dalle donne in gravidanza con un fabbisogno di 27mg/giorno, che sono quantità non sostenute dalla dieta normale; per questo motivo nei casi precedenti si ha la necessità di seguire diete specifiche per migliorare l’apporto di ferro.

L’omeostasi del ferro

L’omeostasi è un meccanismo che mantiene costante la disponibilità di ferro nell’organismo. Il ruolo dell’omeostasi è fondamentale poiché sia l’eccesso che il deficit di ferro sono correlati ad alcune patologie. La patologia dovuta ad un eccesso di ferro viene definita emocromatosi.

L’emocromatosi primaria

L’emocromatosi primaria è una patologia genetica molto rara ma dannosa, che viene comunemente associata a un sovraccarico di ferro. Il difetto genetico riguarda l’epcidina o altre molecole che controllano la sua produzione. In mancanza di epcidina, i tessuti riforniti di ferro dalla circolazione o dall’assorbimento intestinale non riescono più a rilasciarlo. La conseguenza è l’accumulo complessivo di ferro nei tessuti. Le cellule attuano dunque un assorbimento in eccesso rispetto alle necessità fisiologiche.

Il problema è relativo al rilascio del ferro dai tessuti a causa dei difetti di funzionamento dell’epcidina. In particolare nel fegato e nel cuore, che sono i tessuti deputati ad accumulare ferro a scopi di conservazione nell’organismo, si ha un accumulo che può generare un danno tissutale. Il danno tissutale è dovuto alla presenza di ferro libero che può causare una sovrapproduzione delle specie radicaliche dell’ossigeno.

Le correlazioni cliniche più comuni dell’emocromatosi sono la cirrosi epatica, il carcinoma epatico, le cardiomiopatie. Nel caso in cui il danno avvenga a livello pancreatico si può sviluppare anche il diabete. Queste patologie infatti sono tutte legate ad uno stress ossidativo eccessivo che i tessuti possono subire in presenza di un eccesso di ferro.

L’emocromatosi secondaria

Questo tipo di emocromatosi è una patologia molto più comune e viene spesso associata alle talassemie e ad altre patologie in cui si presenta l’emolisi, per cui l’emivita degli eritrociti è troppo breve. Nella talassemia si assiste a un difetto di produzione dell’eme nell’Emoglobina per cui gli eritrociti che raggiungono la circolazione sistemica sono difettivi e hanno un’emivita minore.  

La conseguenza è che si ha una morte precoce degli eritrociti e il ferro contenuto al loro interno viene accumulato a livello tissutale, epatico e midollare, lasciando poco ferro in circolazione.

Un altro tipo di emocromatosi è quella di origine iatrogena. Essa é dovuta a un’eccessiva somministrazione di ferro da parte del medico. Questo si verifica quando si tenta di correggere un’anemia effettuando delle trasfusioni senza considerare che si può avere un accumulo di ferro, poiché il nostro organismo non dispone di un sistema di escrezione del ferro. In questi casi, per proteggere il paziente dall’accumulo di esso, si devono somministrare dei farmaci chelanti, che sono capaci di legare il ferro, ridurne la quantità di ferro libero in circolazione e facilitarne l’eliminazione.

Infine l’ultimo tipo di emocromatosi è quella causata da sovraddosaggio da vitamina C. È una condizione patologica abbastanza rara ed è dovuta alla capacità della vitamina C di potenziare moltissimo l’assorbimento del ferro. Dal momento che però il nostro organismo è sprovvisto di un adeguato sistema di escrezione, esso si accumula nei tessuti e causa emocromatosi.

Il ferro e l’anemia sideropenica

La condizione patologica più comune è invece dovuta alla carenza di ferro e riguarda l’anemia sideropenica. Essa é la malattia ematologica più comune specialmente tra le popolazioni povere in cui ci sono carenze alimentari e il consumo di carne è ridotto.

Le conseguenze di tale carenza riguardano la forma, le dimensioni e il colore egli eritrociti, che risultano anomali. Gli eritrociti sono detti ipocromici e risultano scoloriti al microscopio, perché sono sprovvisti di un quantitativo di emoglobina sufficiente.

Per via delle loro anomalie morfologiche, gli eritrociti sono anche detti dismorfici, mentre per via della loro ridotta dimensione sono detti microcitici.

Le cause sono date da un’eccessiva necessità di ferro rispetto alla sua assunzione. Questo può avvenire in caso di un aumento della richiesta endogena, come nel caso della crescita e della gravidanza, o per un’aumentata perdita di esso nel caso di emorragie e flusso mestruale abbondante.

Le conseguenze dell’anemia sideropenica sono le seguenti: un quantitativo ridotto di emoglobina nel sangue; ossigenazione difettiva dei tessuti con effetti neurologici importanti e difetti nel metabolismo ossidativo del muscolo, che portano il paziente in acidosi per una sovrapproduzione di acido lattico in seguito alla fermentazione.

Gli aspetti subclinici dell’anemia sideropenica

Altre conseguenze della sideropenia riguardano alcuni aspetti subclinici. Questi aspetti sono dovuti al fatto che il sistema nervoso centrale risente nell’immediato della carenza e del deficit di ferro. Grazie a recenti pubblicazioni scientifiche, è emersa negli ultimi anni l’associazione tra la carenza di esso e la compromissione delle abilità cognitive complesse quali l’attenzione e l’apprendimento.

Pur non sapendo con certezza il motivo della riduzione delle attività cognitive, sono state avanzate alcune ipotesi: si ipotizza che la carenza di ferro sia responsabile di alcuni danni mitocondriali e della ridotta sintesi di due neurotrasmettitori principali, la serotonina e la dopamina.

È stata inoltre individuata una correlazione tra la quantità di ferritina nel sangue e il livello di performance cognitiva, soprattutto negli studenti nell’età adolescenziale. È stato osservato che minore è il quantitativo di ferritina presente, più facilmente vengono compromesse le abilità cognitive complesse come la memorizzazione e l’elaborazione del pensiero astratto.

Un possibile miglioramento dell’apprendimento e della memoria è stato riscontrato quindi con la somministrazione del ferro, in particolar modo per le donne in età fertile che necessitano di un quantitativo di ferro giornaliero ancora maggiore rispetto ai coetanei dell’altro sesso.

Giulia Marianello per Questione Civile

Sitografia

www.humanitas-care.it

Bibliografia

I principi di biochimica di Lenhinger, Nelson, Cox,  Zanichelli, 2022.

+ posts

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *