Il teatro in psicologia: indossare o calare la maschera?

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La teatro-terapia: tra strategia e tecnica

Le tecniche in psicoterapia sono cambiate nel tempo, allontanandosi dalla mera immagine del paziente sul lettino che discute i propri pensieri con lo psicologo.
Ad oggi, sono utilizzati a scopo terapeutico svariati metodi che vanno dalle tecniche di respirazione, più focalizzate sulla consapevolezza, ad attività ludiche come il teatro, i laboratori di cucina ma anche la danza. In genere, tutte queste tecniche vanno sotto il nome di arteterapia, includendo anche il disegno e la pittura.
Questi interventi dovrebbero quanto più possibile essere adattati al paziente. Essi hanno lo scopo di ingaggiarlo il più possibile e di affrontare quelle che sono le sue aree di vulnerabilità e accorrono in soccorso dello psicologo con pazienti particolarmente difficili con cui costruire un’alleanza terapeutica.

La teatro-terapia e lo humor in psicologia

Lo humor può essere considerato come un tratto caratteristico delle personalità. Ci sono persone che sono molto ironiche nei confronti di sé stessi o degli eventi che capitano a loro. Questo è stato un elemento considerato sin da subito in psicoterapia e considerato come una sorta di “meccanismo di difesa”, che permette al paziente di allontanarsi da un’idea o da un evento. Così, si sono sviluppati degli interventi focalizzati sull’umorismo che, in parallelo a quelli teatrali, lavorano su attività o emulazioni che stimolano l’umorismo e la risata.


Da un punto di vista fisiologico, con lo humor si attivano i muscoli facciali. Gli stessi interventi basati su questa tecnica partono da una stimolazione della risata. Non a caso, il primo lavoro sullo humor nelle teatro-terapie viene svolto sui toni di voce, sulle posture e sul corpo in generale. Ad esempio, il terapeuta esperto nello humor può mettersi al centro del gruppo e chiedere di svolgere un esercizio di imitazione: inizierà a ridere o a fare smorfie e i pazienti dovranno mettere da parte eventuali sentimenti di vergogna e disagio ed imitarlo.

In accordo alla teoria delle emozioni di James, l’emozione è una conseguenza dell’attivazione fisiologica: non piangiamo perché siamo tristi, ma siamo tristi perché piangiamo. Dunque, sperimentare un’attivazione fisiologica come l’attivazione muscolare della risata, o la messa in atto di determinate posture, contribuirebbe alla secrezione, da parte del cervello, di ormoni che a loro volta sono responsabili dell’emozione e inducono uno stato di benessere.

La teatro-terapia

Lo humor sembrerebbe qualcosa di cui tutti sono dotati a prescindere. La capacità di ridere o scherzare, anche di eventi negativi, che ci accadono nella vita quotidiana non è altro che un modo per ristrutturarli, per cambiare punto di vista. Infatti, di recente lo humor e le tecniche ad esso legate, sono anche state usate in terapie di gruppo nell’ambito della psicologia dell’emergenza e, dunque in popolazioni vittime di traumi. Così, lo humor assume il ruolo di una vera e propria risorsa, da potenziare quando non c’è e da sfruttare nel setting terapeutico, se è presente. Inoltre, appare avere un ruolo fondamentale nella costruzione e nel mantenimento dell’alleanza terapeutica. È stato poi dimostrato che, i pazienti dotati di questa caratteristica ottengono migliori risultati nei percorsi di psicoterapia.


La teatro-terapia consiste in vere e proprie rappresentazioni teatrali svolte dai pazienti, spesso sottoforma di improvvisazioni. L’obiettivo di questi interventi è variabile in base alle necessità dei pazienti: può essere quello di destrutturare un vecchio sé e costruire una nuova identità oppure quello di portare il paziente sul presente e lavorare sulla consapevolezza di emozioni e pensieri.

Queste terapie sono ampiamente usate in comunità terapeutiche da quelle per pazienti psichiatrici a quelle per alcolisti e tossicodipenti. Hanno però dimostrato la loro efficacia anche in pazienti affetti da malattie croniche e neurodegenerative in cui è importante favorire un percorso di accettazione di una nuova vita, modificata dalla malattia, e a volte di una nuova immagine di sé quando ad esempio si ha a che fare con pazienti che devono portare l’ossigeno o che hanno subito un’amputazione.

Lo psicodramma

Lo psicodramma nasce e viene messo in pratica nel contesto psicoanalitico, negli anni ’50 ad opera di Jacopo Levy Moreno. Si tratta di un metodo attivo che, sebbene si agganci per alcuni aspetti all’approccio psicoanalitico, si allontana da esso per la centralità dell’individuo nella messa in scena drammatica ma anche per il focus dal soggetto solo in terapia, ad un setting gruppale o anche di coppia. Nel contesto psicoanalitico, lo psicodramma rappresentava un metodo per svelare le dinamiche inconsce del soggetto, così come accadeva per i sogni. Allo stesso modo, uno dei concetti psicoanalitici che più sono condivisi dalle tecniche dello psicodramma sono la catarsi, le libere associazioni e il transfert.


Nel concreto, una seduta di psicodramma si mette in atto proprio come uno spettacolo teatrale: con uno o due terapeuti che svolgono contemporaneamente i ruoli di regista, supervisore, analista e, se necessario, attori o io ausiliari dei protagonisti. Ai pazienti viene chiesto di mettere in scena una situazione della loro vita, particolarmente difficile da elaborare o che gli suscita forti emozioni. Altri membri del gruppo, o gli stessi terapeuti, possono coprire i ruoli degli altri attori coinvolti in questa situazione. C’è poi la possibilità di scambiarsi i ruoli.

Con il paziente che assume i ruoli degli altri soggetti coinvolti e il terapeuta che assume il ruolo del paziente.

Le conseguenze di questo processo sono molteplici: primo, possiamo ricavare delle informazioni sulle modalità con cui il paziente, attore protagonista, percepisce sé stesso, gli altri e le situazioni che porta in scena. Secondo, attraverso lo scambio di ruoli e il sostegno dell’io ausilario si può aiutare il paziente a percepire la situazione problematica in modo diverso, in modo più adattivo.

Le drammatizzazioni nel teatro

In psicodramma è comune l’uso delle drammatizzazioni ovvero la messa in scena di situazioni significative per il paziente in maniera eccessiva. La drammatizzazione si lega anche alla tecnica della narrazione che a sua volta mette in luce un altro aspetto della connessione tra psicodramma e psicoanalisi: ovvero l’uso delle libere associazioni. Le libere associazioni vanno favorite in queste tecniche con lo scopo di far emergere la parte più inconscia dei vissuti degli individui.

Nello psicodramma possiamo individuare tre fasi: la prima è chiamato warming up, che significa riscaldamento in cui i pazienti/attori si preparano alla rappresentazione. Segue la drammatizzazione vera e propria e una fase finale di commenti da parte dei terapeuti e del gruppo, che contribuiscono alla ristrutturazione della scena rappresentata. Attraverso i feedback del gruppo, si cerca anche di potenziare l’empatia dei partecipanti. Questo è particolarmente utile se viene svolto un lavoro di psicoeducazione emotiva in determinati tipi di pazienti, come quelli con disturbi di personalità.

Lo psicodramma è utile da un punto di vista sociale per la riabilitazione di tossicodipendenti, detenuti e altri contesti in cui vi è un disagio socioeconomico. È utile nella clinica con alcuni pazienti psichiatrici e/o residenziali molto gravi che devono fronteggiare, oltre il disagio per la malattia, l’isolamento sociale.
Della famiglia dello psicodramma, si può considerare anche la tecnica del role-play maggiormente usata nell’ambito della formazione di varie professioni. Gli psicologi stessi usufruiscono di questa tecnica attraverso la simulazione di colloqui psicologici, nonché nella supervisione e nella discussione dei casi in cui può essere chiesto ad un collega più esperto di interpretare a turno paziente e psicologo per confrontarsi sulla gestione dello specifico caso.

Chiara Manna per Questione Civile

Sitografia

www.igorvitale.org

www.psiche.santagostino.it

www.ifra.it

www.readkong.com

www.consultorioantera.it

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