Perfezionismo clinico nella psicopatologia: un tratto trasversale

perfezionismo

Come il perfezionismo clinico alimenta un disturbo

Il perfezionismo clinico è un tratto trasversale a molte e diverse psicopatologie che spesso ruotano attorno al nucleo centrale dell’autostima e della tensione verso standard elevati. Il perfezionismo clinico va distinto dall’ambizione e dalla tensione verso l’eccellenza e il miglioramento di sé stessi, caratteristiche che motivano alla crescita personale e a nuovi apprendimenti. Di seguito, dunque, verrà analizzato il ruolo che il perfezionismo clinico, le quali manifestazioni sono clinicamente significative e poco funzionali, ricopre nel mantenimento di alcune psicopatologie.

Una definizione del perfezionismo clinico

Il perfezionismo clinico ha come nucleo centrale la tendenza a prefiggersi obiettivi e standard estremamente elevati (achieve demanding goals) e la conseguente valutazione di sé stessi sulla base del raggiungimento di tali standard. Quindi la persona con perfezionismo clinico tende ad attribuire a sé stessa giudizi estremamente negativi se non è in grado di perseguire la meta prefissata, svalutando anche eventuali piccolo successi.

Inoltre, persone con questo tratto tendono ad esercitare un marcato controllo sulla propria prestazione mettendola a confronto con quella altrui e mostrandosi sempre preoccupati per le proprie performance per timore di non soddisfare gli standard. In particolare, Sassaroli ha individuato nel perfezionismo clinico un elemento preponderante, il timore dell’errore (concern over mistakes), che spingerebbe la persona ad essere eccessivamente controllante delle proprie azioni volte al perseguimento di un fine, considerando anche un banale errore come fallimento personale.

Secondo Frost il perfezionismo clinico sarebbe costituito da sei dimensioni: timore di commettere errori, standard personali elevati, dubbi sull’impeccabilità delle proprie azioni, criticismo da parte delle figure significative, alte aspettative genitoriali, marcate capacità organizzative. Delle sei dimensioni identificate, la paura di commettere errori e gli standard elevati hanno sicuramente un peso maggiore nella psicopatologia dal momento che qualsiasi azione compiuta non è considerata abbastanza adeguata ed è associata a forti sentimenti di autocritica e di scarsa efficacia.

Le dimensioni relative alle aspettative e al criticismo genitoriale, invece, impattano nella maniera in cui si cade nella credenza di essere meritevoli di affetto e stima solo se le proprie azioni sono irreprensibili. La dimensione relativa al timore di commettere errori corrisponde a quella che altri autori inquadrano come preoccupazione di come gli altri valutano le proprie azioni e che induce la persona a ruminare su di esse e sul criticismo altrui.

Esso nei disturbi alimentari

Il perfezionismo clinico è una delle credenze disadattive che caratterizza i disturbi alimentari e si configura come l’iper valutazione del perseguimento di determinati standard (forma e peso corporeo), strettamente legati al controllo massiccio dell’alimentazione. Esso, infatti, costituisce uno dei tanti fattori di mantenimento del disturbo. Quella che appare una contraddizione, l’abbuffata, non è che una momentanea perdita del controllo. Infatti, il tentativo di mantenere un regime alimentare stringente induce la persona a vivere negativamente qualsiasi passo falso come fallimento del proprio autocontrollo, scatenando stati d’animo negativi che confluiscono nell’abbuffata.

Secondo Heatherton e Baumeister il fenomeno dell’abbuffata è predominante in soggetti che sperimentano bassa autostima a causa della tendenza ad autovalutarsi in maniera estremamente negativa. Il perfezionismo clinico che caratterizza gran parte di queste persone, infatti, spiegherebbe la tendenza a ricercare standard troppo elevati che possono essere inerenti sia all’aspetto fisico sia ad altri ambiti della propria persona.

Ne consegue che più sono elevati gli standard che la persona si prefigge, più è probabile che vi sia uno scarto tra obiettivi e realtà. Quando il gap tra ideali e possibilità tangibili di raggiungerli è eccessivo, ci si espone al rischio del fallimento e all’abbassamento della propria autostima. Nel quadro del disturbo alimentare, il tentativo di fuggire dalla coscienza delle proprie condotte fallimentari innesca uno “shift” su stimoli esterni (il cibo) focalizzando l’attenzione sui singoli atti che costituiscono poi l’azione complessiva dell’abbuffata, privata così del suo significato globale (“restringimento cognitivo” o “cognitive narrowing”).

In questi frangenti di evasione l’esperienza si riduce alle sole sensazioni legate all’assunzione di cibo, l’azione diventa solo una sequenza di movimenti muscolari e il sé è circoscritto unicamente al corpo. Il restringimento cognitivo permette quindi di estraniarsi dagli stati di autocoscienza abbandonando qualsiasi confronto con gli standard perfezionistici che sono fonte di stress cadendo nell’abbuffata.

Esso nella depressione

Il perfezionismo clinico gioca un ruolo certamente non marginale anche nel mantenimento del disturbo depressivo nelle sue diverse manifestazioni. Beck, infatti, aveva individuato una particolare tendenza della persona depressa a considerare sé stessa come non degna, incapace di agire in maniera efficace con la convinzione di dover raggiungere la perfezione nelle diverse situazioni che si trova a fronteggiare.

Facendo riferimento alle sei dimensioni di Frost di cui sopra, è stata rilevata una correlazione tra le due dimensioni relative al timore degli errori e all’incertezza sull’azione con i sintomi di depressione e con punteggi elevati alla scala di misurazione della depressione (Beck Depression Inventory). Questa correlazione interessa particolarmente quella forma di depressione che si caratterizza per una marcata tendenza ad essere autocritici in quanto ci si sente del tutto incapaci e impossibilitati a raggiungere standard prefissati.

Interessante è anche la tendenza a non agire e a procrastinare proprio per la credenza di non essere adeguati all’azione. Questo fattore, infatti, potrebbe avere un certo perso nel mantenimento della passività e dell’inazione che caratterizzano alcune manifestazioni della depressione. In alcuni studi più recenti, invece, è stata riscontrata una relazione complessa di mediazione tra alcune dimensioni del perfezionismo clinico e la depressione.

Infatti, alcune dimensioni del perfezionismo clinico come le capacità organizzative elevate, potrebbero costituire un fattore protettivo per lo sviluppo del disturbo depressivo ma anche per la salute mentale in generale.  Quest’ultima considerazione, del resto, dimostra come la psicopatologia non si pieghi ad un determinismo scontato e come l’interazione tra diversi fattori personali, sociali e culturali dia origine a configurazioni sintomatologiche complesse e idiosincratiche.

Il perfezionismo clinico in altre psicopatologie

Secondo alcuni studi, il perfezionismo clinico sarebbe associato ad altri disturbi psicopatologici come il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) in cui una delle manifestazioni sintomatologiche è proprio la necessità di raggiungere perfezione e l’esattezza delle azioni compiute. Ciò si traduce nel comportamento teso a controllare più e più volte che le azioni siano state compiute correttamente. Anche l’intolleranza dell’incertezza è un elemento che caratterizza il DOC e anche i disturbi di ansia, dove l’ignoto diventa terreno fertile per l’anticipazione di scenari catastrofici e dove il timore dell’errore è fonte di inibizione e ipervigilanza soprattutto nei contesti sociali.

 Il perfezionismo clinico si riscontra in maniera preponderante anche nel disturbo di personalità ossessivo compulsivo che ha come nucleo centrale una forte rigidità della performance orientata al perfezionismo. Interessante appare l’ipotesi di un perfezionismo socially prescribe associato ad alcuni disturbi di personalità come quello schizoide, schizotipico, evitante e borderline. Nel perfezionismo socially prescribe la persona crede che gli altri abbiano aspettative elevate su di sé e ciò può fungere da fattore di mantenimento per l’allontanamento dall’altro (schizoide, schizotipico, evitante) e per il senso di colpa e la paura dell’abbandono (borderline).

Il perfezionismo come tratto clinico trasversale a diverse forme di psicopatologia appare una tematica che recentemente è stata investita di particolare attenzione. Tuttavia, potrebbe e dovrebbe essere ulteriormente approfondito il legame tra i diversi sotto aspetti del costrutto e le manifestazioni dei disturbi psichici per avere un quadro meno riduttivo e più preciso di queste interessanti correlazioni.

Fabiana Navarro per Questione Civile

Bibliografia

  • La Mela, C., & Maglietta, M. (2011), Esperienze dissociative e disturbi dell’alimentazione: il ruolo di dissociazione e perfezionismo nell’alimentazione controllata. Cognitivismo clinico, 8(1), 27-46.
  • Lombardo, C., & Violani, C. (2011), Quando perfetto non è abbastanza. Conseguenze negative del perfezionismo [When perfect is not enough. Negative consequences of perfectionism]. Milano, Italy: LED.
  • Guardini, S. (2004). Perfezionismo clinico. Cognitivismo Clinico, 1(1), 65-76.
  • Sassaroli, S., Bertelli, S., Boccalari, L., Sangiorgi, E., Giovini, M., Lamela, C., … & Ruggiero, G. M. (2007). Contenuti metacognitivi dei disturbi alimentari e interazione con il perfezionismo, la bassa autostima e il rimuginio. Cognitivismo clinico, 4(1), 34-36.
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