L’egemonia culturale della destra: un non problema

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L’egemonia culturale, tanto anelata dal governo Meloni, non è qualcosa che si crea artificialmente come dimostra l’attacco del governo al direttore del Museo Egizio di Torino

Christian Greco è l’attuale direttore del Museo Egizio di Torino e lo sarà sicuramente fino al 2025, anno di fine mandato. Il Museo Egizio di Torino non è un museo statale, ma privato, con un proprio cda, quindi fuori sia dalle ingerenze governative che dall’egemonia culturale dei partiti.

L’attacco del governo in virtù di un’egemonia culturale

Recentemente, alcuni esponenti delle forze di maggioranza hanno attaccato direttamente e senza mezzi termini il direttore Greco: “Faremo di tutto per cacciarlo”, “Greco faccia un gesto di dignità, si dimetta. Se non lo farà, faremo di tutto per cacciarlo. È di sinistra, ha gestito in modo ideologico” sono le parole del vicesegretario della Lega, Andrea Crippa. Tutto è iniziato, però, con le frasi che ha detto Maurizio Marrone, assessore di Fratelli d’Italia in Piemonte la settimana scorsa:

“Non lo confermerei. Ha doti non comuni, ma ritengo esistano figure più qualificate”.

Quando il governo, di qualunque colore politico sia, vuole mettere le mani nel mondo della cultura bisogna sempre prestare attenzione. Esistono, è vero, alcuni settori culturali che sono gestiti direttamente dall’esecutivo: basti pensare alla Rai. La TV pubblica è oramai da decenni roba di Stato e, come tutto il resto, viene lottizzata secondo il consolidato Manuale Cencelli dividendo le emittenti televisive pubbliche in base al peso che i partiti hanno nella legislatura. Ogni cambio di governo prevede quindi, come conditio sine qua non, la divisione delle poltrone in mamma Rai, l’arruolamento di fedelissimi, l’epurazione di quelli non conformi alla nuova linea governativa.

Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino

Egemonia culturale cercasi

Questo sta a dimostrare come il governo sappia perfettamente che, senza controllare l’informazione, e più in generale, il mondo culturale, governare è difficile (anche se poi, gli investimenti nel mondo culturale latitano, e spesso sono del tutto mancanti). La cultura quindi come perno da cui partire per costruire una narrazione diversa, di parte.

In Italia non siamo nuovi a questo modo di fare: abbiamo accettato oramai come ineluttabile lo spoil system che inaugura i primi mesi di ogni nuovo governo come fosse una tradizione secolare. Anche se bisogna ricordare che oltre alla sostanza conta la forma. È vero che ogni governo ha lottizzato il mondo culturale, quello industriale, quello economico, quello sociale, ma c’è una misura per ogni cosa.

Il nuovo esecutivo sembra quasi che ne stia facendo una questione di puntiglio, di orgoglio personale. La giustificazione addotta è che Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sono stati sempre esclusi dai palazzi del potere dalle sinistre. Quindi la sinistra ha creato un mondo culturale antitetico a quello di destra, ha emarginato socialmente, politicamente ed economicamente i partiti dello schieramento politico avverso relegandoli a comparse sulla scena politica.

Basti ricordare come si definisce Meloni: underdog, ovvero sottovalutata. Il nuovo esecutivo dimentica che due partiti su tre (Forza Italia e Lega) hanno preso parte al governo nelle ultime legislature e Fratelli d’Italia vanta nel suo inner circle uomini e donne che hanno già rivestito la carica di ministri.

Costruire una narrazione

Si è deciso, volontariamente o no, di dimenticare che la destra negli ultimi vent’anni ha governato quasi lo stesso numero di anni della sinistra e, soprattutto, che, nella storia repubblicana italiana, del mondo della sinistra solo il Partito Socialista ha governato mentre il Pci era escluso dalle stanze dei bottoni. La narrazione del governo attuale che vuole mostrare come ad oggi la destra non ha mai potuto dire la propria nei luoghi del potere non è del tutto vera. Ma Meloni alimenta questa narrazione per continuare sulla scia di un sentimento di rivalsa sul mondo politico italiano. Un mondo di cui lei ha sempre fatto parte. La narrazione secondo cui gli intellettuali sono solo a sinistra è falsa, anche perché la categoria novecentesca dell’intellettuale è scomparsa da diverso tempo.

Il controllo della cultura dovrebbe essere lasciato all’arte stessa perché, in alternativa, la cultura smette di essere tale e diventa altro, diventa indottrinamento. 

Alessandro Villari per Questione Civile

Sitografia

www.repubblica.it

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