La riforma costituzionale e il prossimo (probabile) referendum

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La riforma costituzionale approvata dal Cdm ora è all’esame delle camere

La riforma costituzionale ideata dal governo di centrodestra prende il nome di Premierato: è la soluzione giusta per garantire stabilità politica oppure è l’ennesimo tentativo che andrà a vuoto?

La nuova riforma costituzionale

La nuova riforma costituzionale modifica la forma della Repubblica: da una repubblica di tipo parlamentare si passa ad una di tipo presidenziale, quindi, il parlamento non sarà più il perno del sistema politico. Il nuovo modello proposto dal governo Meloni prevede un accentramento politico e amministrativo senza precedenti nella storia d’Italia: un sistema basato sull’elezione diretta del Presidente del consiglio che non avrà un limite al numero di mandati che potrà ricoprire, un unicum all’interno del novero dei sistemi presidenziali. Un elemento di novità è il premio di maggioranza: il partito che prenderà più voti alle elezioni avrà un premio di maggioranza che lo porterà ad avere il 55% dei seggi nelle due camere del Parlamento. L’incertezza costituzionale risiede nel fatto che non sia presente l’indicazione di una soglia minima per ottenere il premio di maggioranza, cosa che aveva chiesto la Corte costituzionale per l’Italicum.

Un’altra caratteristica della riforma è quella di esautorare, di fatto, le funzioni del Presidente della Repubblica che dovrà ratificare l’incarico al Presidente del Consiglio eletto dal popolo. L’incarico, in caso di sfiducia, può essere dato solo una volta ad un membro del parlamento appartenente alla stessa maggioranza: si evita così il possibile l’avvento dei governi tecnici. Si eliminano i senatori a vita ad eccezione degli ex Presidenti della Repubblica.

Il tentativo di migliorare la governabilità del Paese e di garantire una stabilità dentro la maggioranza evitando il tradizionale ribaltone, ovvero la formazione di una maggioranza diversa all’interno della stessa legislatura, si potrebbe trasformare in un boomerang: non è più il parlamento che dà la fiducia al governo, ma è il governo a imporre la sua linea sul parlamento. È difficile che le due camere sfiducino un governo sapendo che il passo successivo sarà il ritorno al voto.

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La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

I dubbi

Che l’Italia necessiti di una riforma atta a garantire stabilità e governabilità è fuori discussione. Si possono, tuttavia, avanzare dei dubbi circa la reale capacità di questa proposta di riforma costituzionale di divenire la panacea di tutti i mali. Un aspetto positivo è il seguente: a differenza delle riforme proposte da Berlusconi e da Renzi, bocciate entrambe al referendum, questa riguarda un numero esiguo di articoli della Costituzione da riscrivere. È più particolare, meno invasiva. Un difetto sostanziale è quello di ridurre il potere del Presidente della Repubblica rispetto a quello del Presidente del Consiglio. Al momento il primo è eletto dalle due camere del Parlamento e conferisce al secondo un mandato per trovare una maggioranza all’interno degli eletti a Montecitorio e a Palazzo Madama.

Nel momento in cui il Presidente del Consiglio è eletto direttamente dai cittadini si arriverà a creare una disparità politica tra un Presidente eletto dal Parlamento e un Presidente espressione della volontà popolare. Ma non è l’unico punto critico.

Il premio di maggioranza del 55% garantisce al partito vincitore delle elezioni, di fatto, una governabilità assoluta e la certezza di portare a termine i cinque anni della legislatura con un unico governo, evento, per altro, mai successo nella storia repubblicana d’Italia. Il distinguo nasce nel momento in cui non si mette per iscritto la soglia minima da raggiungere per ottenere quel premio. Il paradosso sarebbe che un partito che ha preso il 20% alle elezioni politiche ottenga in Parlamento il 55% dei seggi, con buona pace della legge truffa.

Un secondo ordine di problemi risiede nella mancata chiarezza riguardo alla probabilità che ci sia un turno unico o un doppio turno: nel primo caso a trarne vantaggio sarebbe il centrodestra, nel secondo il centrosinistra perché è solito presentarsi diviso in partiti all’inizio e giungere ad una coalizione solo poi.

Problemi della riforma costituzionale

Innumerevoli sono stati i tentativi di riforma costituzionale nel nostro Paese tra bicamerali e referendum, ma nessuno di questi è andato a buon fine: si ricordino la commissione Bozzi, la commissione De Mita-Iotti e quella di D’Alema. Il motivo fondamentale è che il nostro sistema repubblicano poggia su una Costituzione che non ha eguali nel mondo per equilibrio dei poteri e per garanzia di democrazia. Ben vengano i tentativi di riforma che consentano di avere una maggiore solidità politica che possa far bilanciare la dicotomia tra governabilità e rappresentatività. Non sembrerebbe essere la soluzione una riforma che centralizzi maggiormente il sistema politico, che sminuisca il ruolo del Presidente della Repubblica, che esautori il ruolo del parlamento e che non metta limiti ai mandati che un Presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini possa avere.

Alessandro Villari per Questione Civile

Sitografia

www.repubblica.it

www.corriere.it

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