Mobilità elettrica: come procede la transizione?

mobilità elettrica

Nonostante gli sforzi congiunti di Europa e case automobilistiche, la transizione verso la mobilità elettrica stenta a decollare

La mobilità elettrica è uno dei punti fondamentali del Green New Deal europeo, il cui fine è arrivare alla neutralità climatica entro altri tre decenni. Secondo la Commissione Europea, la sostituzione delle auto a motore termico con le auto elettriche è di fondamentale importanza ai fini della protezione dell’ambiente. Almeno in Italia, però, la vendita di auto elettriche risulta ancora stagnante – e, ciò nonostante, tutti i vantaggi che derivano dall’utilizzo di un veicolo a batteria. In questo articolo, vedremo i motivi di questa ritrosia e, soprattutto, analizzeremo la conseguente crisi che affligge il settore.

La viabilità secondo l’Europa: mobilità elettrica

Sebbene ci siano resistenze nel riconoscimento dell’urgenza della questione, il cambiamento climatico è una realtà che non possiamo ignorare, da affrontare al più presto. È da leggere in questo senso il provvedimento dell’UE, approvato nel febbraio 2023, volto a ridurre le emissioni di CO2 prodotte da veicoli personali e commerciali. In particolare, l’obiettivo è il raggiungimento di quota zero emissioni e, dal 2035, lo stop alla produzione dei motori termici, inquinanti per definizione. Per fare ciò, gli Stati europei e le case automobilistiche lavorano a stretto contatto al fine di favorire lo sviluppo della mobilità elettrica rispetto ai veicoli termici. Innegabilmente, si tratta di un progetto ambizioso, quasi radicale, che punta a rivoluzionare il modo di vivere la mobilità urbana ed extraurbana della popolazione. E, come per ogni rivoluzione, ci si divide tra accesi sostenitori e ancora più accesi detrattori del cambiamento, il che risulta in una spaccatura del continente.

L’elettrico piace, per esempio, in paesi come Belgio e Olanda, in cui la quota di auto elettriche totali è del 41% e del 44% rispettivamente. Ancora maggiore è la quota nei paesi scandinavi, dal 46% della Danimarca al 60% della Svezia al 90% della Norvegia, la quota più alta. Le percentuali scendono se si guarda a Francia, Regno Unito e Germania, tutte al 25%; ancora più a sud, la Spagna è al 12% e l’Italia al 9%. La mobilità elettrica è in costante crescita nel continente, anche se le immatricolazioni di veicoli a batteria nel 2024 sono calate rispetto all’anno precedente. Dall’altro lato, la rete di infrastrutture di ricarica pubbliche e private continua a crescere a ritmi vertiginosi, rendendo più semplici i lunghi viaggi in elettrico. L’Unione Europea sta compiendo grandi sforzi per sostenere i veicoli elettrici, ma soprattutto in Italia esiste una sfiducia inestirpabile nei confronti di questa motorizzazione.

Perché l’elettrico è impopolare?

Riassumendo in poche parole, le ragioni per cui in Italia non si comprano le auto elettriche sono: costi troppo alti, autonomia limitata, mancanza di punti di ricarica. Che i costi siano più alti è innegabilmente vero: un’auto elettrica, rispetto a un’equivalente con motore termico, costa il 30% in più. È altrettanto vero, però, che i possessori di veicoli elettrici non devono spendere soldi per il carburante, sempre in aumento, e hanno agevolazioni fiscali importanti. Dall’altro lato, invece, negli ultimi anni l’autonomia media di un veicolo elettrico ha raggiunto i 400 km, doppia rispetto a dieci anni fa, ed è destinata a salire; inoltre, in Italia al momento sono stati installati oltre 60mila punti di ricarica, perlopiù concentrati al nord, e anche questo numero è destinato a salire. Vengono spesso mosse altre critiche ai veicoli elettrici, perlopiù frutto di pregiudizi duri a morire e poca conoscenza del prodotto e del contesto.

Alcune perplessità derivano dalle batterie, spaziando dalle questioni riguardo alla durata delle stesse alle preoccupazioni riguardo i costi dei ricambi, finanche allo smaltimento. Le batterie al litio, attualmente le più usate nei veicoli elettrici, come ben sappiamo non sono immuni all’usura e nel tempo possono perdere capacità. Per ovviare a ciò, la maggior parte dei costruttori garantisce le proprie batterie per 7/8 anni, con alcuni che si spingono anche a 15. Inevitabilmente, inoltre, i costi delle batterie diventeranno più contenuti con l’avanzare del tempo, rendendo anche questi ricambi più accessibili al pubblico e i veicoli più appetibili. Già oggi è anche possibile adattare le batterie vecchie ad altri scopi oppure riciclarle fino a recuperare gran parte dei componenti. A livello di manutenzione, i veicoli elettrici ne hanno meno bisogno rispetto ai termici; per quanto riguarda le emissioni, è stato calcolato che le auto elettriche le abbattono significativamente rispetto alle termiche.

La crisi profonda dell’automobile

Non si può, però, ignorare il fatto che da un po’ di tempo il settore dell’automotive è piombato in una forte crisi da cui sembra difficile uscire. Negli ultimi mesi, in particolare, le nuove immatricolazioni sono in calo in tutta Europa, in controtendenza rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Questo è un problema che riguarda indistintamente i veicoli elettrici e quelli termici, anche se il calo dei primi è senza dubbio più vistoso. Non esiste una sola causa scatenate di questa crisi; piuttosto, esiste una serie di concause che meriterebbero ciascuna la propria analisi, tutte correlate alla metamorfosi del settore. La transizione verso l’economia green è un passo per cui non tutti sono preparati, sia per avanzamento tecnologico sia per materie prime; il settore, tuttavia, deve anche fare i conti con lo sviluppo dell’industria e delle esportazioni cinesi e, soprattutto, con le resistenze del mercato di cui abbiamo già parlato.

La crisi è particolarmente sentita in Italia e Germania, due paesi che avrebbero molto da perdere se il settore dovesse effettivamente scivolare verso il fallimento. Da un lato Stellantis, dall’altro Volkswagen: queste sono tra le aziende più importanti dei rispettivi paesi, e le loro difficoltà si riflettono anche sull’intero impianto produttivo europeo. Volkswagen in particolare nel 2024 ha affrontato l’annuncio della chiusura di tre stabilimenti produttivi, una prima volta storica per il gruppo, e due scioperi degli operai; d’altro canto, Stellantis ha dovuto chiudere a intermittenza alcuni stabilimenti come Mirafiori a causa del calo di produzione in conseguenza delle scarse vendite. Proprio Italia e Germania sono tra gli oppositori più accesi del progetto, in quanto temono per la perdita dei posti di lavoro. Di certo, per quanto sia necessaria la transizione verso la mobilità elettrica, serve anche rassicurare le parti riguardo tutte le criticità che la rivoluzione porta con sé.

Francesco Paolo Vitrano per Questione Civile

Sitografia

  • ewiva.com
  • rivistaenergia.it
  • rinnovabili.it
  • startmag.it
  • wired.it
  • eunews.it
  • today.it
  • ilpost.it

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