Restrizione al confine tra Polonia e Bielorussia: sospeso il diritto d’asilo
Da mesi, al confine tra Polonia e Bielorussia, si consuma una crisi di cui si racconta poco: in centinaia restano bloccati, sospesi tra la strettezza dei confini polacchi e la manipolazione politica del regime Lukashenko. Varsavia, sostenuta da una parte dell’opinione pubblica e dell’Unione Europea, a marzo ha inasprito le restrizioni, sospendendo temporaneamente il diritto d’asilo e rafforzando la presenza militare alla frontiera.
La situazione a Varsavia
Il primo ministro polacco Donald Tusk a marzo ha firmato un provvedimento che sospende temporaneamente il diritto d’asilo nei territori interessati dalla pressione migratoria al confine con la Bielorussia (Lubelskie e Podlaskie); già a settembre 2021, il Governo polacco ha dichiarato lo stato di emergenza in quasi duecento comuni di queste regioni, implementando misure straordinarie per controllare la situazione al confine.
Tra i punti di passaggio più critici si segnalano i valichi di frontiera di Kuźnica, Połowce-Pieszczatka e Terespol, dove le autorità polacche hanno intensificato i controlli e le misure di sicurezza per fronteggiare l’afflusso di migranti.
La nuova legge polacca
Secondo quanto dichiarato dallo stesso Premier, in un post pubblicato sulla piattaforma X, la decisione è stata presa “come promesso e senza indugi”, nell’ambito di una più ampia strategia di contrasto all’immigrazione irregolare che, a detta del Governo polacco, sarebbe orchestrata dalle autorità di Minsk con il sostegno della Russia.
L’annuncio segue la firma, da parte del Presidente della Repubblica Andrzej Duda, di una nuova legge che autorizza l’esecutivo a introdurre restrizioni temporanee al diritto d’asilo in situazioni considerate eccezionali, come nel caso di minacce alla sicurezza nazionale.
Il testo legislativo, votato dal Senato, prevede che tali misure possano essere prorogate con l’approvazione del Parlamento. La normativa è stata fortemente voluta dalla maggioranza e appoggiata da parte dell’opposizione di destra, in un contesto di crescente attenzione ai flussi migratori provenienti dalla rotta orientale. Negli ultimi mesi, infatti, la Polonia denuncia un incremento degli ingressi irregolari attraverso il confine con la Bielorussia, accusando il governo di Aleksandr Lukashenko di usare i migranti come strumento di pressione geopolitica nei confronti dell’Unione Europea.
La situazione a Minsk
Per il Governo bielorusso, la crisi migratoria esplosa lungo il confine con la Polonia, non è altro che il riflesso di una strategia ostile messa in atto dall’Occidente per isolare e destabilizzare il Paese. Dal 2021, quando l’Unione Europea ha introdotto nuove sanzioni contro Minsk, in risposta alla repressione delle proteste interne e all’intercettazione forzata del volo Ryanair, la Bielorussia si è trovata progressivamente tagliata fuori dai circuiti economici e politici europei, spinta sempre più nelle braccia della Federazione Russa.
Secondo la narrazione ufficiale bielorussa, l’uso della rotta migratoria verso l’UE non sarebbe una “arma ibrida” ma piuttosto una conseguenza diretta delle politiche europee: un’Europa che chiude le porte e che si rifiuta di dialogare spinge inevitabilmente Minsk a cercare nuove leve per difendersi dalla pressione economica e diplomatica esercitata da Bruxelles.
“Non siamo noi ad aver militarizzato la migrazione – ha dichiarato Lukashenko– ma l’Occidente che usa i migranti per giustificare nuove misure contro la Bielorussia”.
Battaglia simbolica più che umanitaria?
La costruzione di barriere, la sospensione del diritto d’asilo da parte della Polonia e il dispiegamento di truppe NATO ai confini orientali rappresentano una risposta sproporzionata e provocatoria per Minsk, più simile a una forma di escalation militare che a una gestione civile della migrazione. Inoltre, secondo le autorità bielorusse, molti dei migranti giunti nel paese lo avrebbero fatto legalmente, attraverso voli internazionali e con visti regolari, e sarebbero stati poi spinti verso l’Unione Europea solo dopo essere stati respinti o abbandonati dalle forze polacche e lituane. In questo quadro, la Bielorussia rivendica il diritto di gestire come meglio crede le sue frontiere e accusa l’UE di doppio standard: mentre chiede rispetto per i diritti umani ai propri confini, ignora le violazioni commesse da Stati membri come la Polonia, che applicano respingimenti collettivi e chiudono ogni canale di accesso legale al diritto d’asilo
Le reazioni
La decisione di Varsavia ha suscitato reazioni contrastanti: da un lato il sostegno di alcuni partner europei che condividono l’allarme per le “minacce ibride” come i tre grandi del Baltico e l’Ungheria; dall’altro le preoccupazioni delle organizzazioni umanitarie, che denunciano il rischio di gravi violazioni dei diritti dei richiedenti asilo. La Commissione Europea non ha ancora espresso una posizione ufficiale sulla misura, ma ha più volte ribadito la necessità di trovare un equilibrio tra controllo delle frontiere e rispetto del diritto internazionale. Mentre sull’altro versante vi sono partner molto potenti come la Federazione Russa, maggior sostenitore politico, economico e militare della Bielorussia, Pechino inoltre, pur non prendendo posizioni dirette sulla crisi, più volte ha condannato le sanzioni occidentali contro Minsk.
La posizione di Mosca sulla crisi al confine
La posizione ufficiale russa è chiara: la crisi al confine orientale dell’Unione Europea è una costruzione politica dell’Occidente, una crisi alimentata più dalla propaganda europea che da reali minacce. Mosca respinge ogni accusa di complicità con il regime di Aleksandr Lukashenko nella gestione dei flussi migratori, ma al contempo difende apertamente l’operato di Minsk e ne sostiene la legittimità.
“La Bielorussia è stata provocata. Ora difende la propria sovranità”
ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, puntando il dito contro l’Unione Europea, colpevole — a detta del Cremlino — di applicare due pesi e due misure: da una parte, si erge a paladina dei diritti umani; dall’altra, erige barriere e sospende il diritto d’asilo quando si sente minacciata.
Un filo teso tra UE e Russia
Ricordiamoci che il confine che separa la Polonia dalla Bielorussia è una delle linee di demarcazione più significative dell’Europa contemporanea, in quanto separa un Paese membro dell’Unione Europea da uno che ne è escluso, nonché un accesso diretto alla Russia. I primi problemi significativi lungo il confine bielorusso-polacco sono emersi nel 2021, quando la Bielorussia, già allora sotto la guida di Aleksandr Lukashenko, ha utilizzato il flusso di migranti come strumento di pressione politica nei confronti dell’Unione Europea.
La crisi migratoria è iniziata come risposta alle sanzioni imposte dall’UE dopo le controverse elezioni presidenziali in Bielorussia del 2020, che avevano visto Lukashenko dichiarato vincitore in un processo ampiamente considerato irregolare e segnato da repressioni violente contro l’opposizione.
Lukashenko ha adottato una politica di “lavoro sui migranti”, invitando rifugiati e migranti, in particolare dal Medio Oriente e dall’Asia, a entrare in Bielorussia con la promessa di un accesso facile all’Unione Europea attraverso la Polonia. Molti migranti sono stati indirizzati verso il confine, dove sono stati creati veri e propri campi temporanei, con la speranza che riuscissero a entrare in Polonia o in altri paesi dell’UE. La Polonia ha risposto rafforzando le sue misure di sicurezza e aumentando il numero di truppe lungo il confine per impedire il passaggio illegale.
I rischi al confine
La crisi ha avuto un impatto devastante sulla popolazione migrante, con migliaia di persone bloccate nella zona di confine, spesso in condizioni inumane, esposte a violenze, negligenza e sfruttamento. La Polonia ha accusato la Bielorussia di utilizzare i migranti come una “arma ibrida” contro l’Unione Europea, mentre la Bielorussia ha accusato la Polonia e l’UE di rifiutare i diritti fondamentali dei migranti e di trattarli in modo disumano. Questa escalation, che ha visto anche l’uso della forza da parte delle forze di sicurezza bielorusse e polacche, ha trasformato il confine in una zona altamente militarizzata, simbolo della frattura tra l’UE e il regime di Lukashenko.
Sonia Bono per Questione Civile
Sitografia:
www.euronews.com
www.lavialibera.it
www.meltingpot.org
www.ispionline.it
www.viaggiaresicuri.it