Svolta nella Legislazione sulla cittadinanza italiana
Palazzo Chigi ha deciso di rivedere profondamente le modalità di acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza, restringendo l’accesso a questa possibilità. L’Italia ridimensiona il concetto di Ius Sanguinis, limitandolo ai soli discendenti di prima e seconda generazione.
Alla luce della necessità di bilanciare i principi costituzionali di uguaglianza e sovranità popolare, il Governo ha varato un decreto-legge (D.L 28 marzo 2025, n. 36) che ridefinisce i criteri per il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza, restringendo l’accesso automatico solo a chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia. L’obiettivo è superare il criterio puramente anagrafico della nascita, che finora ha garantito l’accesso alla cittadinanza senza un reale legame con il Paese, e sostituirlo con parametri più stringenti legati all’effettivo esercizio di diritti e doveri civici.
Modifiche procedurali
La misura, proposta da Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Piantedosi, mira a rafforzare il legame effettivo con il Paese, limitando le richieste che negli ultimi anni hanno gravato sui consolati. Per ottenere la cittadinanza, i figli di italiani nati all’estero dovranno dimostrare una residenza continuativa in Italia di almeno due anni prima della loro nascita.
Questo significa che non basterà più risalire a trisavoli o bisnonni per ottenere il passaporto italiano: saranno considerati eleggibili solo coloro che possono dimostrare un legame diretto con un genitore o un nonno nato in Italia. La riforma nasce dalla necessità di affrontare il fenomeno dell’aumento esponenziale di richieste di cittadinanza da parte di discendenti di italiani emigrati, soprattutto in paesi come Argentina, Brasile e Venezuela. In soli dieci anni, il numero di italiani residenti all’estero è passato da 4,6 a 6,4 milioni, mettendo sotto pressione i servizi consolari.
Applicazione e periodo transitorio
La gestione delle domande sarà trasferita dai consolati a un ufficio centrale della Farnesina, con un periodo transitorio di un anno per permettere l’adattamento al nuovo sistema. Una delle novità più rilevanti della riforma riguarda l’introduzione di un requisito di residenza per i figli di italiani nati all’estero: per ottenere automaticamente la cittadinanza, almeno uno dei genitori dovrà aver vissuto in Italia per almeno due anni continuativi prima della nascita del figlio. Inoltre, chi è nato e risiede all’estero dovrà mantenere un legame concreto con l’Italia, esercitando almeno un diritto o un dovere civico ogni venticinque anni, pena la perdita della cittadinanza.
Se da un lato la riforma introduce vincoli più rigidi per il riconoscimento della cittadinanza per discendenza, dall’altro non interviene sulle questioni legate allo ius soli o allo ius Scholae, lasciando invariata la normativa per coloro che nascono o crescono in Italia da genitori stranieri. Tuttavia, la discussione su questi temi resta aperta e controversa: negli ultimi mesi, il dibattito parlamentare si è focalizzato sulla possibilità di ampliare i diritti di cittadinanza a chi vive stabilmente nel Paese. Forza Italia, ad esempio, ha proposto lo Ius Italiae, che consentirebbe ai minori stranieri nati o arrivati in Italia entro i cinque anni di età di ottenere la cittadinanza a 16 anni, a condizione di aver completato il ciclo scolastico obbligatorio e di aver risieduto per almeno dieci anni nel Paese.
Nuove Disposizioni sulla Cittadinanza Italiana
Per snellire le pratiche, la gestione delle richieste di cittadinanza passerà dai consolati a un ufficio centrale presso la Farnesina. Durante un periodo di transizione di un anno, le domande potranno ancora essere presentate nei consolati, ma con un numero limitato di pratiche accettate. Il disegno di legge approvato introduce anche misure per agevolare l’immigrazione di ritorno degli italiani all’estero, semplificando il riacquisto della cittadinanza per chi si trasferisce in Italia.
L’obiettivo è duplice: da un lato, facilitare il reinserimento nel tessuto sociale e produttivo del Paese di coloro che hanno origini italiane, dall’altro, contrastare il fenomeno della fuga di cervelli e il calo demografico.
Secondo la nuova norma, chi ha perso la cittadinanza italiana a causa di un trasferimento all’estero per un lungo periodo può ora riacquistarla con un soggiorno continuativo di due anni in Italia. Questo provvedimento è pensato per agevolare l’immigrazione di ritorno degli italiani all’estero, con l’obiettivo di rafforzare il legame con il Paese e stimolare un flusso di ritorno più ordinato e meno burocratico. Inoltre, il provvedimento conferma il principio secondo cui il figlio di italiani che emigrano all’estero può acquisire la cittadinanza italiana a condizione che dimostri un legame effettivo con il Paese di origine.
Riacquisto della cittadinanza italiana
Per quanto riguarda il riacquisto della cittadinanza, la legge stabilisce che il figlio minore di genitori italiani (qualora non già cittadino) otterrà la cittadinanza automaticamente se nato in Italia o se si trasferisce nel Paese per un periodo di almeno due anni. Questa riforma è in parte un tentativo di modernizzare e semplificare la gestione della cittadinanza italiana, adattandola alle esigenze della diaspora e promuovendo l’immigrazione di ritorno come una risorsa per il Paese. La riforma è anche un segno dell’intenzione del governo di rafforzare i legami tra l’Italia e le sue comunità all’estero, un obiettivo sempre più rilevante in un mondo globalizzato.
Comunità italiane all’estero
Le comunità italiane all’estero hanno rappresentato per decenni una risorsa fondamentale per l’Italia, non solo dal punto di vista economico, ma anche come custodi della cultura, delle tradizioni e dell’identità nazionale. Con il passare degli anni, però, le dinamiche dell’emigrazione sono cambiate. Oggi, con l’approvazione della nuova legge sulla cittadinanza italiana, il governo cerca di rafforzare questo legame con gli italiani all’estero, incentivando il ritorno delle nuove generazioni, ma anche dando loro la possibilità di mantenere o riacquistare il legame con la madrepatria.
Secondo le ultime stime ufficiali (MAECI e CESI), gli italiani e i loro discendenti che vivono fuori dai confini nazionali sono circa 60 milioni. Un numero che si traduce in un legame solido e indissolubile con la penisola, che si estende ben oltre le frontiere europee.
- Negli Stati Uniti si stima che circa 17,5 milioni di persone abbiano origini italiane, di cui 5 milioni sono cittadini italiani. Una comunità che ha avuto un impatto profondo nella cultura e nell’economia americana.
- In Argentina, le radici italiane sono altrettanto forti, con circa 25 milioni di argentini che rivendicano ascendenze italiane. Tuttavia, una gran parte di questi discendenti non ha ancora ottenuto la cittadinanza italiana.
- Il Brasile ospita circa 30 milioni di persone di origine italiana, mentre 1,5 milioni di francesi hanno almeno una nonna o un nonno italiano.
La nuova normativa, dunque, non solo facilita il riacquisto della cittadinanza, ma offre anche uno stimolo economico e culturale al Paese. Le comunità italiane all’estero rappresentano una risorsa straordinaria, un capitale umano che, se adeguatamente supportato, può contribuire in modo significativo alla crescita sociale ed economica dell’Italia.
La sfida ora sarà quella di rendere operativi questi cambiamenti e di assicurarsi che le opportunità offerte dalla legge si traducano in un reale beneficio per il Paese.
Sonia Bono per Questione Civile
Sitografia
www.gazzettaufficiale.it
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www.migrantes.it
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