L’indice dei libri proibiti: analisi e letteratura

L’Indice dei libri proibiti e la liceità di fruire dei contenuti culturali

Con questo articolo, analizziamo in primo luogo il contesto storico della Controriforma per poi approfondire le relazioni con le produzioni letterarie e culturali del XVI secolo. Entriamo dunque nel vivo di un periodo oscuro e complesso come quello in cui viene promosso l’Indice dei libri proibiti.

Il contesto storico della Controriforma

In seguito alle Riforma protestante promossa da Martin Lutero nella prima metà del XVI secolo, la Chiesa cattolica si è trovata a dover riformare le proprie istituzioni sotto il punto di vista liturgico e dottrinale, non tralasciando il profilo di rinnovamento spirituale. Le sue disposizioni definitive si ritrovano nella presa di coscienza del Concilio di Trento, convocata da Papa Paolo III Farnese nel 1545. Il Concilio si è protratto per quasi un ventennio, durante il quale si sono succeduti Pontefici quali Giulio III e Pio IV. Sotto il controllo di quest’ultimo nel 1563 il Concilio si è concluso stabilendo vari decreti dottrinali.

Mentre Paolo III e Carlo V aspiravano a trovare un compromesso con i luterani, prevalse l’ala reazionaria guidata da Papa Paolo IV. La bolla Benedictus Deus nel gennaio del 1564 approvò i decreti, consolidando i punti dottrinali opposti a quelli promossi dal Protestantesimo. Nei seguenti decreti dottrinali si insiste infatti sull’autorità della Chiesa nell’interpretazione delle Scritture, sul ripristino della monarchia assoluta papale e sul rapporto tra la fede e le opere.

Ritratto di Papa Paolo IV

Nei decreti dottrinali si ribadisce la validità delle opere insieme alla fede, contro l’affermazione della sola fede protestante. Si impone la Vulgata di Girolamo come unica versione valida della Bibbia. Inoltre si vieta l’uso del volgare per le traduzioni della Sacra scrittura e nel culto. L’interpretazione delle Scritture è affidato soltanto al clero in vista della contrarietà al principio di sacerdotium universale protestante. Si afferma il numero dei Sacramenti in sette contro i soli due sacramenti, battesimo e Santa cena, ammessi dalle confessioni protestanti. Infine, si afferma il sacrificio eucaristico durante la consacrazione, il celibato e si ribadisce il primato della gerarchia ecclesiastica.  

Il ritorno all’ordine

Il clima politico autoritario e di ritorno all’ordine sancito dalle autorità ecclesiastiche costringe le arti cinquecentesche a restrizioni e regole soffocanti. L’arte, la letteratura e la musica inevitabilmente risentono di questo clima ortodosso. In particolar modo la letteratura rifiuta la linea marinista e concettista, intrisa di figure retoriche volte a suscitare meraviglia e splendore nel pubblico dei lettori. Il critico letterario Ezio Raimondi ha individuato invece una linea più classicheggiante. Questa, al contrario di quella marinista, rifiuta le stravaganze per educare il popolo di Dio attraverso una letteratura “pedagogica” e civile.

Nel circolo formatosi attorno al cardinale Maffeo Barberini, futuro Papa Urbano VII (1623-1644), si ebbe il fulcro di questa tendenza classicheggiante.  Il suo contributo per stile e produzione influenzò notevolmente i futuri sviluppi della lirica d’Arcadia, la celebre accademia fondata da Vincenzo Gravina nel 1690. Altro esponente della poesia classicheggiante è Virginio Cesarini, membro dell’Accademia dei Lincei e amico di Galileo. Egli proponeva una poesia etica secondo i principi cristiani e che potesse suscitare un senso d’amor patrio.

L’Indice dei libri proibiti

L’Indice dei libri proibiti (Index librorum prohibitorum) fu creato per volere di Papa Paolo IV nel 1559 e si compone di un elenco di pubblicazioni proibite dalla Chiesa. Il compito di stilare l’elenco è rimasto nelle mani della Congregazione dell’Indice fino agli inizi del XX secolo. Invece, per la soppressione della Congregazione per la dottrina della fede si è dovuto attendere il 1966.

La copertina dell’Indice dei libri proibiti

La scelta da parte della Santa Sede di prendere provvedimenti per controllare ciò che veniva stampato divenne evidente in seguito all’invenzione della stampa a caratteri mobili, la quale rivoluzionò le canoniche modalità di divulgazione letteraria. È bene ricordare che il controllo delle opere stampate fu serrato per la capacità della stampa di diffondere opere potenzialmente eretiche. Nel giro di pochi decenni seguenti l’invenzione della stampa si ebbero infatti due bolle pontificie, dedicate alla censura dei testi scritti. La prima bolla fu quella di Papa Innocenzo VIII e venne emessa nel 1487 col nome di Inter multiplices. La misura introdotta da questa prima bolla si basava sulla censura preventiva, ovvero sulla necessità dell’approvazione da parte dei vescovi di tutti i libri che andavano in stampa.

Nel 1515 fu la volta invece della bolla pontificia di Leone X, detta Inter Sollicitudines. Questa bolla istituiva l’imprimatur, locuzione latina che letteralmente significa “si stampi”. La menzione dell’imprimatur si trovava solitamente all’inizio del libro, subito dopo il frontespizio ed esplicitava l’autorizzazione preventiva alla stampa e alla pubblicazione di un libro. Diversa da questa locuzione è “Nihil obstat quominus imprimatur” (Nulla osta a che si stampi), la quale indica invece il giudizio favorevole della persona non autorizzata a stampare, ma semplicemente incaricata ad esaminare il testo.

Il primo Indice

Un decreto dell’Inquisizione romana promulgò un primo Indice, l’“Indice Paolino”, nel dicembre 1558. Il decreto prescriveva, pena la scomunica, quanto segue:

Che nessuno osi ancora scrivere, pubblicare, stampare o far stampare, vendere, comprare, dare in prestito, in dono o con qualsiasi altro pretesto, ricevere tenere con sé, conservare o far conservare qualsiasi dei libri scritti ed elencati in questo Indice del Sant’Uffizio”.

Il Cathalogus librorum Haereticorum, o semplicemente elenco dei libri proibiti, era diviso in tre parti in base agli autori. A questo proposito è emblematica la condanna all’intera produzione di 61 tipografi svizzeri e tedeschi, poiché l’obiettivo era quello di scoraggiare a gli editori a pubblicare autori protestanti di lingua tedesca. L’elenco era diviso inoltre in base ai libri, come l’intera categoria dei libri di magia cerimoniale. La terza parte dell’elenco era costituita dalle opere anonime. Nell’elenco comparivano le 45 edizioni proibite della Bibbia. Ognuna, nelle lingue volgari, secondo l’ortodossia cattolica era responsabile di una lettura individuale e non mediata dall’autorità religiosa nella cultura protestante.

Gli autori esclusi

Se nel Primo Indice sono esclusi autori classici quali Luciano di Samosata o autori più recenti quali Guglielmo da Ockham e Niccolò Machiavelli, è pur vero che sono inizialmente proibiti capolavori della letteratura europea quali il Decameron di Boccaccio e il suo diretto modello Il novellino di Masuccio Salernitano, per non dimenticare il De monarchia, celeberrimo trattato politico dantesco. Al primo Indice seguì l’Indice Tridentino del 1564 che escluse altri capisaldi della letteratura del XV e XVI secolo quali Ludovico Ariosto, Pietro Bembo e il filosofo Erasmo da Rotterdam.

Indice
Decameron (1837), Franz Xaver Winterhalter. The Princely Collections, Liechtenstein, Vaduz-Vienna

In un momento successivo l’Indice clementino del 1596, sotto il pontificato di Clemente VIII, bandì due autori che si rivelarono fondamentali, ognuno nei propri campi, per il secolo XVII. Si tratta di Niccolò Copernico, astronomo e scienziato che ha più di tutti contribuito all’affermazione della teoria eliocentrica con il suo De revolutionibus orbium coelestium e di Torquato Tasso, che con la sua Gerusalemme Liberata ha consacrato le avventure dei cavalieri crociati in un clima di austero rigorismo e di ritorno all’ordine, molto diverso dall’edonismo di Corte quattrocentesca del Morgante di Pulci o del Furioso di Ariosto.

Conclusione

Dunque in un periodo di ritorno all’ordine e di riaffermazione dell’ortodossia, come quello controriformistico, il Papato anziché agevolare la produzione letteraria e artistica ha notevolmente inibito la diffusione di contenuti culturali. È stato doveroso ripercorrerne le tappe storiche e rendere più esemplificativi i processi mediante il quale l’Indice dei libri proibiti ha escluso alcuni capisaldi della nostra letteratura, quali Boccaccio, Ariosto e Tasso.

Giulia Marianello per Questione Civile

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