Eliopoli: la città del sole e la prima grande cosmogonia dell’antico Egitto
Nota attraverso i Testi delle piramidi, la cosmogonia eliopolitana si fonda sulla cosiddetta Enneade, cioè un gruppo di nove divinità che sono i protagonisti del nostro racconto.
I loro nomi sono Atum (o Ra), Shu, Tefnut, Geb, Nut, Osiride, Iside, Seth e Nefti. Da questi, infine, sarebbe stata generata l’umanità.
È bene sottolineare il fatto che la cosmogonia eliopolitana è solo una delle quattro cosmogonie formulate dagli antichi egizi; le altre sono legate ad altri centri di culto, quali Menfi, Ermopoli e Tebe. Si tenga presente che ogni centro di culto aveva le sue divinità, nonostante alcune tra queste condividessero la stessa iconografia o lo stesso ruolo.
La nascita di Atum o Ra
All’inizio dei tempi, quando ancora nulla era stato creato, esisteva solo un’infinita distesa di massa liquida, un oceano immenso di nome Nun. Era arrivato dal nulla, senza alcun movimento, senza alcun rumore.
All’improvviso tra le onde dell’oceano sorse una montagna, sulla cui cima splendeva un bellissimo sole rosso: Atum, il dio solare e il dio creatore di tutte le cose, si era appena autogenerato.
«Io sono Atum, il creatore dei primi dei.
Io sono colui che diede alla luce Shu.
Io sono il grande lui-lei.
Io sono colui che fece ciò che mi parve buono.
Io presi posto nello spazio del mio volere:
mio è lo spazio di coloro che si muovono.»
Con queste parole si descrive Atum in un passo tratto dai Testi dei sarcofagi.
Secondo il racconto in quel momento nacque anche Maat, la giustizia: ritratta come una bellissima donna dal capo adornato da una piuma di struzzo, diverrà un simbolo fondamentale dell’ordine cosmico.
Sin dal principio Atum conservò un rapporto molto intimo e personale con la regalità, poiché descritto come «padre del faraone», come attesta questo passo tratto dai Testi delle piramidi:
«O Atum-Ra, tuo figlio giunge a te, il re giunge a te.
Fai sorgere questo re fino a te, racchiudilo nel tuo abbraccio,
poiché egli è tuo figlio, figlio del tuo corpo, per sempre.»
Atum è generalmente rappresentato come un uomo sul cui capo è adagiato l’usuale copricapo dei faraoni o la doppia corona dell’Alto e Basso Egitto.
La nascita delle altre divinità del culto di Eliopoli
Le prime divinità create da Atum furono Shu e Tefnut, fratello e sorella.
Shu è maschile ed è la personificazione dell’aria, del vento e del vuoto. È una divinità antropomorfa caratterizzata da una piuma sul capo.
Tefnut è la controparte femminile ed è la personificazione dell’umidità, delle piogge e delle nuvole. Nel corso dei secoli la sua rappresentazione è mutata molte volte, ma in generale prevale la versione che la ritrae con corpo di donna e testa di leonessa.
Come sono stati creati Shu e Tefnut? Questa domanda, ancora oggi, rimane senza risposta. Esistono diverse versioni del mito: una racconta che Atum li creò durante un atto di masturbazione; un’altra ancora afferma che li creò attraverso uno sputo (o uno starnuto, in base alla traduzione del termine); una terza versione avanza l’idea che Atum si sia unito alla sua stessa ombra.
Da Shu e Tefnut sarebbero stati originati Geb e Nut.
Geb è il dio della terra ed è rappresentato come un essere umano con un’oca in testa.
Nut è la dea del cielo e della nascita, ma anche della resurrezione, poiché secondo il mito Nut ingoiava Atum al tramonto per partorirlo nuovamente al mattino. Nell’iconografia tradizionale appare come una donna con un vaso d’acqua poggiato sul capo.
L’unione tra Geb e Nut avrebbe dato la vita ad alcuni tra gli dei più amati dell’Antico Egitto: Osiride, Iside, Seth e Nefti. Queste quattro divinità avevano tutti forma umana, ad eccezione di Seth, ritratto con il volto di un animale.
Poiché Geb e Nut non si separavano mai impedendo alla vita di germogliare, Atum ordinò a Shu di dividerli: Geb fu calpestato e tenuto sdraiato; Nut venne spinta verso l’alto formando la volta celeste.
I quattro fratelli di Eliopoli
Il mito vuole che Osiride sia ricordato come il primo dei faraoni, un grande e magnanimo re dedito agli uomini, ai quali avrebbe insegnato la religione e l’agricoltura. È raffigurato con le classiche vestigia del faraone egizio, con l’aggiunta di due alte piume di struzzo.
Iside, dea della maternità, della fertilità e della magia, è la sposa di Osiride. Nella sua rappresentazione classica tiene in una mano la chiave della vita, ovvero l’Ankh di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente, e nell’altra un papiro. Gli antichi egizi hanno voluto che tenesse le braccia incrociate, come simbolo di lutto per la morte dell’amato Osiride.
Seth, nonostante fosse il dio del deserto, del caos e della distruzione, non era avvertito dal popolo come una figura negativa della religione. Questo poiché egli aveva il compito di difendere la barca solare di Ra.
Nefti, infine, era la dea dell’oltretomba e della morte. Rappresentata come una donna dalla chioma simile alle bende delle mummie, è la madre del dio Anubi, generato unendosi a Seth o ad Osiride grazie ad un inganno.
Amori e rancori tra gli dei di Eliopoli
Sembra che Osiride fosse particolarmente adorato e amato dal popolo, scatenando così le ire e le invidie del fratello Seth, che avrebbe architettato un piano per ucciderlo.
Con un inganno, durante un banchetto, lo fece entrare dentro una bara che fu immediatamente chiusa e sigillata: questa sarebbe stata gettata nel fiume Nilo e il grande sovrano morì annegato.
Iside e Nefti trovarono il cadavere sparpagliato in quattordici pezzi, lo ricomposero e riuscirono a riportare in vita il fratello. Nel frattempo, Iside si era unita con la mummia di Osiride generando Horus, il cui compito per tutta la vita sarà quello di vendicarsi di Seth.
Osiride non poteva riacquistare forma mortale e venne proclamato «re dei morti». Secondo il mito la battaglia tra Horus e Seth durerà per l’eternità: soltanto quando Horus prevarrà su Seth, Osiride potrà riacquistare le sue sembianze mortali e tornare a governare l’Egitto.
Così si conclude la cosmogonia di Eliopoli.
Il «Benben» di Eliopoli
Di Eliopoli non resta molto da un punto di vista archeologico, poiché oggi non è altro che un sobborgo del Cairo. Secondo la tradizione, nel santuario dedicato al dio del sole era conservata la pietra più sacra dell’intero Egitto: benben. La sua sacralità si legava al fatto che gli antichi egizi credevano si trattasse di una piccola porzione della collina sorta dal Nun, il grande oceano, sulla cui cima brillò Atum.
Il benben, in realtà, lo conosciamo tutti da un punto di vista architettonico: esso, per la sua importanza culturale e religiosa, è riproposto con l’aspetto di una piccola piramide di pietra che si trova sulla cuspide degli obelischi. Chiaramente dietro questa scelta si cela un intento celebrativo.
Conclusione
«Io distruggerò tutto ciò che ho creato, questo Paese tornerà al suo stato di oceano primordiale, allo stato di flutto, al suo stato primario.»
Con queste parole, riportate nel Libro dei morti, Atum parla della fine dei tempi, poiché nella mentalità dell’Antico Egitto nulla poteva essere eterno, nemmeno le divinità.
Atum, che spesso era raffigurato anche come serpente in virtù della sua natura sotterranea nella collina primordiale, affermava che avrebbe riacquistato le sembianze serpentesche per sopravvivere alla fine degli dei e di tutta l’umanità.
Tuttavia, la fine dei tempi di cui tanto si discuteva e scriveva ad Eliopoli non sarebbe stata definitiva: come il sole muore tutte le sere per rinascere, così anche il mondo sarebbe morto e rinato.
Maria Rita Gigliottino per Questione Civile