Roosevelt e gli anni del suo mandato presidenziale

Roosevelt

Gli anni del presidente Franklin Delano Roosevelt tra New Deal e Seconda guerra mondiale  

Non è mai semplice delineare brevemente l’operato di un presidente degli Stati Uniti, soprattutto quando vi sono anni ricchi di eventi significativi. Si è cercato di porre l’attenzione, su aspetti rilevanti, di quella che fu la parabola politica di Franklin Delano Roosevelt. Lo sguardo è rivolto, in particolare, al New Deal e alla Seconda guerra mondiale.

La vita di F. D. Roosevelt

Franklin Delano Roosevelt nacque nel 1882 a Hyde Park, New York.

Studiò presso la Harvard University and Columbia Law School. Nel 1905 sposò Eleanor Roosevelt. Nel 1910 entrò nella vita politica come senatore democratico dello stato di New York. Dal 1913 al 1920 ricoprì il ruolo di sottosegretario di stato alla Marina. Nel 1921, all’età di 39 anni, fu colpito da poliomielite; questo evento non portò alla rinuncia della carriera politica. Nel 1928 divenne governatore dello stato di New York. Fu eletto presidente degli Stati Uniti nel 1932 e lo rimarrà per quattro mandati consecutivi dal 1933 al 1945. Morì il 12 aprile 1945.

L’elezione politica di Roosevelt

Nel 1932 il candidato democratico F.D. Roosevelt vinse le elezioni presidenziali diventando il trentaduesimo presidente degli USA.

Nella campagna elettorale entrambi i candidati, Hoover e Roosevelt, erano uomini dall’alto profilo politico. Il principale punto di confronto fu la questione della crisi economica, scoppiata nel 1929. Secondo Hoover la causa della crisi era da ricercarsi in Europa. Per Roosevelt, invece, la Depressione era esclusivamente americana, dovuta alle errate politiche messe in atto in quei decenni; lo stato doveva assumersi le proprie colpe. Con la vittoria di Roosevelt iniziò il New Deal.

New Deal

Con il termine New Deal si intende un indirizzo politico basato sulla relazione tra governo, economia e un nuovo rapporto con i cittadini. “Io impegno voi tutti e impegno me stesso a un nuovo patto per il popolo americano” sostenne Roosevelt in un discorso, nel 1932.

In realtà Il New Deal non era così innovativo. Era connesso alle politiche socialdemocratiche britanniche e scandinave degli anni Venti e realizzò progetti di carattere tecnocratico, già delineati nella storia statunitense.

A ispirare la politica economica furono le teorie dell’economista J.M. Keynes. In un suo volume sottolineava l’opportunità dell’intervento pubblico: era lo stato che nelle fasi di crisi doveva stimolare il mercato, tramite investimenti pubblici. Vennero introdotte alcune iniziative quali L’Agricultural Adjustment, L’Home Owners’ Loan Act e il National Industrial Recovery Act. Quest’ultimo istituì la National Recovery Administration che promuoveva accordi tra stato, imprenditori e sindacati.  

Nel 1935 ebbe inizio il secondo New Deal proseguito fino al 1940. Portò ad alcuni risultati nella riforma del mondo del lavoro, venne rafforzato il ruolo dei sindacati e fu istituito un primo sistema previdenziale. La disoccupazione, nonostante l’impegno nell’ambito lavorativo, rimase a livelli consistenti e la popolazione di colore fu quella più fortemente colpita dalla crisi economica. Il New Deal non affrontò a sufficienza la questione razziale; linciaggi e violenze, da parte del Ku Klux Klan, rimanevano a sancire una forte discriminazione razziale.

Corporativismo fascista?

Se si intende per corporativismo la “tendenza all’integrazione di gruppi economici organizzati all’interno della sfera statuale” l’indirizzo economico-politico del New Deal potrebbe definirsi, secondo alcuni studiosi, corporativo.

La politica del New Deal venne accusata, dagli oppositori di Roosevelt, di essere una concezione oscillante tra fascismo e comunismo. Il presidente in Sulla nostra strada richiamò invece l’eredità progressista di T. Roosevelt e W. Wilson.

In realtà è interessante sottolineare che, anche in Italia, un gruppo di corporativisti, sostenne l’equiparazione tra esperimento statunitense ed economia fascista. Inoltre, anche nell’amministrazione americana, vi erano ammiratori del corporativismo italiano.  

Il New Deal coltivò grandi progetti pubblici con forti significati simbolici. Ne è un esempio il Tennessee Valley Authority con il quale si procedette allo sviluppo della valle del Tennessee.  Da un lato è possibile accennare a delle “comparazioni” tra New Deal e Italia fascista. Dall’altro bisogna evidenziare che gli Sati Uniti, negli anni di Roosevelt, non divennero mai un sistema a partito unico e le istituzioni democratiche non furono mai liquidate.

Roosevelt abile politico

Negli anni di Roosevelt vi fu una forte componente simbolica e rituale della politica. I temi principali erano la Costituzione, la bandiera, gli eroi nazionali, tutti già presenti nella tradizione. In questi anni furono esaltati maggiormente dalla propaganda.

 Una delle campagne propagandistiche del New Deal fu il Blue Eagle: un simbolo che doveva essere esposto sulle fabbriche e sulle vetrine. Non esibirla significava essere antipatriottici.

Roosevelt, definito Radio President, seppe, inoltre, usufruire delle potenzialità dello strumento radio mostrando così la sua abilità politica.

Lanciò alla radio Fireside chats, le sue chiacchierate al caminetto, le quali crearono una certa “intimità mediatica” con il popolo.

Infine Introdusse, in senso odierno, il termine liberal. Trasformò il significato del termine liberalismo: fede in uno stato interventista e socialmente impegnato, in alternativa sia al socialismo che al capitalismo senza regole.

Gli anni della Seconda guerra mondiale

Nel 1940, mentre in Europa era scoppiata la guerra, Roosevelt sostenne: “non manderemo i nostri uomini a prendere parte alle guerre europee”. Ben presto però l’occupazione della Francia, da parte della Germania nazista, scosse profondamente l’opinione pubblica. Il presidente mostrò un nuovo orientamento: l’America aveva il compito di esser il “grande arsenale della democrazia”

Con la legge Affitti e Prestiti Roosevelt concesse aiuti massicci alla Gran Bretagna e alla Cina. Firmò con Churchill la Carta Atlantica con l’impegno di una cooperazione postguerra. A seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbour il 7 dicembre 1941 si decise l’intervento nel conflitto. La partecipazione alla guerra fu una svolta epocale per gli USA. Fu una carneficina senza precedenti per la storia degli stati uniti e del suo popolo.

Si ripresentarono, inoltre, come nella Prima guerra mondiale, manifestazioni di razzismo e xenofobia. Oltre all’odio verso i nazisti, alimentato in modo particolare dalla propaganda, venne riservato un trattamento disumano ai cittadini americani di origine giapponese: centoventimila persone furono rinchiuse in campi di internamento. Continuò anche la discriminazione verso gli afroamericani.

Il conflitto portò l’estensione dei poteri federali anche alla propaganda; nel 1942 fu creato L’Office of War Information. Il cinema, divenne un ottimo strumento di propaganda,  per unificare gli americani di fronte allo sforzo bellico.

Roosevelt, infine, partecipò con Stalin e Churchill a diverse Conferenze, nelle quali venne stabilita la conduzione strategica della guerra e venne discusso il futuro assetto politico mondiale. Morì prima di vedere la vittoria

Silvia Brera per Questione Civile

Bibliografia

Giovanni Borgognone, Storia degli Stati Uniti, edizione Feltrinelli, 2013, Milano.

Sitografia

https://www.whitehouse.gov/about-the-white-house/presidents/franklin-d-roosevelt/

https://www.treccani.it/enciclopedia/franklin-delano-roosevelt/

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