Il cannolo: simbolo della tradizione culinaria siciliana

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Il cannolo: dalle origini alla diffusione del principe della pasticceria siciliana

Continua il viaggio culinario per scoprire le origini e la provenienza delle eccellenze che maggiormente caratterizzano il territorio siciliano e ne incarnano l’essenza più pura. Nell’articolo precedente ci si è focalizzati sullo sfincione palermitano, master indiscusso dello street food palermitano, e delle sue evoluzioni nel territorio bagherese (per maggiori approfondimenti clicca qui).

In questo nuovo appuntamento, il “dolce viaggio” porta diritti a Caltanissetta, meraviglioso territorio situato nell’entroterra siciliano su cui affonda le proprie radici uno dei tanti gioielli della pasticceria isolana: il cannolo.

Le origini del cannolo siciliano

Emblema dolciario dell’intera Isola, conosciuto in tutta Italia, il cannolo affonda le sue radici in tempi molto antichi. Da alcune fonti si evince che il primo ad aver parlato di questa golosissima pietanza siciliana è stato l’oratore romano Marco Tullio Cicerone nel 70 a.C. quando, in occasione di un suo viaggio in Sicilia, rimase stupito da una sorta di tubo di farina ripieno di una morbida crema di latte. Successivamente, con la dominazione degli arabi in Sicilia, nel periodo compreso tra l’Ottocento e l’anno Mille, le suore di un convento di Caltanissetta prepararono la dolce pietanza per la ricorrente festa di Carnevale. Oggi i cannoli sono tra i dolci più amati della tradizione siciliana. Sono costituiti da una fragrante cialda croccante, a forma tubolare, fritta nell’olio, riempita con crema di ricotta e, infine, decorata con zucchero a velo e frutta candita.

I “cugini” agrigentini: i ciarduna

Sebbene il cannolo sia conosciuto in buona parte della Trinacria, così come per diverse pietanze anche per questa leccornia non manca la “copia gastronomica” o “cugino” come si è soliti definirlo. Si tratta nello specifico del dolce diffuso prevalentemente nell’agrigentino, e nelle zone limitrofe, e chiamato nel dialetto popolare “‘u ciarduni di ricotta” (tradotto in italiano: “i ciarduna”). Quest’ultimo si presenta come un tubo di pasta frolla ricoperto di mandorle tostate e ripieno di crema di ricotta e scaglie di cioccolato. Una riproduzione quasi fedele al classico cannolo siciliano che rende comunque felici i commensali deliziandone i palati.

I ciarduna, nati per lo più nei territori di Camastra e Bivona per la forte presenza di mandorleti, sono preparati da molte famiglie siciliane. Inoltre, il loro impatto nella pasticceria è stato di forte ispirazione anche per il mondo letterario: di ciarduna, infatti, ne ha parlato il colonnello Giuseppe Coria in “Profumi di Sicilia”, emblematica opera considerata tutt’oggi la “Bibbia della cucina siciliana”. Una raccolta di illustrazioni e descrizioni di ricette siciliane che esaltano il folklore della cucina isolana in tutta la sua genuinità.

Il cannolo e la leggenda nissena

Secondo la storica leggenda, intorno l’anno 1000 d.C. un harem di donne (gruppo di donne che abitavano con i loro figli all’interno di uno spazio domestico gestito da una figura maschile che esercitava il diritto esclusivo di accoppiamento) per esaltare la virilità dell’emiro preparò la golosa pietanza, tradizione che, di lì a poco, è stata tramandata nel corso dei secoli da diversi popoli seppur con metodi ben diversi. Nell’antica Grecia, ad esempio, durante le feste in cui si celebravano Persefone e Demetra (rispettivamente dea degli Inferi e dea del grano e dell’agricoltura) i commensali banchettavano consumando dolci al miele e al sesamo che richiamavano la fertilità e la maternità. Il culto, probabilmente di radici ancora più antiche, risalenti all’antico Egitto, in cui si osannava la dea Iside, si è poi diffuso nel resto del Mediterraneo e nella Sicilia preromana.

La presenza delle donne non è casuale ed è strettamente legata proprio all’etimologia del termine “nisseno”, con il quale si è soliti chiamare l’abitante di Caltanissetta. Quest’ultimo deriva infatti da un antico villaggio che, nella traduzione araba, significa per l’appunto “Il castello delle donne”.

I cannoli nella tradizione religiosa

Così come nel caso del tipico sfincione palermitano, anche nei cannoli torna quasi in veste leitmotivica l’aspetto religioso per la scoperta di sapori unici della tradizione culinaria siciliana. I precursori di questo connubio tra religione e gastronomia sono sicuramente i conquistatori normanni che, nell’XI secolo, hanno convertito la Sicilia al cattolicesimo generando così la mescolanza delle antiche tradizioni con quelle cattoliche. Le suore dei conventi erano dunque le cuoche per eccellenza delle principali pietanze ancora oggi consumate nell’Isola che, anticamente, venivano preparate per le festività all’interno dei conventi sparsi nel territorio. Oltre alla passione e alla determinazione, c’era anche il coraggio di dedicarsi alla pasticceria nonostante le rigide regole monastiche medievali proibissero il consumo di dolci. Nel caso dei cannoli, l’unico periodo dell’anno in cui era concesso mangiarli era proprio il Carnevale; gli uomini li utilizzavano come dono da offrire alle donne per soddisfare i loro desideri sessuali.

Il cannolo in versi

Per celebrare l’unione degli sfiziosi ingredienti che compongono il cannolo siciliano, è stato composto perfino un cantico in lingua dialettale:

“Beddi cannola di Carnalivari

Megghiu vuccuni a lu munnu ‘un ci nn’è:

Su biniditti spisi li dinari;

Ognu cannolu è scettru d’ogni Re.

Arrivinu li donni a disistari;

Lu cannolu è la virga di Mosè:

Cui nun ni mangia si fazza ammazzari,

Cu li disprezza è un gran curnutu affè!”.

“Bei cannoli di Carnevale

Migliore boccone al mondo non c’è:

Sono benedetti i soldi spesi;

Ogni cannolo è scettro di ogni Re.

Arrivano le donne ad abortire;

Il cannolo è la verga di Mosè:

Chi non ne mangia si faccia ammazzare,

Chi li disprezza è un gran cornuto davvero!”.

I versi esaltano in tutto e per tutto i contrasti del dolce: dai colori, al sapore ai profumi. Secondo alcuni studi, inoltre, la forma della croccante cialda rappresenterebbe proprio la fecondità e la forza generatrice. Dal nisseno, tutta la bontà e la genuinità del cannolo ha poi influenzato anche il resto delle terre siciliane, tra cui Palermo e Piana degli Albanesi, dove ancora oggi è il protagonista incontrastato delle pasticcerie locali. Conosciuto in tutta Italia è il famosissimo “cannolo di Piana”. Perfetto per soddisfare il palato di tutti, il cannolo viene servito in formato grande o anche piccolo e non può mancare nella tipica “guantiera” di dolci (vassoio in cui vengono serviti piccoli pasticcini della tradizione locale).

Francesco Tusa per Questione civile

Riferimenti sitografici

  • www.quotidianpost.it
  • www.newsby.it
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