La cassata: la regina delle pasticcerie siciliane

La cassata

La cassata: l’immancabile delizia pasquale

Dopo aver assaporato, almeno con gli occhi, le sfinci di San Giuseppe (per maggiori approfondimenti clicca qui), scoprendo la storia che è racchiusa in quel morbido impasto fritto, il viaggio virtuale delle eccellenze culinarie del territorio siciliano ci porta a focalizzarci su quella che, per anni, è stata etichettata come la “regina delle pasticcerie”: la cassata.

La cassata siciliana, regina indiscussa delle tavole nei due periodi festivi più sentiti, Pasqua e Natale, insieme al cannolo rappresenta il dolce più famoso dell’Isola. Nel corso degli anni ha avuto un forte impatto non solo in Sicilia, ma anche in Italia; inoltre lo scorso 17 marzo, in occasione della Giornata mondiale delle torte, la cassata siciliana è stata inserita tra le nove prelibatezze di pasticceria più famose al mondo.


Secondo l’antico detto popolare: “Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua” (“Meschino chi non mangia cassata la mattina di Pasqua”). E forse non è poi tanto sbagliato dal momento che è impossibile dire di no ad una prelibatezza simile, specie nel periodo pasquale, durante il quale tra uova e colombe si fa sempre un po’ di spazio per una delle colonne portanti della pasticceria siciliana.

La cassata nella storia

Per via della sua forma che richiama a pieno una torta, la cassata deriva curiosamente da una “bacinella”. Una notte, come tramanda la tradizione, un pastore mescolò la ricotta di pecora con dello zucchero, chiamando il risultato finale “quas’at”, ossia “bacinella”, proprio per la ciotola che conteneva i due ingredienti. Inizialmente il dolce era preparato unendo la pasta frolla alla ricotta zuccherata e infornando il composto. Ne derivò ciò che, oggi, prende il nome di cassata al forno.


Nel corso del tempo, si decise di studiare delle alternative, aggiungendo anche altri ingredienti. Da quel momento si sviluppò quindi la versione della cassata maggiormente consumata; essa è costituita da un morbido e spesso disco di pan di spagna farcito con crema di ricotta e ricoperto, infine, da una golosa glassa di zucchero e frutta candita.

Oggi, la variante più diffusa e consumata dai commensali siciliani deriva da un’evoluzione che parte proprio dall’uso della pasta reale durante l’epoca normanna, nel convento della Martorana. Nel corso dei secoli, però, la concezione stessa del termine “cassata” subì diverse interpretazioni, alcune lontane da ciò che attualmente si intende.


Il benedettino catanese Angelo Senisio (XIV secolo), per esempio, nel Declarus ha parlato di un “cibo composto da pasta di pane e formaggio”. Pochi anni dopo, nel Settecento, si diffuse il pan di spagna dalle terre genovesi che andò a sostituire la pasta frolla. Dall’unione del pan di spagna e della ricotta, con aggiunta di scaglie di cioccolato, frutta candita e glassa di zucchero, nacque la deliziosa e gustosa cassata che ad oggi migliaia di pasticcerie di Palermo e provincia preparano con tanta dedizione e impegno.

La cassata
La cassata siciliana

La preparazione da preservare a rigore

La cassata in quanto tale aveva comunque un’identità già a partire dal 1575, anno in cui proprio il sinodo della diocesi di Mazara del Vallo l’aveva etichettata come “pietanza ufficiale della festa” ; esso ne impose la preparazione esclusivamente per Pasqua e mai nei mesi che precedevano la festività religiosa, proprio per evitare di cadere in tentazione.

Essa si presenta dunque come un dolce ricco e colorato per via delle sue suggestive decorazioni che esprimono tutta l’essenza dell’Isola. Preparata, come accennato in precedenza, con un pan di spagna alla base farcito con crema di ricotta, gocce di cioccolato, pasta reale e frutta candita, il dolce raccoglie tutti i profumi e i sapori tipici di Palermo e provincia.

Essendo realizzata a partire da una ricetta tradizionale, chiaramente non mancano le versioni che la rendono altrettanto squisita e soddisfacente per il palato; c’è chi, per esempio, utilizza i canditi non solo nella glassa, per decorazione, ma anche nel ripieno. Altri, soprattutto le pasticcerie sparse nei territori locali, sono invece soliti prepararle nel formato “mignon”, in perfetto stile finger food. Tuttavia, le varianti che predominano tra i banconi delle pasticcerie sono fondamentalmente due: la cassata con glassa di zucchero e al forno.

In un antico documento del sinodo di Mazara del Vallo, risalente al 1575, sono stati riportati alcuni versi che descrivono a pieno tutta l’essenza della cassata e ne risaltano la bontà:

“È un tradizionale dolce di Pasqua che a Trapani una volta era fatto al meglio da Pasticceria Fiorino e Pasticceria Filingeri, oggi il meglio è da Pasticceria Benivegna e Pasticceria Cammareri. Oramai la cassata è sparsa per tutto il mondo e si può avere per tutto l’anno e si può spedire anche per posta in appositi barattoli circolari di latta”.

La cassata in letteratura

Ancora una volta la diffusione e lo sviluppo della cassata si deve all’influenza araba in Sicilia (il nome da cui deriva il dolce ne è una conferma). La regina delle pasticcerie si è poi diffusa nell’immaginario collettivo oltrepassando il semplice aspetto culinario. A subirne una forte influenza, a tal proposito, è stata la letteratura italiana e, nello specifico, i romanzi di uno dei capisaldi della Sicilia letteraria: Andrea Camilleri.

Luca Zingaretti e Andrea Camilleri

Considerato il padre del celebre commissario Montalbano, protagonista di svariate vicende investigative, Camilleri definiva il personaggio della sua serie di romanzi un vero e proprio ghiotto di cassata.

“Prima di partire, Montalbano era passato dal caffè Albanese, dove facevano i migliori dolci di tutta Vigàta e aveva accattato venti cannola appena fatti, dieci chili tra tetù, taralli, viscotti regina, mostazzoli di Palermo, dolci di Riposto, frutti di martorana e, a coronamento, una coloratissima cassata di cinque chili”.

Anche Leonardo Sciascia, penna, tra i tanti, de “Il giorno della civetta”, ha parlato della cassata in un’intervista del ’78 accostandola alla bellezza femminile per via della dolcezza e dell’eleganza con cui si presenta. 

“Per il contadino la bellezza femminile si doveva paragonare alla cassata, “una donna che pare una cassata”, appariscente, con bei colori, una specie di ritratto della salute. Mentre lo zolfataro diceva: “Una donna che si può bere in un bicchier d’acqua”, cioè una bellezza trasparente”.

Francesco Tusa per Questione Civile

Riferimenti bibliografici

  • Dizionario Etimologico della Lingua Siciliana (Milanesi, 2015)

Riferimenti sitografici

  • www.lacucinaitaliana.it
  • www.libreriamo.it
  • www.tavolartegusto.it
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